Il futuro passa sempre attraverso l’immaginazione.

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6 min readAug 18, 2015

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La mia personale “connessione di puntini” del 2014.
Tutta colpa di Jules Verne.

Qualche giorno fa ho cercato su internet la biografia di Jules Verne. Wikipedia racconta un aneddoto storico che lo riguarda:

“Nel 1839, a 11 anni, fuggì di casa imbarcandosi su una nave diretta nelle Indie; il padre magistrato lo ritrovò immediatamente a Paimbœuf.
La fuga nelle Indie era motivata dal desiderio di regalare a sua cugina Carolina, di cui era follemente innamorato, una collana di coralli.
Fu in quell’occasione che giurò a suo padre che non avrebbe più viaggiato
tranne che in sogno.

Per i primi anni fece fede alla sua promessa, cominciò a scrivere dando libero sfogo alla sua immaginazione, alimentata dalla passioni per la cartografia, la geografia, e la tecnica (Dalla Terra alla Luna, Viaggio al centro della Terra).

Poi cominciò realmente a prendere le vie della terra e del mare, e ad esplorare da studioso quelle del cielo, che lo ispirarono per altri capolavori (L’isola misteriosa, Ventimila leghe sotto i mari, Il giro del mondo in 80 giorni).

Ecco come un piccolo episodio abbia permesso di regalarci i suoi capolavori.
Ecco come ha contaminato generazioni con la sua immaginazione.
Ecco come ha cambiato la vita di tutti noi lettori.
Ecco come abbia guidato l’innovazione e fatto la storia.

Pensiamo a Simon Lake: il più grande progettista di sottomarini al mondo, detentore di oltre 200 brevetti, a suo dire è sempre stato guidato dalla penna di Verne, e lo ha sempre considerato la sua maggior fonte d’ispirazione.
O lo stesso Jacques Cousteau che ha detto di considerare “Ventimila Leghe Sotto i Mari” la Bibbia di chi va per mare.

Ma più avanti nel tempo troviamo la generazione della società fantascientifica degli anni 50/60/70: Asimov, Philip Dick, Heinlein, Vonnegut, e tanti altri. Impossibile non pensare alla collezione Urania.

Tutte queste persone sono quelle che io considero i veri innovatori.
Queste persone sono quelle che hanno osato immaginare il futuro al fine di renderlo possibile.

Qualche esempio.
Pensiamo alle porte automatiche tramite fotocellula dei supermercati. Arriviamo con il carrello in prossimità della porta d’entrata e questa si apre da sé. Questa innovazione si trovava già in libri fantascientifici di quel periodo.

Innovazione resa famosa nella serie Star Trek: il capitano Kirk, Spock, o Scotty mentre si muovono e cambiano stanza all’interno dell’Enterprise non hanno bisogno di maniglie o pomelli, le porte si aprono e chiudono automaticamente solo arrivandoci vicino.

Oppure pensiamo anche ad esempi sicuramente più utili come la TAC (Tomografia Computerizzata).

The Scanner Story. Documentario sulla nascita della Tomografia Computerizzata.

Ovviamente al tempo non c’erano le tecnologie per poterla realizzare, ma era stata comunque immaginata nei libri: si parla di un grosso cilindro dove le persone entravano per poter essere “scansionate”, analizzando così se c’era qualcosa nel corpo umano che non andava.

O gli stessi smartphone, pensati come un oggetto tascabile che faceva da assistente personale, e che aveva risposta a qualsiasi domanda gli si poneva.
La lista è lunga.

Tutte le cose che sono state inventate sono state prima di tutto immaginate.

C’è un bellissimo articolo su The Guardian relativo ai cambiamenti più influenti del millennio scorso. Si parla dell’introduzione delle logiche di mercato del 13° secolo, del declino della violenza personale durante il 16°, o di tutte le rivoluzioni scientifiche del 17°, e così via.

Arrivando a noi, quello che l’articolo considera come il più grande cambiamento avvenuto nel 20° secolo: è la presa di coscienza del futuro.

Viene denominata nell’articolo “L’invenzione del futuro”.

Abbiamo cominciato a conviverci quotianamente.
Non possiamo fare a meno delle previsioni; meteo, finanziarie, tendenze, o anche solo visioni future di vita personale.
Ormai il concetto di futuro è in noi allo stesso livello di passato e presente.

Inoltre abbiamo acquisito la consapevolezza che possiamo agire per chi verrà dopo di noi.

Il fatto che nell’evoluzione si debba “passare il testimone”, l’ammissione che ci siano cambiamenti e rivoluzioni che impiegheranno più tempo di un semplice ciclo di vita umano.

Cominciamo, come collettivo, a pensare su come sarà il nostro ambiente (la Terra) fra 100, 200 anni, o più, cercando di pensare anche a chi verrà dopo di noi, alle nuove generazioni, provando a preservargli un futuro non peggiore di quello che stiamo vivendo.

Il futuro passa sempre attraverso l’immaginazione.

L’uomo ha da sempre inseguito con passione ciò che altri prima di lui avevano immaginato.

Da Sempre” suona come qualcosa di ancestrale (ovvero qualcosa che proviene dai nostri antenati, da un passato remotissimo).

Grazie al libro Guardare, Pensare, Progettare di Riccardo Falcinelli ho appreso che già Johann Herder nella seconda metà del settecento notava che l’uomo è l’unico animale che nasce senza un istinto: il ragno nasce e sa tessere senza che gli venga insegnato, così il gatto sa cacciare senza che nessuno gli impartisca lezioni, l’istinto dell’uomo sarebbe il linguaggio — conclude Herder — e quindi la produzione di competenze trasmissibili. La cultura non si oppone alla natura o all’istinto, la cultura è la natura dell’uomo, che viene al mondo senza abilità specifiche ma pronto plasticamente ad essere educato e a educare.

La parte del cervello che ha caratterizzato la crescente evoluzione dall’australopithecus all’homo sapiens pare sia proprio il lobo frontale e le aree corticali, che sono appunto le aree dedicate al linguaggio e all’immaginazione.

Un test scientifico fatto su 15 soggetti prevedeva di immaginarsi un calabrone con la testa di toro. Ovviamente nessuno ha visto nella realtà questa figura, ma tutti noi possiamo comunque riuscire a visualizzarlo nella nostra mente. L’uomo è l’unico animale in grado di poter far questo.
Pensate quindi a quanto sia “potente” questa nostra capacità.

A mio avviso, passando proprio per questo concetto, credo che l’uomo abbia perciò come sua abilità innata quella di visualizzare, di immaginare.

Bruno Munari. Autore del libro “Fantasia”

Munari nel libro Fantasia scrive che l’immaginazione è il mezzo per visualizzare, per rendere visibile ciò che la fantasia, l’invenzione, e la creatività pensano.

In parole più semplici:
la fantasia, l’invenzione, e la creatività “pensano”, l’immaginazione “vede”.

Albert Einstein diceva:
“L’immaginazione è più importante della conoscenza.
La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione.”

Tutte le cose che sono state inventate sono state prima immaginate.
Sempre.

Pensiamo a quante eccellenze hanno portato avanti questo pensiero.
Non serve spingersi fino a Steve Jobs, dato che anche in Italia abbiamo avuto persone come Meucci, Marconi, la Montessori, o lo stesso Adriano Olivetti.

Tutte persone che sono state tacciate di utopia, inizialmente screditate per questo, ma pensiamo a quanto queste persone sono concretamente riuscite a cambiare il mondo, quanto sia stato importante immaginare quello che potevano riuscire a fare.

Sono tutte storie talmente forti da essere quasi commoventi.

Ed è per quello che arriviamo al secondo aspetto: “la Passione”.
Passione deriva da pàthos, soffrire, patire.
Perché se abbiamo una passione soffriamo, patiamo appunto, se non riusciamo a dargli sfogo. Non ce la facciamo ad andare contro le passioni.

Credo quindi che sia nostra responsabilità continuare ad instillare il seme dell’immaginazione alle nuove generazioni, non reprimerla, ma anzi agevolarla, perché proprio da lì parte il cambiamento. Ed è questo che porterà ad evolvere, rendendo il mondo un posto ancora migliore.

Articolo di Riccardo.
(scritto a gennaio 2015)

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