Boardgames fighi di una volta

Marco Valle
Obaka79
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6 min readApr 12, 2024

I boardgames, si sa, non sono di certo un hobby per bambini, o meglio, non solo per loro. Alcuni hanno regolamenti molto complessi e un’infinità di materiale nelle loro scatole. Con certi titoli una partita può durare anche moltissime ore e richiedere una robusta dose di impegno. Ricordo con piacere però, il periodo a cavallo tra gli anni’80 e ’90, quando erano molto in voga, e pubblicizzati di conseguenza, giochi da tavolo molto semplici (ma non per questo scontati), adatti a tutta la famiglia e che, per me e per molti altri, sono stati un vero e proprio “trampolino di lancio” verso uno degli interessi che coltiviamo ancora oggi. Per questo, vorrei parlarvi di tre boardgames vintage che, a modo loro, hanno fatto storia e che, almeno per due di questi, hanno preso la via del “remake” in salsa moderna. Cominciando da Brivido, della MB.

All’epoca, Brivido era uno dei giochi più ambiti da noi pivelli con una spiccata attrazione verso il paranormale e il fantastico, più che altro dovuta alle milioni di visualizzazioni di seguito del film Ghostbusters (quello originale) e rafforzata dai cartoni dei “Filmation’s Ghostbusters” passati su Junior TV. Brivido, tolti tutti questi sproloqui, era davvero una vera bomba! Nulla di troppo elaborato, stiamo comunque parlando di un boardgame rivolto a un pubblico di ragazzini, ma decisamente incisivo.

Solo il fatto che avesse una parvenza di tridimensionalità, dovuta alla torre in plastica, dava a tutto il gioco un senso di “opulenza”. La dotazione era completata da un paio di “trappole” meccaniche (sempre roba in cartone stampato eh!) e da un teschio di plastica fluorescente che andava lanciato giù nella torre, proprio per attivare i trabocchetti fantasmatici. Per il resto, si trattava di una sorta di Gioco dell’Oca in salsa horror. Niente di più, niente di meno. Vinceva , infatti, il primo che arrivava in cima alla torre e chiudeva la bara, tramite un altro semplice altro trucchetto meccanico realizzato in plastica. Di più, a proposito di questo gioco, non saprei dire. Era di una semplicità assoluta, ma riusciva comunque a catturare in maniera quasi ipnotica, complici sicuramente le illustrazioni evocative e la sua affascinate aura “macabra”, la nostra attenzione per dei pomeriggi interi!

Un altro boardgame in gran voga in quel periodo (anche se un poco più recente) era l’Isola di Fuoco, anch’esso di produzione MB. Se Brivido si faceva forza delle sue atmosfere macabre e soprannaturali (e , chi sta scrivendo, con questeo tipo di atmosfere ci va proprio a nozze!), L’Isola era invece perfetta per la sognante voglia di avventura che molti ragazzini hanno. La scatola, davvero grossa conteneva un meraviglioso pannello di gioco tridimensionale, raffigurante l’isola, le pedine, le parti mobili, la statua mazzi di carte etc…

Aspettate un attimo… Tridimensionale? Sissignori! Il vero lusso di questo boardgame era il tabellone che riproduceva l’Isola di Fuoco in forma di plastico 3d! Con le montagne, il fiume, le spiagge e tutto quanto! Ovviamente la proporzione con le pedine degli esploratori non esisteva. O loro erano giganti, o tutta l’isola era 140 mq. Inezie trascurabilissime agli occhi di un bambino esterrefatto da tanta opulenza!

Per vincere la partita, bisognava, tirando i dadi e muovendo sul tabellone, raggiungere la sommità della montagna per fregare il rubino all’infame Idolo che, giustamente aggiungerei, non ci stava a farsi derubare dai primi quattro arrivati, che tentava quindi di difendere la sua proprietà bersagliando i giocatori con tremende sfere infuocate. In pratica, si facevano rotolare delle biglie nel plastico, chi veniva colpito, subiva penalità e punizioni varie. Si potevano scegliere più strade, di diversa lunghezza e pericolosità e si poteva anche (cosa molto divertente) ostacolare gli avversari grazie all’uso di particolari carte, oltre che cercando di sfruttare a proprio vantaggio della furia dell’Idolo.

Una volta raccolto il rubino, la partita non era finita, bisognava ritornare all’approdo! I giocatori rimasti a bocca asciutta, si lanciavano dunque all’inseguimento del fortunello che, se raggiunto, veniva derubato del rubino. Vinceva chi riusciva a guadagnare la casella dell’approdo con il bottino in suo possesso, il tutto sotto l’immancabile frana di palle infuocate. Quindi, bisognava anche andare di “strategia”. A ben pensarci, anche in questo caso le meccaniche erano semplici e ripetitive, però il gioco era divertentissimo. Era stupendo fregare il tuo amichetto saccente, proprio quando mancavano pochi metri alla fine. Piccole soddisfazioni!

Come dicevo in apertura, sia Brivido che L’Isola di Fuoco hanno avuto una sorta di restyling, per adattarli al pubblico moderno. nuovi materiali e componentistica rinnovata. Non saprei che dire sul nuovo Brivido, ma mi sono comprato, qualche anno fa ormai, la versione moderna dell’Isola. Carina, molto ben fatta e divertente da giocare, ma non ai livelli dell’originale, per quanto mi riguarda.

Terzo e ultimo (ma non di certo per importanza) titolo di questo breve excursus nei giochi da tavolo vintage è StarQuest (o Space Crusade, che dir si voglia), anche questo made in MB su licenza Games Workshop. Qui le cose si fanno più serie, anche perché il gioco era pensato per un pubblico più maturo ed è godibilissimo anche da adulti. Io, scherzosamente, l’ho sempre definito “l’asilo nido di Warhammer 40.000”. E forse, tanto torto non avevo, dato che proprio grazie a questo gioco moltissime persone si sono avvicinate al cupo universo del 41° Millennio di casa Games Workshop. StarQuest è, in soldoni, una versione semplificata di Space Hulk, altro gioco targato GW. Potremo giocare fino a quattro persone, tre che controllano gli indomiti Space Marines e uno che controlla i malvagi Alieni e fa anche da master. Tabellone di gioco componibile, segnalini in cartone di porte e accessori, carte evento e… Miniature!

Sissignori, miniature in plastica realizzate dalla Citadel, sia dei nemici che delle tre squadre di Space Marines. Le squadre d’assalto Imperiali erano composte da 4 marines semplici, alcuni dotati di armi pesanti, e da un comandante. Gli avversari erano Space Orks, Marines del Caos e similia. La fattura delle miniature, tenendo di conto che erano in plastica, era anche piuttosto buona. Certo, il gioco era si ispirato all’universo di WH40K ma non un prodotto “canonico”, ma le miniature erano comunque in scala giusta e con una bella somiglianza (anni dopo le usai per realizzare delle squadre custom di Scout nel wargame ufficiale, tanto per dire).

I Capitoli di Marines da poter usare erano gli Imperial Fists (gialli), i Blood Angels (rossi) e gli Ultramarines (blu). StarQuest ha svolto egregiamente il suo lavoro, regalandoci decine di ore di gioco e divertimento. Le missioni da svolgere (anche quelle delle espansioni su Eldar e Dreadnought) non erano il massimo della complessità, ma avevano il dono di tenerti incollato al tabellone di gioco per intere serate. Che volavano via in un attimo!

Un boardgame così ben strutturato, per fortuna, ha dato vita anche a una versione per PC e Amiga 500, Space Crusade (Nome adottato anche da alcune versioni estere del gioco in scatola), che riscosse un discreto successo nel lontano 1993, annate mitologiche per i videogames! E io, ovviamente, l’ho giocato anche li. Grazie alla semplicità del gioco da tavolo, fu realizzata una versione fedelissima, sia nei regolamenti che nelle meccaniche, quindi,per i tempi, perfetta. E il giovane Me, poté giocare anche senza amichetti… Di questa trasposizione videoludca che, tra l’altro è stata anche il primo videogames di Warhammer 40.000 in assoluto nella storia, ne ho parlato a sufficienza in una delle ultime puntate di Floppy Disk. Recuperatela QUI, che ne vale sempre la pena.

E pensare di, un giorno non lontano, usare un esercito di Ultramarines in WH40K. E così fu poi, in effetti, con conseguenti emorragie gravissime al mio portafogli!

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Marco Valle
Obaka79
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Scrivo di videogames, cultura pop e fatti insoliti. Faccio pure podcast e, nonostante giochi ai videogiochi dal 1987, non sono diventato un serial killer.