Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth

Marco Valle
Obaka79
Published in
4 min readJun 24, 2024

Torniamo a parlare dei bei giochi di una volta, quei titoli di cui è facile ritrovarsi a parlare anche a quasi vent’anni dalla loro uscita originale. Di giochi davvero belli, insomma.

Chi mi conosce, sia online che IRL, sa perfettamente che ho una vera e propria mania per la mitologia lovecraftiana e tutto quello che riguarda, più o meno direttamente, i Miti di Cthulhu.

Tra tutte queste tentacolari robe cthuloidi ci sono ovviamente anche dei videogiochi (ovviamente è dire poco) e, almeno fino ad ora, uno dei migliori giochi realizzati sul tema è proprio Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth.

Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth è un gioco(ne) prodotto da Bethesda e pubblicato nell’ormai lontanissimo 2005 per PC Master Race e per la prima e originale Xbox. No, Sony dovrà aspettare qualche anno per avere una killer app lovecraftiana. E manco ufficiale per giunta!

Dark Corners of the Earth si presenta come un gioco più unico che raro, soprattutto per il periodo, molto difficilmente inquadrabile in un genere (mania più autistica che commerciale, invero) ben preciso. Si presentava infatti come un qualcosa a metà tra Far Cry (coevo del primo capitolo, infatti) e un qualsiasi wannabe clone di Half Life. Teniamo sempre a mente però che si parla del 2005,quindi non abbiate futte pretenziose su grafiche in 4k e troiai moderni.

Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth sintetizza al meglio la paurosa atmosfera di ansia e terrore che si respira leggendo le liete novelle di H.P. Lovecraft, il Solitario di Providence, ispirandosi in particolare, come struttura di trama, a uno dei miei racconti preferiti in assoluto, “The Shadow over Innsmouth”, dove umani degenerati si accoppiano in allegria con creature pisciformi provenienti dagli abissi e a altre allegre storie sul genere, sempre a base di sesso, inbreeding e mostri transdimensionali. Figo, no?

In Dark Corners of the Earth impersoneremo Jack Walters, investigatore privato nel New England dei primi anni del secolo scorso che dopo sua somma sfiga, essere entrato in contatto con il “qualcosa” dietro un sinistro culto di origine preumana ed essersi fatto un doveroso lustro di manicomio, viene inviato a indagare su una carognata perpetrata nella ridente Innsmouth, solare paese costiero del Massachusetts la cui popolazione non ha di meglio da fare che farselo mettere nei quarti posteriori da una abominevole schiatta di uomini pesce. Spettacolo, no? Ovviamente, il casino su cui saremo chiamati ad investigare è destinato a finire in gloria tempo zero, lasciando spazio ai peggio orrori innominabili, Sempre più figo.

Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth, all’epoca della sua uscita, non è che rappresentasse proprio lo stato top dell’arte, per quanto riguarda la grafica pur essendo assolutamente discreta e funzionale, era nettamente inferiore a quella di molti altri titoli usciti al momento. Il bello del gioco, e il suo pregio top, era la trama e la capacità di tenerti incollato allo schermo dal primo all’ultimo secondo, facendoti cagare addosso praticamente in maniera continuativa e appiccicandoti un’ansia e uno sconforto cosmico che guai per davvero.

Tu avvii il gioco, ti immedesimi in tempo zero e cominci a defecare mattoni per tutta la run. Perché ora dobbiamo schivare i colpi dei cultisti, poi si scappa da aborti uomo-pesce e poi dobbiamo rompere il biroccio a una Divinità Primeva. Come è giusto, in fondo.

Le situazioni che ritroveremo in Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth ci faranno vivere un’emozione cultista e ignorante, inimmaginabilmente coinvolgente. Tutto figo per davvero davvero. L’unica pecca che si fa notare abbastanza, senza rovinare nulla però, e comunque sempre tenendo conto di quando il gioco è uscito, è che passeremo la prima parte della storia ad aggirarci per Innsmouth cauti e tremebondi, in totale balia, anche sessuale, dei peggio orrori cthuloidi, mentre verso la fine acquisiremo abilità e armamenti tali da trasformarci in dei veri badass in grado di fare il brogio a una qualsiasi divinità blasfema abbia l’ardire di presentarsi dinnanzi a noi, che una fucilata in bocca non la si nega a nessuno. E il Doom Marine annuisce soddisfatto.

Nonostante l’impietoso passare del tempo, che comunque un po’ si è fatto senza dubbio sentire, Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth rimane un titolo più che degno, assolutamente in linea con il Culto, e in grado di dare delle piste vere a molti titoli odierni per quanto riguarda l’atmosfera e le sensazioni comunicate giocandovi.

Vero, spesso fa tirare giù cristi a cannonate, ma teniamo sempre conto che parliamo comunque di un game design vecchio di ventanni e, volenti o nolenti, nel frattempo le cose sono non poco evolute.

Se anche voi siete amanti dei Miti, non potete esimervi dal recuperarlo, anche perchè si trova ormai in versione digitale a pochi spicci, tuffandovi così felicemente nelle scure e oleose acque del porto di Innsmouth!

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Marco Valle
Obaka79
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Scrivo di videogames, cultura pop e fatti insoliti. Faccio pure podcast e, nonostante giochi ai videogiochi dal 1987, non sono diventato un serial killer.