Il generale Divijak dopo oltre vent’anni cerca ancora giustizia

alice abeni
Next Stop Sarajevo
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3 min readNov 7, 2016

Jovan Divijak è un ex-generale e ora scrittore serbo, che ha combattuto la guerra avvenuta in Bosnia Erzegovina durata dal 1992 al 1995. Ha descritto e raccontato ciò che succedeva durante la guerra nel libro “Sarajevo mon amour”e ha spiegato le motivazioni che lo hanno spinto alla fondazione della sua organizzazione: “L’educazione costruisce la Bosnia”.

Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a schierarsi da serbo con i bosniaci? Quali implicazioni ha avuto ció sul suo futuro?

Io sono di nazionalità serba, ma nel 1992, sono stato trasferito a Sarajevo per difenderla dagli aggressori e ora mi considero un bosniaco. Anche se non lo sono, la considero la mia identità e fa parte del mio modo di essere. Ora vivo a Sarajevo e sono un pacifista.

Quali sono i contrasti etnico-religiosi che hanno determinato la guerra? Sono ancora motivo di scontro?

La Bosnia voleva diventare indipendente ed essere uno stato nel quale tutti i cittadini avevano gli stessi diritti; purtroppo però la costituzione divide il popolo in 3 macrogruppi per i quali le leggi non erano le medesime, come per esempio quelle sull’istruzione. Inoltre, la Russia ha avuto un ruolo molto importante perché all’interno di essa vi era la maggioranza di ortodossi ed essendo uno stato molto influente non ha permesso alla Bosnia Erzegovina di far parte dell’Unione Europea.

Che cosa l’ha spinta a creare la sua organizzazione?

All’inizio non credevo che potesse scoppiare una guerra, soprattutto dopo l’accordo di Dayton pensavo che le cose si sarebbero risolte. Ho fondato la mia organizzazione per aiutare il mio paese ad avvicinarsi ai criteri per entrare finalmente nell’Unione Europea; inizialmente pensavo che entro il 2015 ne sarebbe entrata a fare parte, ma ora penso che non ci riuscirà almeno fino al 2025. Attraverso la mia organizzazione raccogliamo fondi che vengono utilizzati per delle borse di studio agli studenti meritevoli.

Qual era la sua idea di futuro durante la guerra? E adesso?

Mentre la guerra era in corso temevo che, una volta finita, non sarebbe stata fatto giustizia e che i carnefici non sarebbero stati puniti, ma soprattutto, temevo che tutto l’orrore che io avevo vissuto venisse dimenticato. Ora mi rendo conto che giustizia non è stata fatta, poiché il genocidio non è stato riconosciuto dai serbi.

Sarajevo

Ritiene possibile un mondo senza guerra?

Purtroppo non può esistere, poiché la guerra è lo strumento dello stato e dei ricchi e il movimento pacifista è troppo debole per contrastarlo.

Quanto l’ha aiutata la scrittura a metabolizzare gli orrori della guerra?

Moltissimo. Attraverso la scrittura voglio far capire a tutti l’atmosfera e la vita che si viveva a quel tempo, poiché fa parte di me e ogni volta che la mia storia appassiona i giovani mi ritengo un vincitore.

Che rapporto ha con l’italia?

La mia associazione ha un forte legame con le città italiane. Gli italiani si sono sentiti direttamente coinvolti durante questa guerra: molti volontari sono venuti ad aiutarci e sono stati accolti in maniera speranzosa, poiché nessuno prima di loro ci aveva aiutati. Inoltre è stata costruita una statua in onore di Moreno Locatelli, un italiano che ha combattuto ed è morto per la libertà di Sarajevo e a cui noi saremo per sempre grati.

Alice Abeni (Liceo De Andrè,Brescia)

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