Attimo
ok with my decay
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2 min readMar 27, 2020

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Attività

Le circostanze della vita mi impongono questa mattina di fermarmi in autogrill mentre sto andando al lavoro. Incrocio all’entrata un camionista, rappresentante di una categoria tra le poche ancora a disporre della libertà di poter andare dove non si ha voglia di andare, beve di fretta, come un saluto distratto per spegnere un litigio, un caffè in un bicchiere di carta. «Allora lo fanno», gli chiedo, «solo se poi lo bevi fuori di qui», mi risponde porgendomi con asciutto garbo in un’unica frase le leggi della fisica quantistica che regolano le interazioni tra rancorosi romantici esseri umani. Entro comunque, perché non sono alla ricerca di un caffè e nemmeno di risposte, e finisco in un libro di McCarthy, un cartone animato di Ken Shiro, una vita disegnata male: mensole semivuote, spazi serrati, una sciatteria da autogrill non più simulata, instillata, ma autentica, onesta, disarmata e disarmante. Non c’è nessuno, addirittura parte delle illuminazioni sono spente, e da dietro il bancone spunta una donna, sembra quasi divertita, perlomeno non irretita dalla mascherina, dalla situazione, dalla pandemia. Le chiedo quello che mi serve, «non ce l’abbiamo, non ci riforniscono più», e sorride mentre fa un passo indietro, ritraendosi in un mondo dove la rovina si può ancora osservare, declinare, sfiorare, battere su uno scontrino. Non è il mio. Nel mio mondo la pioggia di marzo non è acqua brasiliana ma neve di Bologna Fiera, la portineria delle torri abbandonata come una fortezza espugnata, nel mio mondo noto con il collega come i libri nei ripiani del book crossing nell’atrio «sono tutti brutti, ma non dovrebbero essere un dono?», nel mio mondo al tredicesimo piano, la figlia del collega ha tre anni e al telefono racconta al padre che stamane «ha fatto un’attività», dice proprio così, “attività”, dimostrando di aver assorbito con la stessa dolcezza di un funzionario del catasto gli insegnamenti della maestra d’asilo, e di quanto sia veloce, in questo mondo, diventare quello che ci è venuto a mancare.

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