Rankbrain: e se Google diventasse più intelligente?

Officina 31
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5 min readNov 11, 2015

Sono Lara, mi occupo di SEO e SEM da circa 5 anni, con esperienze molto varie e variegate. L’approccio a questo lavoro è stato più per curiosità che per esigenza, ma da lì in poi è stato puro amore. Sono sempre più convinta, malgrado le piccole e grandi difficoltà di ogni giorno, che il mio sia il mestiere più bello del mondo (dopo i pasticceri chiaro). Perché? Beh ovvio perché è una cosa viva, e perché in realtà al centro del mio lavoro c’è principalmente l’utente e le sue esigenze e non semplicemente la “macchina”.

L’utente al centro!

Da qualche tempo sta facendo capolino tra le altre varie ed eventuali collegate alla SEO, anche la cosiddetta SEO Semantica, ossia la possibilità che, in prossimo futuro (neanche così lontano), il motore di ricerca possa “Capire” il significato delle ricerche effettuate dagli utenti e rispondere in maniera adeguata al “perché” di una ricerca, interpretando, dunque, le intenzioni della ricerca stessa.

Ha fatto grande scalpore nel mondo SEO la pubblicazione di un articolo del 26 ottobre 2015 di Danny Sullivan in cui si parla di “RankBrain”, ossia un nuovo algoritmo che sarebbe in grado di comprendere in maniera più o meno puntuale, il significato delle ricerche degli utenti. Ovviamente questo articolo ha scatenato una miriade di commenti, altri post e altre riflessioni online, finendo per essere considerato la “Rivoluzione Copernicana” della SEO che si volge, quindi, alla Semantica.

In realtà voci autorevoli del settore hanno ribadito che Google da anni utilizza Machine Learning nei suoi algoritmi/filtri, e che di fatto il RankBrain non cambierà nulla nella SEO “pulita”, ossia fatta secondo le regole.

Quello che sicuramente potrà essere interessante lato SEO è il fatto che Rankbrain è segnalato come III° fattore più importante nella lunga lista di fattori che concorrono al posizionamento organico.

Ma partiamo dall’inizio.

Di RankBrain si parla dalla pubblicazione di Hummingbird (ormai datata a due anni fa). Con l’introduzione di Hummingbird (il Colibrì), si era posto l’obiettivo di far aumentare il rank, di quei contenuti più vicini alle “esigenze” degli utenti (ovviamente sulla base delle ricerche fatte), indipendentemente dall’ottimizzazione dei contenuti e della query di riferimento. Ma Hummingbird comprende altre parti dai nomi più altisonanti e certamente noti alla community dei Seo come per esempio Panda, Penguin e Payday Loan (pensati per la lotta allo spam), Pigeon (dedicato alle ricerche locali), Top Heavy (finalizzato alla lotta ai siti con troppi banner) o Mobile Friendly (il famigerato Mobilegeddon, che ha premiato i siti adattabili per i dispositivi mobili).
Dunque RankBrain rappresenta quindi solo uno delle componenti della ben più complessa struttura dell’algoritmo.

Non è ancora molto chiaro come agisca ma è stato presentato come l’aspetto cosciente e che apprende di Google, utilizzato per interpretare le ricerche degli utenti che potrebbero non includere la keyword di ricerca (non si parla solo dell’uso dei sinonimi che invece trova ampio spazio già da qualche tempo nei risultati dei motori di ricerca).

Google è già in grado di stabilire relazioni tra parole chiave e “concetti” correlati

In ogni caso, nonostante le voci che da più parti si alzano, assistiamo quotidianamente a piccole evidenze che, lette con occhi esperti ed aperti, lasciano pensare che la rivoluzione sia in atto, non solo tramite test o progetti pilota, ma anche nella nostra vita quotidiana di utenti che effettuano ricerche e usano il web in maniera attiva e consapevole.

Quali sono, dunque le possibilità che un approccio semantico offre a livello di posizionamento organico?

Capire quali siano le reali intenzioni degli utenti (il PERCHE’) rappresenta per tutti i Seo la scoperta della pietra filosofale, oro colato non solo per la mera comprensione delle ricerche e, quindi delle keyword, (da quando analytics ci ha appioppato il Not provided al 100% si è scatenata una psicosi generale da armageddon della SEO) ma anche la conoscenza dei mercati e, soprattutto, degli utenti.

Certamente siamo ancora in una fase di sviluppo, e strettamente dipendente da alcuni elementi onpage e offpage (o di contesto e “umani”) che impattano sulla “comprensione” da parte del Motore di ricerca. Google infatti è già in grado di identificare i modelli fra ricerche complesse apparentemente non connesse tra loro e comprenderne le similitudini e, cosa ancora più importante, Google è in grado di associare queste ricerche con risultati che pensa potrebbero piacere agli utenti.

E come lo fa? Creando RELAZIONI tra le parole chiave ed i concetti (quindi il significato).

Se il motore di ricerca conosce il significato del concetto che uso, se riesco a creare contenuti pertinenti diffusi online, se questo concetto viene associato ad altre discussioni e documenti anch’essi pertinenti, allora si creerà un’espansione del campo semantico importante a tal punto che il motore di ricerca considererà il nuovo concetto come un correlato.

Ma facciamo un esempio

Prenderò spunto da un SEO italiano molto conosciuto (Francesco Margherita) che nei vari interventi utilizza un esempio estremamente calzante e appropriato. Attualmente se si effettua una ricerca per la parola chiave “Guanciale” si otterranno risultati relativi al cuscino da letto. Ma in realtà “Guanciale” in lingua italiana sta a significare anche “la pancetta” alla base della ricetta della pasta all’Amatriciana tipica della cucina romana. Ora se ci fosse un inversione di tendenza e tutti gli utenti cliccassero tra i risultati della ricerca “Guanciale” quelli relativi alla ricetta dell’amatriciana, google sarebbe in grado di attribuire un ulteriore “significato” alla parola chiave “guanciale”.

Google SA che le parole possono essere ambigue e quindi rientrano in più ambiti lessicali, per questo motivo la differenza in questo senso la fa la corretta associazione e la corretta interpretazione di informazioni a disposizione tramite i più svariati strumenti (Adwords in testa) oltre che l’interpretazione e la correlazione tra parole chiave usate dagli utenti.

Ogni tipo di mutamento passa per il comportamento umano e, proprio per questo motivo la SEO consente di ampliare il raggio di conoscenza spostando un po’ più in là “le colonne d’Ercole” della “disciplina” (se poi così si può chiamare).

Dunque, concludendo, di fatto ad oggi Hummingbird non è la soluzione al problema (o alla possibilità) della SEO Semantica, il “Fattore Umano”, che ha un impatto molto più importante di quanto si creda, rimane ancora imperscrutabile alla macchina, ma quanto sta accadendo a Google sta dimostrando ai tanti specialisti della SEO che le manipolazioni dei risultati dei motori di ricerca tramite tecniche più o meno ammesse, si stanno via via riducendo.

Alla fine quel che importa è sempre e comunque l’utente.

Quali siano i possibili scenari futuri ancora non è completamente chiaro, quel che ci resta da fare è restare aggiornati, testare ogni cambiamento e pensare all’essere umano e non alla macchina, poiché Google stesso ha incentrato ogni tipo di attività intorno all’utente, e se lo fa Google perchè non noi?

Per continuare ad aggiornarsi e approfondire vi segnalo alcuni link di SEO italiani all’avanguardia come per esempio:

Davide Tagliaerbe Pozzi

Francesco Marghetita

Giorgio Tave forum

Riccardo Mares

Articolo scritto da Lara

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