Regolamentare le locazioni turistiche è possibile, oltre che necessario
Premesse
Con l’espressione “locazione turistica” si fa in genere riferimento ad una tipologia di contratto di locazione ad uso abitativo con finalità turistiche. Per lo più si tratta di contratti di breve durata, tanto che nel linguaggio comune è frequente definirle anche “locazioni brevi” (corrispondente all’inglese “short-term rental” o STR — anche se le due nozioni “locazione turistica” / “locazione breve”, sotto il profilo giuridico, non sono perfettamente sovrapponibili). Nell’ordinamento italiano tali contratti consentono ai titolari di un alloggio — proprietari e altri soggetti titolati — di affittarlo per scopi turistici, purché non siano prestati servizi accessori o complementari (quali ad esempio: le pulizie durante la permanenza dell’ospite, la colazione).
Dal punto di vista normativo, quindi, in Italia, la locazione turistica non è da considerarsi una struttura ricettiva (come ad esempio i Bed & Breakfast, le Case e Appartamenti per Vacanze, i Residence), anche se di fatto fa parte dell’offerta ricettiva del territorio. Al tempo stesso gode di una disciplina in parte differente rispetto a quella della classica locazione.
Negli ultimi anni questa tipologia di contratto è aumentata in modo esponenziale, favorita dallo sviluppo e dalla diffusione di piattaforme online dedicate, tra cui in particolare Airbnb, facendo registrare un forte impatto sulla residenzialità e sul mercato delle locazioni a lungo termine. A Venezia, nella Città Storica, il boom si è registrato tra il 2016 e 2018. Nel 2018 il numero totale di posti letto immessi nel mercato turistico ha, a grosso modo, raggiunto quello dei residenti, oltre le 50mila unità.
Nonostante l’Italia risulti tra i primi paesi in Europa e nel Mondo per numero di appartamenti in locazione turistica, a differenza di altri, come ad esempio la Francia (la legislazione è statale ma alcune città individuate dalla Legge, tra cui Parigi, possono adottare ulteriori misure restrittive), non presenta una mirata regolamentazione del fenomeno. Un primo tentativo in tal senso è stato fatto con la proposta di un emendamento al DL Milleproroghe, presentato nel gennaio 2020 dai parlamentari Pellicani-Di Giorgi (Pd) alla Camera, nelle commissioni Affari costituzionali e Bilancio. Emendamento che ha trovato una forte opposizione e che è stato quindi bocciato.
A livello europeo, sono ormai molti i tentativi di regolamentare il settore delle locazioni turistiche, sia a livello municipale, sia a quello statale. I vari esempi indicati nella tabella agiscono con diverse tipologie di limitazioni . Tra i molti interventi normativi sollecitati dall’esplosione del fenomeno, è particolarmente rilevante il complesso di leggi e norme adottate in Francia negli ultimi anni: non solo presenta l’intera gamma degli strumenti d’intervento combinati in maniera organica, ma si presta pure ad essere un valido modello per il caso italiano, considerate anche le somiglianze tra i due ordinamenti.
In estrema sintesi, questi sono i tratti salienti della normazione francese:
- il proprietario non può affittare la propria abitazione principale per più di 120 giorni all’anno (limite ai pernottamenti);
- Se intende superare tale limite, deve chiedere un’autorizzazione per il cambio di destinazione d’uso della stessa, che verrà così considerata abitazione secondaria;
- Nelle aree con problemi di penuria di abitazioni sul mercato immobiliare (città con oltre 200.000 abitanti e alcuni dipartimenti vicino Parigi), per affittare l’abitazione secondaria il titolare deve presentare una domanda di autorizzazione al cambio d’uso dell’immobile;
- In talune aree, dove la penuria delle abitazioni è particolarmente grave (ad es. Parigi), per non ridurre ulteriormente gli alloggi disponibili sul mercato, sono previste delle misure compensative contestuali alla trasformazione dell’abitazione in locazione turistica;
- Determinati comuni possono inoltre prevedere l’attribuzione obbligatoria di un numero di registrazione alle locazioni situate sul proprio territorio, che è correlata all’obbligo per le piattaforme di rimuovere gli annunci illegali, quelli cioè che pubblicizzano abitazioni prive di numero di registrazione oppure abitazioni principali che hanno raggiunto il numero massimo di pernottamenti (ovvero 120).
Gli ultimi anni hanno portato ad una profonda consapevolezza sulle criticità del fenomeno, segnando una stagione di regolamentazioni del settore delle locazioni turistiche (Si veda il caso di Barcellona o l’esempio di Parigi tra quelli francesi precedentemente citati).
In seguito alla pandemia di Covid-19, che ha di fatto azzerato il flusso turistico e svuotato le città maggiormente sotto pressione, molti governi urbani stanno sfruttando la situazione creatasi per inasprire le esistenti limitazioni o sperimentare nuove modalità per favorire gli affitti a lungo termine. Tra gli interventi più recenti, quanto attuato dalla municipalità di Amsterdam che, a partire dal 1 luglio 2020, ha vietato definitivamente di affittare camere o interi appartamenti in tre distretti del centro storico e ha introdotto negli altri quartieri l’obbligatorietà della richiesta della licenza e della comunicazione di ogni affitto in anticipo. Inoltre, l’affitto della propria casa — in cui si deve essere residenti — non potrà superare i 30 giorni all’anno. A Lisbona invece, il piano della municipalità è quello di riconvertire le locazioni turistiche rimaste vuote in affitti a prezzi accessibili per lavoratori stabili della città tramite incentivi economici ai proprietari. Il piano fa parte di un insieme di strategie pensate per riportare i cittadini al centro della capitale portoghese.
La normativa vigente in Italia
Prima di affrontare le modalità di regolamentazione delle locazioni turistiche è utile analizzare — sinteticamente — la normativa vigente in materia. Le competenze in materia di locazioni turistiche coinvolgono più livelli di regolamentazione: quello nazionale, quello regionale e quello comunale.
Come rilevato dal nostro Giacomo Menegus,
“… si potrebbe osservare che la locazione per finalità turistiche, pur essendo animata da motivazioni appunto turistiche, non costituisce propriamente una tipologia di struttura ricettiva, ma piuttosto una fattispecie contrattuale di diritto civile. E per tale motivo andrebbe ricondotta alla competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile di cui all’art. 117, c. 2, lett. l) Cost. Guardando alla questione da una diversa prospettiva, si potrebbe tuttavia obiettare che la locazione in parola riveste ormai un ruolo di primo piano nell’ambito dell’ospitalità turistica, concorrendo a determinare la ricettività turistica di un dato territorio assieme alle più tradizionali strutture alberghiere ed extra-alberghiere. E per tale motivo non potrebbe sottrarsi alla competenza residuale delle Regioni in materia turistica di cui all’art. 117, c. 4, Cost., nella quale rientra la disciplina delle strutture ricettive.”
In tal senso si è espressa in effetti la stessa Corte costituzionale, che ha confermato la competenza legislativa delle Regioni per quanto riguarda le funzioni di promozione, vigilanza e controllo sull’esercizio delle attività turistiche, ivi comprese le locazioni turistiche (ferma restando la competenza statale per gli aspetti afferenti all’ordinamento civile, quali la disciplina contrattuale e quella dell’impresa).
Al netto di quanto si dirà nelle proposte (v. sotto Cosa si può fare), i Comuni non dispongono invece di strumenti per normare direttamente le locazioni turistiche — dal momento che le competenze legislative e regolamentari in materia vanno ricondotte in capo ai livelli di governo superiori — e devono pertanto limitarsi a interventi indiretti, incentivando o disincentivando la diffusione di questa forma di ospitalità (ad es. inasprendo le tariffe TARI o l’imposta di soggiorno). Tuttavia sono assai rilevanti le funzioni amministrative, specie per quanto riguarda i controlli e i vari aspetti burocratici connessi all’avvio di una locazione turistica.
a) La normativa nazionale
Il Codice del Turismo (D.Lgs. 79/2011, articolo 53) rimanda alle disposizioni del Codice Civile, che regola esclusivamente gli aspetti di tipo civilistico che riguardano perlopiù i rapporti tra il proprietario e i conduttori degli appartamenti. Allo stesso modo l’articolo 4 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50 (“Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo”, convertito dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96), che estende l’applicazione della cedolare secca ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve, ha finalità esclusivamente fiscale e non disciplina i rapporti contrattuali tra le parti.
Ad oggi disatteso — su questo infatti sarebbe dovuto intervenire l’emendamento al DL milleproroghe — l’articolo 4, comma 3 bis che prevede che il Ministero dell’Economia e delle Finanze promuova un regolamento che definisca i criteri in base ai quali l’attività di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni consecutivi si presume svolta in forma imprenditoriale.
b) La normativa regionale
In Veneto le locazioni turistiche sono regolamentate dalla LR 14 giugno 2013, n. 11 (BUR n. 51/2013) e dalla Legge Regionale 19 giugno 2019, n. 23 (BUR n. 66/2019).
La Legge Regionale 11/2013, (con le successive modifiche) ha comportato una ridefinizione del settore ricettivo, sostituendo le 13 categorie extralberghiere precedentemente in vigore con 5 tipologie di strutture complementari. La novità più importante è la definizione, all’articolo 27 bis, della tipologia di “locazione turistica” per indicare le unità abitative, non aperte al pubblico, date in affitto esclusivamente per finalità turistiche.
La Legge Regionale 23/2019, oltre ad aumentare le sanzioni per chi viola le norme sulla locazione turistica, introduce due novità importanti che integrano l’articolo 27bis della Legge Regionale 11/2013:
- L’obbligo del codice identificativo univoco per gli alloggi in locazione turistica, da esporre anche negli annunci online secondo il regolamento regionale
- Il divieto di fare locazione turistica in alloggi privi della conformità alle prescrizioni statali e regionali in materia urbanistica, edilizia, igienico-sanitaria e di sicurezza degli impianti.
Si tratta di interventi normativi finalizzati essenzialmente ad agevolare le attività di controllo e monitoraggio di questa tipologia di locazione.
Al momento dell’emanazione di questa Legge, sul portale comunale con la mappa delle strutture ricettive (GeoIDS) erano registrate più di 5.000 locazioni turistiche nella sola Venezia (Città Antica) e più di 6.500 in tutto il territorio comunale (Per i dati aggiornati, si veda il bollettino mensile pubblicato sul sito di Ocio).
c) La normativa locale
Il Regolamento edilizio del Comune di Venezia, pubblicato il 4 febbraio 2020 ed entrato in vigore dieci giorni dopo, ha introdotto alcune norme che interessano il settore:
- obbligo di accesso separato rispetto alla residenza per le strutture ricettive;
- negli edifici con 2 o più unità immobiliari siano ammesse più unità adibite a B&B o a locazione turistica solo se — fra di loro — non siano in comunicazione fisica o in continuità diretta;
- obbligo di fosse settiche per tutte le locazioni turistiche gestite in forma non imprenditoriale che saranno aperte successivamente all’entrata in vigore del Regolamento Edilizio. (Valido per la Città Antica e le Isole);
- definizione delle superfici delle stanze da letto destinate ad ospitare più di 2 persone (+6 mq per ogni persona aggiuntiva rispetto ai 14 mq previsti per la “camera doppia”).
Cosa si può fare
Spesso le proposte per una regolamentazione più stringente delle locazioni turistiche sono considerate impraticabili, perché ritenute contrarie al diritto europeo oppure incostituzionali.
Si tratta di convinzioni infondate: il diritto europeo non impedisce infatti di disciplinare il settore delle locazioni, purché ciò avvenga entro certi limiti (v. in particolare la Direttiva servizi). Le molte leggi introdotte in altri paesi europei lo testimoniano e, di recente, l’Avvocato generale ha riconosciuto che persino le previsioni più gravose della normativa francese, in linea di principio, non si pongono in contrasto con il diritto dell’Unione.
Neppure si può dire che qualsiasi intervento sia senz’altro incostituzionale: basti ricordare che l’art. 42 Cost. riconosce sì la proprietà privata, ma prevede che la legge ne determini “i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale”. Proprio su tale base in passato si sono ritenuti non in contrasto con il dettato costituzionale, ad esempio, previsioni di blocco dei canoni di locazione degli immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, parte del più ampio regime vincolistico.
Se nel nostro caso il legislatore intervenisse tracciando un bilanciamento non irragionevole tra diritti dei proprietari locatori e esigenze di tutela della residenzialità, non dovrebbero porsi problemi di legittimità costituzionale.
Detto questo, si tratta di individuare le soluzioni possibili. Qui ne proponiamo alcune:
a livello nazionale: si potrebbe riprendere la proposta di legge n. 2079 dell’on. Pellicani, riformulandola nei seguenti termini:
- individuare per legge i caratteri qualitativi e quantitativi (ad es. numero di alloggi locati riconducibili allo stesso proprietario) in forza dei quali si presume l’esercizio in forma di impresa dell’attività di locazione turistica. In questo modo, si distinguono attività che rientrano davvero nella sharing economy e quelle che invece fanno sostanzialmente accoglienza turistica al pari delle strutture ricettive extra-alberghiere. Ciò consentirebbe di ridurre la concorrenza sleale a danno delle strutture ricettive vere e proprie e assicurerebbe alle Regioni un maggior margine di intervento in materia;
- introdurre autorizzazioni (licenze) a livello comunale che consentano alle città con emergenza abitativa (si potrebbero considerare tali i “comuni ad alta tensione abitativa” di cui alla legge n. 431/1998) di limitare il numero di locazioni turistiche su base annuale, eventualmente prevedendo sistemi di rotazione delle licenze tra i proprietari interessati. Ciò permetterebbe di contenere e controllare il numero di alloggi sottratti al mercato delle locazioni residenziali;
- introdurre limiti ai pernottamenti, come già ampiamente praticato in altri contesti europei, per esempio in Francia, dove non è possibile locare a breve termine un appartamento per più di 120 giorni l’anno. . Lo scopo di tale limite deve essere quello di rendere più redditizio l’affitto residenziale rispetto a quello turistico, il quale, con il limite di giorni annui, rimarrebbe un’opzione conveniente solo per quegli alloggi che, per svariati motivi, non rientrerebbero comunque nel mercato residenziale. In questo spirito, a differenza di quanto suggerito dallo stesso Sindaco in carica, il numero da porre come limite dovrebbe essere calibrato sul contesto specifico veneziano, dopo uno studio preliminare sul suo impatto reale nel disincentivare, sotto il profilo economico, i proprietari a locare ai turisti
- richiedere forme di collaborazione e co-responsabilizzazione delle piattaforme che ospitano gli annunci di locazione turistica. Vista la pervasività del fenomeno, i controlli sull’applicazione reale della regolamentazione, per essere efficaci, non possono gravare solo sulle autorità locali o nazionali. Per questo, è indispensabile chiedere che le piattaforme digitali, come Airbnb, collaborino nel controllo di quanto ospitato nei loro siti web, perlomeno in due modi: fornendo ai Comuni i dati aggiornati su annunci e prenotazioni che avvengono tramite le piattaforme e subordinando la pubblicazione di annuncio alla presenza, ben visibile, del codice univoco associato a ciascuna proprietà pubblicizzata.
Naturalmente, per far sì che tali interventi siano efficaci ed adeguati, la definizione dei criteri e dei parametri suddetti dovrà partire da una solida base conoscitiva e dovrà essere accompagnata da un’attenta valutazione dei potenziali impatti di tale regolamentazione.
a livello regionale e locale: tramite legge regionale e strumenti urbanistici comunali (art. 23-ter, d.P.R. n. 380/2011), si potrebbero già introdurre limitazioni al mutamento di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale residenziale (anche a prescindere dall’esecuzione di opere edilizie), distinguendo tra residenza stabile e residenza temporanea-turistica. Ciò consentirebbe di porre un freno al dilagare delle locazioni turistiche nelle aree in cui si riscontra una maggiore penuria di immobili destinati al mercato residenziale.
È necessario tuttavia individuare elementi idonei a distinguere le due tipologie (ad es. durata del contratto di locazione inferiore a 30 giorni) e vi sarebbe pur sempre il limite della cd. “preesistenza vincolante” (non si potrebbe cioè incidere sugli immobili già offerti in locazione turistica). Non si tratta quindi di un percorso rapido e agevole, ma gli strumenti ci sono.
Nel frattempo, utilizzando meccanismi già sperimentati con la Legge Speciale, si potrebbero offrire contributi per la riqualificazione di immobili già offerti in locazione turistica, previa stipula di una convenzione quindicennale o atto unilaterale d’obbligo con cui il proprietario che si impegna ad adibire l’immobile ad abitazione principale o a darla in locazione (non turistica).