CIE — Carta d’Identità Elettronica Halloween Edition

Racconto semiserio (e commentato) sulla mia esperienza con la carta d’identità elettronica al municipio IV di Roma.

Carlo Frinolli
nois3 journal
9 min readJan 30, 2018

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Per una ragione assolutamente faceta e altrettanto ridicola ho deciso a maggio dello scorso anno di cambiare la carta d’identità cartacea che avevo con quella elettronica: volevo un portafogli meno ingombrante e quel lenzuolone limitava le mie possibilità. Subito dopo, la coincidenza ha voluto che la mia foto sbiadisse tantissimo manco fosse un misto tra Ritorno al Futuro e Il Ritratto di Dorian Gray.

Con un poco di pigrizia mi sono deciso a informarmi per rifarla a giugno del 2017. Ho cercato un po’ sul meraviglioso sito del Comune di Roma (ma niente paura! Adesso lo stanno riprogettaaahahahaha) e mi sono imbattuto sulla pagina per prendere appuntamento.

Da qui cominciano le chicche.

Tempistiche e piattaforme

La prima cosa che mi è saltata al naso è stata la data che mi hanno proposto per l’appuntamento. Non tanto che fosse a più di 4 mesi dalla data di prenotazione (cosa a cui in Italia potremmo essere abituati), neanche che la data fosse il 31 ottobre - cioè Halloween, ma che l’orario proposto fosse le 12:49.

Ho pensato: è uno di quegli orari che se lo salti poi passano altri 26 anni prima che ti danno un appuntamento. Mi segno l’appuntamento all’istante sull’agenda con un preavviso di due giorni e anche di un giorno e poi di 3 ore, ero terrorizzato. Ma un altro dettaglio al momento mi sfuggiva e poi mi è tornato in mente potente grazie al suggerimento del buon Alberto Gangarossa.

L’appuntamento per un servizio anagrafico del Comune di Roma, un servizio pubblico fino a prova contraria, lo ho avuto usando un’app che ha stipulato la convenzione con il Comune stesso: Tu Passi.

La schermata di registrazione dell’ameno servizio TuPassi.com.

Ebbene quel che richiedono apparentemente ci può stare: stai facendo una prenotazione di un appuntamento per un servizio anagrafico e ti chiedono alcuni dati personali, non sensibili.

Ci sta.

(dalla privacy policy di TuPassi.com)

A seguito della consultazione di questo sito possono essere trattati dati relativi a persone identificate o identificabili. Il titolare e responsabile del loro trattamento è il signor Giovanni Fontana.

Per qualsiasi informazione o richiesta è possibile inviare una mail a miropass.info@gmail.com

Okay.

Io dò i miei dati personali per prenotare la mia CIE e l’indirizzo e-mail per chiedere informazioni è una casella di posta @gmail.com.
Cominciamo benissimo.

Poi uno si ferma a pensare e immagina che c’è un servizio pubblico che ha accettato di delegare a un servizio privato la gestione degli appuntamenti online, lasciando la totale gestione dei dati personali di chi si iscrive a quest’ultimo.

😱😱😱

Però almeno promette di essere sufficiente quest’operazione. Lo dice esplicitamente il sito: non ti sarà richiesta nessuna ulteriore conferma quando arriverai all’appuntamento. Questo, oltre a essere falso — infatti ti chiedono di fare check-in per confermare la presenza — è anche insensato: immaginate di avere un appuntamento per una pratica X che vi viene organizzato con alcuni mesi di anticipo… La probabilità che siate prenotati ma che vi scordiate non è troppo alta, inficiando la buona riuscita della coda elettronica e accorciando a dismisura i tempi di attesa dei presenti. Sembrerebbe quasi un vantaggio… MA! Se ti danno appuntamento alle 12:49 di quattro mesi dopo e tu ti presenti puntuale, perché in fondo hai un calendario sul cellulare e i tuoi concittadini si dimenticano, probabilmente la fila sarà andata avanti e avranno già chiamato il tuo numero almeno 16 volte. Per questo il check-in ha senso.

Tanto che lo dicono anche nella e-mail di conferma dell’appuntamento. Poco male, penseremmo, è solo una discrepanza di comunicazione tra sito e servizio reale di prenotazione… Vero, però non si esaurisce qui la giornata.

La beffa… :)

L’assemblea sindacale, l’orario e le modalità di pagamento…

Il fatidico giorno arrivo con un ampio anticipo. Una delle poche volte che mi muovo per tempo e che arrivo in loco con agio.

Parcheggio e mi avvio.

Entro nell’ufficio e mi guardo intorno: vedo le solite facce smarrite e frustrate. Sono nel posto giusto, penso. Faccio il check-in col biglietto, prima con lo smartphone e poi con la e-mail stampata, visto il fallimento paperless.

Mi informo e vedo che ci sono dei moduli da compilare: ho tempo ma non eccessivo, mi lancio a compilarli. Con un poco di apprensione, quella che rende la mia grafia poco comprensibile, li completo. Poi vado alla cassa in cui devo pagare il dovuto per la pratica.

L’ingenuo.

Scusi posso pagare con il bancomat? Sa devo fare la Carta d’Identità Elettronica.

Il gentilissimo impiegato dall’altro lato dello sportello risponde con soavità romana

No ma manco pe gnemte. Solo contanti dotto’

(sì, d’accordo l’accento è forzato, ma è per una buona causa)

Siccome il cecio in bocca non me lo tengo mai rispondo stizzito:

Ah giusto, che scemo, sto facendo la Carta d’Identità Elettronica, ovviamente non posso optare per un pagamento elettronico, guardi fa niente ecco a lei.

L’impagabile omino risponde secco:

Ah guardi non me lo dica, che io manco ce devo sta’ qua che lavoro in Biennelle (BNL ndr).

F4 — Basito.

Rispondo altrettanto secco:

Non sono sicuro di voler sapere meglio quello che mi sta dicendo. Ecco i miei soldi.

A questo punto, pronto al peggio, mi trascino verso gli sportelli. Ma non ero davvero pronto a quel che sarebbe successo poi.

Si vocifera al mio ritorno che siano in ritardo. Dapprima soffoco alcune espressioni tipiche delle lingue finniche e poi cerco di capire meglio. Pare che ci sia stata un’assemblea sindacale proprio quella mattina e che abbiano accumulato ritardo.

Che culo, penso.

Sconsolato e allo stesso tempo ansioso, comincio a guardare nervosamente il tabellone e contemporaneamente la gente che mi circonda.

Mentre scorrono lentamente i numeri di circa un’ora e mezza prima comincio a prestare attenzione al capannello di dipendenti (o almeno questo mi sembrano) che si annidano dietro il bancone delle informazioni.

Rispondono con fare piuttosto scocciato. Prima a una ragazza che con gentilezza ha chiesto se ci sarebbe voluto molto perché “… sa ho preso un permesso di 2 ore al lavoro per fare questa pratica e devo tornare” e la gentilissima dipendente ringhia “ma nullo sà che se deve prende tutta la giornata signori’? Il tempo che ce vo’, ce vo’” (Ma non lo sa che deve prendersi tutta la giornata signorina? Il tempo che ci vuole ci vuole NDT).

Sbuffo forte.

Passano altri numeri e arriviamo agli appuntamenti delle 11:30 e il mio è sempre delle 12:49. Mi annoio e non ho molta batteria al cellulare. Sono chiaramente passate le 12:49, ma oramai ci ho fatto l’abitudine.

Vabe’. Continuo a osservare, a rischio di passare per stalker. Scorgo un signore piuttosto grande d’età che guarda preoccupato l’orologio perché, immagino, ha superato anche il suo orario di chiamata. Lo vedo prendere il coraggio a due mani e, con infinita cortesia e tenerezza — poteva essere coetaneo di mio papà — si avvicina alle ien ehm ai dipendenti assiepati e chiede

Scusi sa, io ho preso appuntamento ma il mio numero sembra passato…

Ed è subito inferno.

La tizia, trasformatasi in Super Saiyan, incomincia a vomitare fiamme e urla:

Scusa sa, ma lei ha confermato l’appuntamento? Perché insomma mica che lo potemo sape’ quando arriva lei eh.

E qui scatta l’amore incondizionato per il povero signore… Con una voce flautata e gonfia di cortesia sussurra.

Ma mi scusi, guardi, io ho preso appuntamento su Internet (mostrando un foglio di carta scritto a mano) e mi sono segnato tutti i riferimenti, vede? Dice che l’appuntamento è confermato…

Il Super Sayan a quel punto raggiunge temperature di colore vicino all’emissione nel visibile (leggi: è incazzata come una biscia) e…

E chi jelo dice alla macchina che lei sta qui eh? Me lo dice lei? Che famo je lo scrivemo. Ma come se fa, ma che non le legge le emails? Ma qui stamo a lavora’ ha capito!?

E giù con una filippica che avrebbe fatto diventare simpatico pure l’interlocutore più improponibile, figurarsi il signore tenero. Lui, che si sentiva così orgoglioso di aver fatto la procedura di prenotazione su TuPassi, di esserci riuscito e non aver perso manco un passaggio. Lui, che era lì con il foglietto di carta scritto, prova della sua epopea. Lui, cortese fino all’inverosimile, che ha resistito alla tentazione di insultare il Super Sayan.

Inciso: è perfettamente inutile che facciamo dei gran lavori di Customer Journey Ma se poi le persone che fanno da front-office si comportano così…

La granulità dei secondi

Il tempo scorre, ho davanti agli occhi ancora Super Sayan v. Signore Caruccio e un’altra amena occasione si presenta davanti a me.

Allo sportello 3 chiamano il numero delle 12:15… Si presentano in due e io sono già lì che mi strofino le mani per aver beccato una race condition del software di TuPassi quando…

Scusi eh, ma il numero è mio, non lo vede?

dice la prima signora

Eh no guardi, è mio. Controlli.

risponde con cortesia la seconda

Battibeccano un po’. Poi guardano meglio. Entrambi.

😱

Il formato dei numeri di TuPassi, se non erro, è composto dai primi numeri del codice fiscale del richiedente e dall’orario… Ore, minuti e… SECONDI!

La solerte impiegata apostrofa immediatamente questa fantastica feature.

Un appuntamento era alle 12h 15' 10", l’altro alle 12h 15' 45"

Manco er caffè me riesco a prende’ in 30".

Come darle torto? Quindi non solo danno appuntamenti che terrorizzano le persone, come me, alle 12:49. Ma danno anche appuntamenti con la granularità dei secondi. Fantastico. Neanche in Svezia sarebbero in grado di rispettare questa tabella di marcia.

The best is yet to come, though.

Finalmente mi chiamano. Alle 14:49. Avevano detto che erano due ore in ritardo, sono esattamente due ore in ritardo. Quasi mi commuovo.

Ho detto quasi.

La procedura ELETTRONICA

Da sufficiente scassamaroni quali sono, mi sono letto la procedura online, non tanto per pignoleria e precisione, quanto per evitare di essere rimbalzato via dallo sportello per un qualunque vizio.

Una delle cose più arbitrarie mi era sembrata la dotazione della foto-tessera.

Leggo e rileggo la procedura che recita

Per il cittadino è anche possibile portare una fotografia su supporto digitale USB rispettando, oltre alle suddette caratteristiche, anche le seguenti:

Definizione immagine: almeno 400 dpi
Dimensione del file: massimo 500kb
Formato del file: JPG

fonte: http://www.cartaidentita.interno.gov.it/modalita-acquisizione-foto/

Mi faccio scattare una bella foto con l’iPhone d’ordinanza, la sistemo con Photoshop togliendo il fondo bianco per sicurezza, la esporto in JPG come richiesto. La metto su una pennetta, la provo su altri due computer.

Arrivo sereno, insomma.

Quando è il momento della foto, in effetti insospettito dal fatto che chiunque avesse fatto la CIE prima di me avesse le foto da macchinetta automatica stampate di fronte a un supermercato qualunque, porgo la mia chiavetta.

Il gentilissimo e fin troppo prodigo di blandizie, mi allerta

Ah guarda che con la foto così io non posso farti la carta d’identità.

Bizzarro, dico, sul sito c’è spiegato esattamente quel che dovevo fare e la foto digitale era una delle due opzioni.

Eh ma io non so capace, tu che fai l’informatico (nella sua fascinazione nei miei confronti, per nulla nascosta, si era fatto il film che lo fossi tout-court NDR) lo sai fa’?

Mah, rispondo, e che sarà mai? Mi gira tastiera e mouse e mi dà controllo dell’applicativo per fare la carta d’identità.

Follia totale, penso.

Bon, pace. Guardo la web app, fatta probabilmente dai miei ex-colleghi del Poligrafico e procedo.

Click, click, fatto.

Gli lascio la conferma.

Ah sei proprio bravo, mi fa, si vede che sei informatico.

Io voglio solo sparire dopo due ore di fila e bofonchio.

La trafila si chiude. Alle 15.00 circa del 31 ottobre del 2017 ho la mia Carta d’Identità Elettronica che mi verrà spedita in ufficio.

È Halloween e non ho alcun bisogno di festeggiare oltre l’orrore.

Per questa volta, #appostocosì.

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