Ater Venezia: i numeri di un fallimento, 2009–2018

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di Orazio Alberti

Indice

  1. Il patrimonio Ater: sempre meno abitazioni di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP)
  2. La crisi degli investimenti
  3. La vendita del patrimonio residenziale pubblico
  4. Il monte fitti e la morosità
  5. I canoni di locazione degli inquilini ERP

Le tabelle e i grafici di questo rapporto, ove non specificato diversamente, sono elaborazioni di dati riportati nei bilanci consuntivi Ater 2011–2018, in particolare nella Relazione sulla gestione e negli Allegati alla stessa.

1. Il patrimonio Ater: sempre meno abitazioni di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP)

Ater Venezia è la più grande Azienda per l’Edilizia Residenziale del Veneto: al 31.12.2018 gestiva 10.748 alloggi, 9.795 di proprietà e 953 per conto terzi, in particolare i comuni della Città Metropolitana di Venezia [1].

Nel decennio 2009–2018, il patrimonio di proprietà dell’Azienda è aumentato solo di circa 100 abitazioni, un numero molto esiguo specie ove lo si confronti con le 605 abitazioni ultimate o acquistate da Ater nello stesso periodo e messe a disposizione dei comuni per nuove assegnazioni (si veda il Graf. 4. a pag.4).

Graf. 1) Alloggi gestiti da Ater per proprietà, 2009–2018

Non solo il patrimonio Ater rimane sostanzialmente stabile, ma le abitazioni locate sono sempre di meno a causa del continuo aumento dello sfitto, che nel giro di dieci anni quasi quadruplica, arrivando ad incidere sul totale degli alloggi cinque volte tanto: dalle 411 abitazioni del 2009 (pari al 4,2% del patrimonio di proprietà) a 1.914 (il 19,5%) nel 2018

Conseguentemente, nel periodo considerato, il patrimonio di proprietà di Ater effettivamente locato ai propri inquilini non solo non aumenta, ma anzi diminuisce di circa 1.400 abitazioni.

Graf. 2) Alloggi sfitti gestiti da Ater per proprietà, 2009–2018

Le ragioni dell’incapacità dimostrata da Ater di ampliare e gestire efficacemente il proprio patrimonio sono riconducibili a due nodi, tutt’ora non risolti, che riguardano:

  • la totale sottovalutazione delle problematiche relative all’abitare sociale da parte dello Stato e della Regione, che si traduce nell’assenza di programmi pluriennali di intervento e in una cronica carenza di risorse destinate all’edilizia residenziale pubblica;
  • il costante e prolungato depauperamento del patrimonio ERP attraverso la vendita di una rilevante quota di abitazioni agli inquilini, o con gara pubblica se sfitti, nel tentativo di recuperare risorse da destinare a interventi di riqualificazione.

2. La crisi degli investimenti

Nel decennio 2009–2018 Ater ha investito circa 85 milioni di euro in interventi di nuova costruzione, acquisto, recupero, manutenzione.
Gli investimenti nel decennio assumono un andamento costantemente decrescente: dai 41 milioni del primo triennio, ai meno di 7 milioni dell’ultimo, con un crollo verticale tra il 2015 (7,5 milioni di euro) e il 2016 (1,6 milioni).

Graf. 3) Investimenti Ater, 2009–2018 (milioni di euro)

Questa drastica riduzione di risorse è da ricondursi, in primo luogo, al sostanziale fallimento del Piano Strategico delle Politiche della Casa nel Veneto 2013–2020, approvato con deliberazione del Consiglio Regionale n. 55 del 2013, che stanziava a favore di Ater Venezia 10 milioni di euro per interventi di costruzione, recupero edilizio, manutenzione. Questi stanziamenti si sono rivelati però del tutto aleatori e i problemi di liquidità della Regione hanno comportato un continuo rinvio delle erogazioni, tanto che nel 2015 la Giunta regionale posticipa una prima volta i termini per l’avvio delle opere finanziate, ma nemmeno questo rinvio è sufficiente e, conseguentemente, nel 2018 fissa un’ulteriore proroga — entro il 2020 — per l’avvio degli interventi ancora non iniziati [2].

Complessivamente, gli investimenti in nuove costruzioni [3], recupero edilizio e acquisto di alloggi finiti hanno messo a disposizione per nuove assegnazioni nel decennio 605 alloggi, per un investimento complessivo pari a circa 48 milioni di euro. Alla manutenzione ordinaria e straordinaria sono stati destinati 37,3 milioni di euro.

Come si può notare dal Graf. 4) le abitazioni consegnate ai comuni per essere assegnate variano molto di anno in anno in funzione non solo dei finanziamenti disponibili, ma anche dei tempi (in genere più anni) che intercorrono tra l’investimento e l’ultimazione dei lavori, o la sottoscrizione del rogito notarile in caso di acquisto.

In media Ater riesce nel decennio a mettere a disposizione 60 abitazioni annue, un numero che stride se rapportato alle domande in graduatoria nella Città metropolitana di Venezia, che nel bando 2011 erano poco meno di 6.000 [4].

Tab. 1) Investimenti Ater per tipo di intervento, 2009–2018
Graf. 4) Alloggi consegnati da Ater ai comuni per nuove assegnazioni, 2009–2018

Anche gli investimenti per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici e delle abitazioni sono ridotti ai minimi termini: nel periodo considerato Ater impegna annualmente nei bilanci di previsione tra i 3 e i 4 milioni di euro l’anno per la sola manutenzione ordinaria; per la manutenzione straordinaria e, in particolare, per il riatto degli alloggi sfitti le restanti risorse sono particolarmente risicate. Dal 2015 in poi gli investimenti non riescono nemmeno a coprire gli stanziamenti programmati per la sola manutenzione ordinaria. Del resto la politica di Ater sulla destinazione dei finanziamenti, in presenza di risorse scarse, ha sempre penalizzato gli interventi sugli alloggi sfitti, giudicati troppo costosi in particolare nella Città Storica di Venezia.

Non è un caso che i finanziamenti stanziati dal “Piano Strategico” siano stati utilizzati pressoché interamente per interventi nella terraferma, dove i costi unitari sono più contenuti e la quota di cofinanziamento regionale era più elevata: dei 133 alloggi da recuperare nella Città Storica, programmati nel 2014 da Ater, nemmeno uno è stato ultimato, anzi, di rinvio in rinvio, nessun intervento al 31.12.2018 è stato nemmeno avviato [5].

Sono significative a questo proposito le parole del presidente Ater Raffaele Speranzon, tratte da una conferenza stampa del settembre 2019 “… La media del costo per il completo ripristino di un alloggio e per renderlo disponibile per l’assegnazione, è di almeno 25 o 30 mila euro in terraferma e a 35 o 40 mila euro in centro storico a Venezia. E allora se, per esempio, abbiamo tre alloggi in terraferma da rimettere a posto, e con 10 mila euro l’uno possiamo fare i lavori, in centro storico ce ne vogliono 60 mila. E se in tutto ci ritroviamo in cassa 30 mila euro, che scelta dobbiamo fare? Sistemare le case in terraferma ma così non favoriamo la residenza in centro storico” [6].

In attesa di interventi che non arrivano, le abitazioni sfitte, molte da anni, si degradano sempre di più facendo lievitare ulteriormente i costi di intervento e sottraendo al soddisfacimento di una domanda sociale abitativa in crescita una quota rilevante di offerta pubblica.

3. La vendita del patrimonio residenziale pubblico

Il crollo degli investimenti di Ater, non è dovuto solo alla contrazione dei finanziamenti statali e regionali, ma anche al fallimento delle politiche di vendita del patrimonio, che portano nelle casse dell’Azienda introiti sempre più ridotti.

Una premessa: gli alloggi ERP fanno parte del patrimonio pubblico indisponibile e la loro alienazione deve essere prevista per legge e autorizzata preventivamente con formale provvedimento, che definisce quanti e quali alloggi è possibile vendere, a chi, a quale prezzo. I proventi sono destinati a interventi di nuova costruzione, recupero, acquisto, sempre di abitazioni ERP [7].

I piani di vendita proposti da Ater e approvati dalla Regione Veneto hanno coinvolto migliaia di abitazioni di edilizia residenziale pubblica, ma le abitazioni effettivamente vendute rappresentano una quota via via decrescente di quelli potenzialmente cedibili: dal 26,3% della L.560/93 al 3,2% della L.R.7/2011.

Fig.1) Piani di vendita e alloggi venduti per legge di vendita

Di conseguenza il numero di alloggi venduti da Ater Venezia tra il 2000 e il 2018 è costantemente in calo, così come il fatturato derivante dalle vendite, nonostante l’aumento negli anni del prezzo medio di cessione.

I motivi risiedono sostanzialmente nelle caratteristiche degli alloggi in vendita (età, stato di manutenzione, localizzazione, contesto urbano) e nella determinazione dei prezzi di cessione, che cambiano di legge in legge, a volte più restrittivi, in altri casi più favorevoli per i possibili acquirenti.
Semplificando: con la L.560/93 erano vendibili agli inquilini abitazioni anche di costruzione recente e il prezzo di vendita era parametrato sul valore catastale dell’abitazione. Questi criteri “di favore” sono diventati con la normativa successiva più stringenti: la L.R. 29/2002 mette in vendita abitazioni con almeno trent’anni di vetustà (e che quindi necessitano di ingenti lavori di restauro) e al prezzo di mercato, ridotto del 20%. La convenienza all’acquisto da parte degli inquilini tende quindi a ridursi.

Anche le abitazioni sfitte, poste in vendita con gara a base d’asta e prezzo base pari a quello di mercato, in molti casi sono andate deserte, nonostante in alcuni casi siano state esperite più tornate d’asta, con conseguente riduzione del prezzo base [8].

Vendere per ampliare e migliorare il patrimonio residenziale pubblico, obiettivo da sempre dichiarato per giustificare l’alienazione delle abitazioni, si sta rivelando sempre meno credibile; serve solo per coprire, in modo assolutamente inadeguato, la carenza di investimenti statali e regionali nel settore dell’edilizia pubblica e per liberarsi di abitazioni, specie se sfitte, che richiederebbero notevoli risorse per essere recuperate e riassegnate.

Graf. 5) Alloggi di proprietà venduti da Ater, 2000–2018
Graf. 6) Prezzo medio di cessione degli alloggi, 2000–2018 (migliaia di euro)
Graf. 7) Fatturato da vendite, 2000–2018 (milioni di euro)

4. Il monte fitti e la morosità

“Si segnala che anche per il 2018, tra le cause che hanno influito significativamente sull’andamento negativo dei flussi in entrata vi è il crescente numero di unità immobiliari sfitte.” Così si pronuncia la Relazione di gestione del Bilancio consuntivo 2018: aumento delle abitazioni sfitte — e vendita del patrimonio, aggiungiamo noi — hanno avuto un pesante contraccolpo negativo sulle entrate da canoni. Il monte fitti di competenza (la somma dei canoni che Ater dovrebbe percepire nell’anno in corso), dopo un aumento nella prima parte del decennio, registra dal 2014 una costante riduzione che in cinque anni fa perdere all’Azienda circa 1,6 milioni di euro (da 14,7 milioni a 13,1).

Non solo, anche i canoni riscossi, quelli cioè effettivamente versati dagli inquilini, sono di gran lunga inferiori alle previsioni: nel 2018 la differenza tra canoni di competenza e canoni riscossi, e cioè la morosità annua, è pari a 1 milione di euro. Questa costante erosione delle entrate è in continuo aumento: la morosità era il 4,7% del monte fitti di competenza nel 2009, è salita all’8,1% nel 2018.

Graf. 8) Monte fitti di competenza e monte fitti riscosso, 2009–2018 (milioni di euro)
Graf. 9) Incidenza della morosità corrente sul monte fitti annuo, 2009–2018

L’accumularsi nel tempo della morosità annua genera una morosità consolidata in continuo aumento, che nel 2018 è pari al 34% dei fitti che l’Azienda avrebbe dovuto incassare. Morosità dovuta, per circa il 60% dei casi, a nuclei che non sono più inquilini Ater (ad es. per decesso dell’assegnatario o per sloggio dall’abitazione) e quindi di ancor più difficile riscossione.

Graf.10) Incidenza della morosità consolidata sul monte fitti, 2009–2018

Sempre la Relazione di gestione 2018 segnala le “… difficoltà di nuclei familiari a pagare sia i canoni correnti, sia il recupero della morosità pregressa (nella maggioranza dei casi risulta essere ‘morosità incolpevole’.)
E a proposito di “morosità incolpevole”, la Relazione chiama direttamente in causa gli Enti assistenziali e i Comuni, che avrebbero ridotto notevolmente il “fondo sociale” e più in generale l’erogazione di contributi alle famiglie in difficoltà.

Anche il presidente di Ater, Raffaele Speranzon, deve prendere atto, nella relazione al bilancio di previsione 2018, che “… le azioni aziendali di recupero del credito nei confronti di inquilini morosi, benché costantemente pressante il più delle volte viene ostacolata — in carenza di adempimento spontaneo — per l’assenza di beni sui quali far valere il credito.”

In buona sostanza: non si tratta di “furbetti” che non vogliono versare il dovuto, ma di famiglie in condizioni socio- economiche precarie, ancor più impoverite dalla crisi economica.

E queste famiglie continuano a crescere: gli inquilini morosi nel 2018 superano le 2.000 unità.

Graf. 11) Inquilini morosi, 2009–2018

5. I canoni di locazione degli inquilini ERP

Fino al 2018, il canone di locazione degli alloggi ERP è determinato dalla L.R.19/90 [9], che suddivide gli inquilini di alloggi di edilizia residenziale pubblica in tre “aree” costruite in base al reddito familiare:

  • a) “area di protezione”, formata da nuclei con un reddito fiscale inferiore a due pensioni minime INPS, per i quali il canone è fissato in percentuale sul reddito percepito (4% se inferiore a una pensione minima; 6% se compreso tra una e due pensioni minime);
  • b) “area sociale”, articolata in base al reddito in tre fasce. Qui si collocano i nuclei con un reddito “convenzionale” [10] superiore a due pensioni minime Inps e inferiore a quello fissato dalla normativa per la decadenza dall’assegnazione. I canoni di quest’area sono calcolati in base ai parametri della L.392/78 (“equo canone”) e graduati per fascia, da un minimo dell’80% a un massimo del 120%;
  • c) “area di decadenza” formata da nuclei con reddito convenzionale superiore a quello massimo fissato per la permanenza in alloggi ERP. Anche in quest’area i nuclei sono suddivisi in tre fasce a reddito crescente. L’ “equo canone” può variare, a seconda della fascia, da un minimo del 150% a un massimo di 250%.
    La distribuzione degli inquilini per area e per fascia consente, in assenza di altre informazioni disponibili, una prima analisi della situazione reddituale dell’utenza ERP.

Una prima considerazione preliminare: gli inquilini ERP continuano a ridursi: dal 2011 al 2018 si contano circa 2.000 famiglie in meno, con un evidente impatto negativo sul monte fitti annuo di competenza dell’Azienda.
Le ragioni sono sempre riconducibili a quelle analizzate nei paragrafi precedenti: aumento degli alloggi sfitti, politiche di alienazione del patrimonio.

Graf. 12) Inquilini di abitazioni ERP, 2011–2018

Negli anni considerati, si modifica sensibilmente la composizione per reddito dell’inquilinato. Aumentano del 5% le famiglie in “area di protezione”, si riduce di una quota analoga l’”area sociale”, mentre il peso delle famiglie in “area di decadenza” rimane sostanzialmente stabile al 13%.

Graf. 13) Distribuzione degli inquilini ERP per area ex L.R.19/90, 2011–2018

Entrando più nel dettaglio (Tab.2):

  • tutte le fasce dell’”area di decadenza” (C1, C2, C3) perdono peso in misura superiore al calo generale degli inquilini (pari al 20,8%);
  • in “area sociale” crolla la fascia B1(redditi di poco superiori a due pensioni minime Inps)
  • l’ “area di protezione” è quella che perde meno nuclei (-9,3%). All’interno di quest’area la fascia A1, quella formata da famiglie che percepiscono un reddito inferiore a una pensione minima Inps, rimane stabile nel tempo [11].
Tab.2) Distribuzione per area e fascia di reddito degli inquilini ERP, 2011 e 2018

Una spiegazione efficace dell’evolversi delle condizioni economiche delle famiglie la fornisce la Relazione sulla gestione, che nel bilancio consuntivo 2015 e nei successivi rileva che “…il reddito delle famiglie residenti in alloggi ERP è significativamente diminuito a causa del protrarsi di una crisi socio-economica subita soprattutto dai nuclei famigliari con una redditività complessiva già minima (anziani, categorie protette, etc.) ed a cui appartengono la maggioranza degli assegnatari di alloggi stessi. […] si rileva nuovamente che la perdita di un’occupazione stabile e/o la precarizzazione delle condizioni socio-economiche di molti componenti il nucleo familiare, hanno comportato inevitabilmente una diminuzione del reddito complessivo con la conseguente revisione (in diminuzione) del canone calcolato ai sensi della Legge Regionale n. 10/1996.”

Graf.14) Canone medio per area L.R. 10/96, 2011–2018

E infatti il canone medio per l’insieme delle famiglie assegnatarie rimane invariato tra il 2011 e il 2018, nonostante gli adeguamenti annuali all’indice di inflazione ISTAT. La mutata composizione per fascia di reddito degli inquilini, con una maggiore presenza di famiglie con redditi minimi, gioca un ruolo importante: il canone medio dell’”area di protezione” si riduce di circa il 20% tra il 2011 e il 2018, da 44 a 35 euro, e spinge al ribasso il canone medio generale, nonostante il contemporaneo incremento dei fitti pagati dalle famiglie in “area sociale” o “di decadenza”.

Dal 2019, l’entrata in vigore del nuovo regime dei canoni stabilito dalla L.R. 39/2017 porterà sicuramente a un aumento dei fitti di ERP. Quanto i nuovi fitti siano “sopportabili” (per usare un’espressione della nuova legge) è ancora tutto da verificare [12]. In particolare, sarà da valutare con attenzione quanta parte dell’aumento avrà incrementato il monte fitti riscosso da Ater, quanta invece si sarà trasformata in un ulteriore aumento della “morosità incolpevole”.

Note

[1] Una parte degli alloggi di proprietà Ater sono classificati come “non ERP” (nel 2018, erano 1.029), non soggetti cioè ai criteri fissati dalla normativa regionale per l’assegnazione e per la determinazione dei canoni di locazione, ma locati a canone calmierato e destinati a garantire l’alloggio a una fascia di popolazione che non percepisce un reddito sufficiente alto per poter accedere al libero mercato immobiliare, ma neppure possiede i requisiti per accedere all’ERP, in quanto il reddito familiare percepito è superiore al limite massimo stabilito per la partecipazione ai bandi di concorso.

[2] Bollettino ufficiale della Regione del Veneto - Bur n. 4 del 9 gennaio 2018, DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE n. 2004 del 6 dicembre 2017, Piano strategico delle politiche della casa nel Veneto [...] Aggiornamento dei programmi di finanziamento.

[3] Dal 2017 ATER recepisce gli indirizzi della L.R.n.14 “Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo …” e finanzia solo il recupero del patrimonio edilizio esistente, annullando di fatto tutte le nuove costruzioni.

[4] Si veda l’allegato alla deliberazione consiliare n.55 del 10 luglio 2013, relativa a Piano strategico delle politiche della casa nel Veneto, pag. 42 e ss.

[5] Orazio Alberti, Ater Venezia: l’abbandono dell’edilizia residenziale pubblica nella Città Storica, 2011-2018, in Ocio Venezia - Osservatorio Civico sulla Casa e la Residenza, febbraio 2020.
https://ocio-venezia.it/analisi/erp/2020/02/09/analisi-manutenzione-ater/

[6] E. T., Alloggi troppo vecchi, «grana» ristrutturazioni, Il Gazzettino di Venezia, 17/09/2019.

[7] Così come stabilito dalla L.560/93, articolo unico, comma 6.

[8] Dalla Relazione tecnico-amministrativa di accompagnamento al bilancio di previsione 2014 “Si rilevano n.32 aste ‘deserte’ a fronte di 40 esperimenti
d’asta espletati, tenuto conto sia della particolare crisi del mercato immobiliare, sia della poca appetibilità degli immobili proposti sul mercato e delle difficoltà di accesso al credito da parte dei potenziali acquirenti, gli esiti raggiunti si possono considerare soddisfacenti.” Dal 2014 al 2018 Ater non ha potuto effettuare aste di immobili sfitti a causa della mancanza di un piano ordinario di vendita approvato dalla Regione.

[9] Sostituita dal 2019 dalla LR 39/2017.

[10] Il reddito convenzionale è definito in base al tipo di reddito percepito (calcolato al 60% se derivante da lavoro dipendente o pensione) e alla dimensione del nucleo familiare.

[11] Nel valutare questi dati va tenuto presente che nella tabella Ater non ha inserito gli alloggi dati in convenzione ai Comuni. Inoltre sono considerati a parte gli alloggi occupati da “abusivi”, da nuclei decaduti dall’assegnazione o privi di documentazione del reddito, che pagano un canone o un’indennità di occupazione equiparati a quello determinato per gli inquilini collocati in fascia C3. Questi nuclei erano 335 nel 2011; 382 nel 2018. Anche considerando questi dati, il quadro d’insieme rimane sostanzialmente immutato.

[12] Per un’approfondita analisi dell’impatto della L.R. 39/2017 si veda Patrizia Venclani, Falsa ripartenza, in Ocio Venezia — Osservatorio Civico sulla Casa e la Residenza, gennaio 2020
https://ocio-venezia.it/analisi/erp/2020/01/21/legge-regionale-erp-modifiche/

Note

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