Prima avevo un ruolo e una carriera. E Adesso? — Parte I

Luca Bergero
Nobilita
Published in
6 min readApr 8, 2018

È una domanda che ci pongono sempre più spesso nell’ambito delle trasformazioni Agile o durante i cambiamenti organizzativi. È una classica domanda “da manuale” Agile? Assolutamente no. Dobbiamo iniziare a trovare risposte, assieme? Assolutamente sì.

Recentemente abbiamo avuto la possibilità di presentare questo argomento durante il Reloaded Camp 2018 di Agile Reloaded. Crediamo che riproporre i contenuti in forma di articoli sia utile per approfondire questi due argomenti per noi fondamentali.

Iniziamo dal ruolo. Per prima cosa, dobbiamo capire se questa domanda è una domanda ben posta. Una versione più efficace e coerente potrebbe essere:

Prima avevo un job title che credevo fosse anche un ruolo…E adesso?

Cambiare il punto di vista sui ruoli in azienda è il punto di partenza da cui sviluppare percorsi di carriera alternativi: del resto, la carriera altro non è che una funzione di come cambia un ruolo nel corso del tempo.

Il presupposto di base a cui siamo abituati consiste nel fatto che una persona all’interno dell’organizzazione abbia un job title tra quelli possibili e disponibili ed un singolo ruolo che dovrebbe rispondere alla job description.

Ci sono almeno due elementi che contribuiscono alla criticità rispetto a questo punto di partenza:

  • Le modalità con cui gestiamo i job title con le possibili conseguenze che ne derivano.
  • La vicinanza tra la nostra posizione ufficiale e quello che facciamo, o che sentiamo di dover e voler fare, tutti i giorni.

Iniziamo dal primo punto. La modalità tradizionale di assumere in azienda è quello basato sulle job description e sui job title. Qualcuno nell’organizzazione percepisce la necessità di aggiungere una persona in una data posizione e questa persona dovrà possedere tutte le competenze per soddisfare tutti i task o essere pronta ad acquisirle. Una delle prime conseguenze è che io, persona appena assunta, divento quel job title. Da oggi sono ad esempio un Team Leader.

Sappiamo che uno dei bisogni che sentiamo in azienda è quello di essere riconosciuti, apprezzati e considerati. Spesso si ritiene che il job title sia il mezzo principale per soddisfare questo bisogno. Questo bisogno, molto velocemente, si trasforma di conseguenza nell’obiettivo principale. E se questa soluzione sembra l’unica disponibile per soddisfare questa necessità, si ottiene un ciclo che si auto-rinforza, promuovendo una cultura il cui il job title è sempre più significativo. Siamo sicuri che questa sia ancora l’unica soluzione possibile? E’ ancora attuale?

Come sprecare energia preziosa

Lo vediamo piuttosto spesso. I job title rischiano di diventare piccole ossessioni, sono fonte di frustrazione, magari per persone anche particolarmente brillanti. Ci capita di lavorare con persone capaci e motivate, ma che rischiano di essere frustrate perché non riescono ad ottenere un’idea chiara sul proprio job title. Molto spesso il risultato consiste in una risposta basata sui titoli disponibili in azienda: project manager per esempio.

È una soluzione che dura? Di per sé ha un impatto sul lavoro delle persone?Probabilmente ha un impatto più limitante che di apertura o di soluzione.

La sensazione è che con dinamiche di questo tipo l’obiettivo finale sia meno focalizzato sul lavorare al meglio e dare il nostro meglio rispetto alle nostre competenze, andando invece più verso una gestione delle politiche interne per proseguire sulla scala della carriera e dei ruoli (con possibile beneficio del nostro ego). Quanta energia sprecata!

Il caso con cui ci confrontiamo più spesso è quello di persone che percepiscono una grossa incertezza sulla definizione del proprio ruolo. C’è la sensazione che qualcosa non torni, il che ci rende inquieti e non ci permette di lavorare al nostro meglio. Iniziamo a farci delle domande, ma da soli fatichiamo a trovare una risposta. Qual è il mio ruolo in azienda? Che cosa ci si aspetta da me? Come viene visto il mio ruolo dai miei colleghi? Come vede il mio ruolo il capo?

Esiste un’alternativa?

La prima cosa da fare, e ne abbiamo visto concretamente i benefici, è stimolare maggiore consapevolezza della propria posizione, al di là del proprio job title. Sembra banale, ma capire dove ci troviamo oggi, renderci conto di cosa facciamo davvero, è un salto non da poco.

Ma ciò che dobbiamo fare sopra ogni cosa è lavorare, mettendo in discussione il concetto stesso di ruolo.

1 persona ( 1 job title) 1 ruolo

Cerchiamo di cambiare prospettiva. Una persona, al di la del suo job title, non deve obbligatoriamente avere un unico monolitico ruolo. Proviamo ad immaginare di definire la tipologia di lavoro, lo scopo e le responsabilità, a partire dalla situazione reale, dalle persone e dalla relazione tra esse.

Quello che emerge è una moltitudine di ruoli, più granulari, con responsabilità che riflettono gli interessi, i talenti e le esigenze personali rispetto agli obiettivi dell’organizzazione.

Cerchiamo di trarre ispirazione dalle aziende che vogliono essere il più agili, resilienti e perchè no anti-fragili. Senza cadere nel tranello del cargo cult, possiamo prendere degli spunti utili al nostro contesto specifico?

Nelle organizzazioni che cercano di rispondere meglio al cambiamento, la maggior parte delle persone non ha più un singolo ruolo che si adatta a una descrizione generica. Quello che succede, invece, è che le persone coprono una combinazione unica e specifica di ruoli. Questa combinazione, indipendentemente dal proprio job title, vuole promuovere maggiore facilità nell’adattarsi in base al carico di lavoro e alle preferenze.

Quali benefici?

Pensare in termini di ruoli granulari invece che di lavori predefiniti crea maggiore fluidità e reattività. Questo non significa anarchia, ma facilita le condizioni per cui si possa operare al meglio, rispetto a quello che è necessario fare e che sentiamo di poter fare. Non si tratta di saltare da un ruolo all’altro, ma di poterne avere eventualmente più di uno e favorire possibilità di usare tutte le competenze possibili rispetto le proprie inclinazioni e quelle dell’azienda.

La gestione delle assunzioni è un’attività molto dispendiosa, sia in termini di tempo che di risorse. Una visione orientata ai ruoli può innanzi tutto significare che l’azienda stessa ha meno bisogno di assumere e definire nuove modalità di formazione, il che si traduce ovviamente in maggiore efficacia ed efficienza. Ma soprattutto abbiamo la possibilità di lasciare aspetti talora critici delle attività, nelle mani di persone che li capiscono e li possono affrontare con passione.

Ci viene chiesto spesso come valorizzare il talento. Partendo dal fatto che serve trasparenza, sia rispetto alle potenzialità sia rispetto alle necessità, porre la giusta attenzione sulle competenze e sul ruolo granulare piuttosto che sul job title monolitico, può far emergere i diversi talenti delle persone, facendoli fruttare nei diversi ambiti in cui hanno la possibilità e la volontà di portare valore.

Un altro beneficio nel ridurre il peso dei job title andando verso una modalità più granulare è che risulta molto più difficile per le persone fondere la propria identità con la posizione che detengono. Questo è oggi un fenomeno piuttosto evidente. Quando diamo per scontato che il nostro lavoro coincida necessariamente con la nostra identità personale, iniziamo a pensare e comportarci di conseguenza, iniziamo a scontrarci per proteggerci e per proteggere quello che crediamo ci si aspetti da noi.

Riducendo questo impatto, anche se chiaramente è un passaggio che non avviene dal giorno alla notte, si riesce a vedere noi stessi e gli altri come persone che investono la loro energia in un lavoro specifico per un periodo di tempo, potenzialmente definito. Si riesce così ad aumentare la distanza tra la propria identità ed il proprio lavoro. Questo non significa essere più menefreghisti rispetto il nostro lavoro, ma aggiungere una sufficiente dose di lucidità.

Quali obiettivi per HR?

Uno dei primi obiettivi va ricercato nella necessità di stabilire una cultura in grado di rendere i dipendenti più responsabili e coinvolti nella definizione dei propri ruoli e dei percorsi di sviluppo professionale. Inoltre è necessario incoraggiare un’attitudine ad orientarsi alla possibilità e, perché no, a sentirsi a proprio agio nell’ambiguità.

La definizione dei ruoli deve basarsi a sua volta su un processo iterativo ed incrementale, in cui si possano sperimentare soluzioni e raccogliere velocemente feedback per raffinare e migliorare continuamente la natura dei ruoli stessi.

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Nel prossimo articolo di questa mini serie affronteremo il tema della carriera.

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