Stefano non c’era più.

Una giornata qualunque.

Molto stanco, aggiorno nuovamente la pagina dei social network poco prima di dormire. Vado per chiudere la pagina dell’ANSA e trovo una notizia inaspettata:

“Morto il finanziere Stefano Ranalli nella sua casa di Milano”.

Rimasi fermo e colpito, chiamai subito la mia collega e rispose in lacrime. Lei e Stefano molti anni fa ebbero una relazione extraconiugale. Lui ogni mattina si ammorbidiva quando passava lei e dire che sul posto di lavoro non ho mai visto un sorriso da quello che è stato il mio datore di lavoro fino a poco fa. Ci voleva in ufficio puntuali come orologi, se tardavo di qualche minuto fino all’ora di pranzo non venivano considerate ore lavorative. Oltre le solite mansioni da segretario, dovevo sempre pulire il bagno dopo pranzo se nel pomeriggio fossero venute persone molto importanti per parlare di cose molto noiose. Voleva il 110% dai suoi, soprattutto durante la crisi economica ci raddoppiò il lavoro e lo studio usci vincitore da momenti difficili grazie a un piano lavorativo programmato per mesi. Stefano Ranalli aveva 62 anni, era vicino alla pensione e lascia la moglie Franca, noto avvocato Milanese più volte tradita con la mia collega, una figlia di nome Francesca che non ho mai visto (pare abiti in Costa Rica) e un piccolo labrador che probabilmente detestava considerando la sensibilità dell’elemento. Era un tipo sano, bell’uomo e credo che da quando lo conosco (si parla di anni) non abbia mai fumato sigarette o bevuto superalcolici. In fondo non abbiamo mai scherzato insieme e condiviso nulla delle nostre vite private, aveva questo approccio del tipo “non dobbiamo diventare amici e nemmeno volerci bene”.

Attacco cardiaco, nessun sabotaggio. Nessuna storia interessante da scrivere. In pratica è morto un tipo di capo che la maggior delle persone odia, o per lo meno ha il diritto di odiare. Di solito queste persone dell’altissima finanza, muoiono sole, distrutte dai debiti e dal dolore provocato, ma lui rude con tutti e padre di famiglia sufficiente non aveva problemi di coscienza. Ammetto che spesso quando mi faceva saltare il pranzo per pulire il bagno vestito da suocera, ho pensato di avvelenarlo o buttarlo giù dal palazzo. Poi lo stipendio puntuale faceva passare tutto. Mi sento anche in colpa, guardo casa mia tutta in disordine, ormai sono le 3.00 di notte, Clara mi ha bruscamente buttato giù il telefono e domani probabilmente avrò un sacco di tempo libero. Continuo a guardare il disordine e ripenso al giorno in cui Ranalli mi assunse a tempo indeterminato.

All’epoca ero davvero un’altra persona.

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