Pensiero stupendo

Riflessioni semiserie (e rappuse) alla vigilia del voto negli Stati Uniti

Fabio Germani
Off The Benches
5 min readOct 30, 2020

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Insomma, è questione di giorni. L’election day è vicino, stavolta sul serio. Quando ci leggeremo tra una settimana, forse non sapremo ancora il nome del vincitore, ma almeno si sarà votato e faremo anche qui le nostre analisi, sicuramente in chiave hip hop. Prendiamo il 2016, per avere un metro di paragone. A perdere le elezioni furono, nell’ordine, Hillary Clinton, per ovvie ragioni, poi JAY-Z e Beyoncé. Re e Regina si esibirono in concerto a Cleveland (Ohio) il 4 novembre — quattro anni fa si votò l’8 — , in occasione di un evento per la campagna dei Democratici. Sul palco baci e abbracci. L’ottimismo. La speranza.
Più tardi, da un altro angolo di America, Trump stava tenendo il suo comizio a Tampa (Florida): «Hillary Clinton afferma di non usare il linguaggio volgare di Trump, in tutta la mia vita non ho mai usato il linguaggio di JAY Z». Storia vecchia, questa del rapper cattivo. Anche se non è il rapper a correre per la presidenza.

Scene di quattro anni fa

Già all’epoca, dunque, eravamo al cospetto di questa visione particolare dell’America divisa in due, di una comunicazione pre e post-Trump, del politicamente corretto vs. il politicamente scorretto (a dire il vero si tratta di una condizione di lunga data, ma che con Trump ha trovato nuova linfa). Progressi da allora? Zero. Anzi, se possibile, il dibattito è stato portato all’esasperazione, mentre JAY-Z e Beyoncé si sono tenuti distanti dalla campagna elettorale. Un sostegno indiretto alla causa non è mancata, comunque, non fosse altro che questo resta un tempo di pandemia e di cose da fare ce ne sarebbero tante, inutile spiegare perché. Ma la faccia, stavolta no, non l’hanno messa, almeno non come in passato.

In generale, escludendo le acrobazie di Kanye West, l’universo hip hop si è schierato dalla parte di Joe Biden. Ci sono anche rapper a favore di Donald Trump, ci mancherebbe, anche se niente di così rilevante, mezze calzette perlopiù. E anche l’endorsement di 50 Cent della scorsa settimana, che tale non era mai stato sul serio, alla fine è rientrato. Sempre a modo suo, del personaggio social qual è, cioè cazzeggiando. Poi sì, Lil’ Wayne ha pubblicato su Twitter una foto con il presidente, riferendo di un incontro tra i due per parlare del Platinum Plan, lo stesso che di recente ha messo in difficoltà Ice Cube con i suoi fan. Ma siamo onesti: di un impegno politico di Lil’ Wayne, in chiave dem soprattutto, non si ha memoria. Sempre meglio contestualizzare.

Il tweet di Lil’ Wayne
La risposta di 50 Cent a Lil’ Wayne

Esistono le opinioni, spesso discordanti, talvolta aspramente discordanti, come è giusto che sia. E quest’idea del “pensiero unico” mi ha sempre fatto sorridere. Cosa è il “pensiero unico”? Di solito chi lo paventa è perché ha intenzione di imporre la sua, di visione, che intendiamoci, è un esercizio legittimo, a patto che non sfoci in derive lontane dai principi democratici. Potremmo anche finirla qui, invece si è creata questa dimensione dicotomica del politicamente scorretto e del politicamente corretto, due entità in lotta, un mondo reale — il primo, del popolo (?) — e uno virtuale — il secondo, delle élites (!). Uno scontro ideologico che ci ha portati addirittura a litigare sull’uso delle mascherine. Che c’entra il rap? C’entra che qualcosa di politicamente scorretto come il rap, trovatelo, se siete in grado. Qualcosa che, prima di diventare quello che è diventato, ha sperimentato cosa sia la guerra tra poveri, la stessa cui stiamo assistendo in questi giorni, che sono ormai una corsa a ostacoli. Ma di nuovo: il rap è bello quando non insulta, altrimenti è brutto e cattivo. Il “pensiero unico”, dicono quelli.

Prima di salutarci, alcune avvertenze sul voto di martedì della prossima settimana. No, non faremo un bignami sul sistema elettorale negli Stati Uniti, non è questa la sede più appropriata (per chi è interessato: abbiamo pubblicato molti articoli sulle elezioni presidenziali americane in questi mesi su T-Mag, il giornale per cui lavoro, lì troverete senz’altro tutte le informazioni utili, posto che online di approfondimenti quante ne volete). Ci limiteremo, piuttosto, a sottolineare che chiunque vi dica, in questi giorni, «vince Tizio» o «vince Caio», sta mentendo, semplicemente perché non può saperlo. È molto probabile, invece, che non riusciremo a dichiarare il vincitore la notte del 3 novembre, come abbiamo scritto all’inizio, figuratevi se qualcuno può lanciarsi, adesso, in previsioni certe. Se conoscete qualcuno che lo ha fatto, o che lo sta facendo, è perché probabilmente è troppo innamorato delle sue teorie (ci sono quelli che «fui l’unico ad azzeccare la vittoria di Trump», oppure quelli che l’America la capiscono soltanto loro perché hanno vissuto un paio di anni a New York e «ho parlato con la gente, lì!», teneri…). L’alternativa è che il vostro interlocutore stia esprimendo un auspicio, ma niente di più: diffidate di chi vuole convincervi di un esito o dell’altro. È un pensiero unico contro un pensiero unico. Ops.

Altre cose di cui si sta parlando

Kendrick Lamar ha firmato per la Universal Music Publishing, che di fatto comporta una nuova partnership per la TDE. Sempre più imminente l’arrivo di un nuovo disco di Kendrick? Speriamo. Intanto ce lo godiamo nell’ultimo singolo di Busta Rhymes, Look Over You Shoulder.

Rapsody è stata premiata qualche giorno fa ai BET Hip Hop Awards 2020 come Best Lyricist of the Year. Si può dire che si tratta di un riconoscimento strameritato senza per questo apparire melensi?

I consigli del venerdì

Come già accadde quattro anni fa, Common esce con un nuovo album a ridosso del voto, con produzioni di Karriem Riggins e Robert Glasper, A Beautiful Revolution (Pt 1). Common, inoltre, è più attivo che mai in queste ore in vista dell’election day.

Ah, beh, sì, di Busta Rhymes è uscito proprio l’album: Extinction Level Event 2: The Wrath Of God.

La prima newsletter è stata spedita il 5 giugno e nei piani iniziali doveva essere una sorta di raccoglitore degli articoli che mano a mano pubblicavo su Off The Benches. Poi è successo che Off The Benches si è fermato al 18 giugno, mentre Mookie, la newsletter, è proseguita ininterrottamente, tranne un paio di settimane ad agosto, trasformandosi in un racconto della campagna elettorale statunitense diverso dall’ordinario. Perciò, questo, è un po’ il primo giro di boa per Mookie. Grazie a tutti, vi si vuole bene davvero e alla prossima settimana!

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Fabio Germani
Off The Benches

Giornalista. Direttore T-Mag. Un ebook su rap e politica. Off The Benches su Medium. Mookie su Substack.