Fermissimo

Attimo
ok with my decay
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3 min readJun 21, 2019

21 febbraio 2015

C’è questa cosa che non mi torna, riguardo Bologna sventrata dai lavori su via Rizzoli, riguardo Via Carracci. Presto la strada che sa del nostro futuro molto più degli oroscopi di Brezsny verrà liberata da quelle impalcature che hanno segnato una generazione, la nostra, passata a cercare la risposta in cielo fermi sui binari e trovarla sempre in quella scritta metafisica, ASTALDI, che a volte, nelle giornate dal cielo più terso e limpido, pareva quasi ondeggiare avanti e indietro, una risposta che ci appariva più viva delle nostre intenzioni, salvo poi rendersi conto che non si trattava altro che di un operaio addormentatosi sulle leve di comando. Via Carracci liberata è una piazza restaurata dopo un bombardamento ricostruita esattamente come era prima, rimuovendo accuratamente tutti i segni lasciati dai caccia bombardieri, sostanzialmente diventa una menzogna buona per lavarsi la faccia alla mattina. C’è qualcosa che non mi torna in quel mercato coperto lungo via Ugo Bassi che non avevo mai notato prima, ma lo scopro soltanto a casa, prima mi lascio girare la testa dai cappelli usati come lampadari, dalle sedie per bambini così minuscole e così vuote, perché bambini non ce ne sono ma persone in piedi sì, da quella teglia di olive nere a fianco al nostro bianco fermo, anzi, “fermissimo”, a quella panca minuscola nei bagni che non riesco a fotografare perché sorpreso da altri avventori in coda per svuotarsi, e ormai più che un fotografo mi sento un ladro. C’è qualcosa che non mi torna in quel mercato, in via Carracci e in quella Bologna dove tutti stanno mangiando, stanno bevendo, stanno parlando, ricolma di locali dove vengono eseguite pedissequamente queste attività come un rito collettivo, una marcia marziale, una litania ripetuta nelle navate laterali di una chiesa di campagna: è una patina, invisibile, che lascia una traccia sui loro volti come quel fard che si applica disegnando un tre (quando non riusciamo nemmeno a contar fino a due) dalla fronte lungo le gote fino al mento. E finiscono per essere tutti leggermente abbronzati, leggermente opachi, una polvere come quando piove sabbia dal deserto e i vetri della macchina rimangono sporchi per settimane: riveste tutto, le sedie per bambini, il banco della macelleria finta, i lampadari a forma di tuba, il nostro vino, i lavori stradali, i balconi che danno sulle corti interne di via San Vitale, la birra rovesciata sui nostri giacconi, gli addetti alle pulizie con la divisa del Maggiore, i camerieri che si lisciano vanesi il pizzetto, il fiatone che ti prende sempre su via Galliera, e di nuovo tutte quelle facce che masticano, deglutiscono rivestiti di fard. È questo che non mi torna, di Bologna, quella patina collosa come le nostre elle e zeta che ci trasciniamo fino a Ferrara, dove dobbiamo affidarci a dialetti estranei per spiegare l’impossibile, dove seduti nei pressi dell’uscita del locale ti avvicini e cerchi di dare dignità a questa situazione che dura da quando siamo nati e riguarda praticamente tutti con un’onesta affermazione come “dai, dicono che la speranza sia l’ultima a morire” e ti lascio tanto per cambiare una risposta fuoriluogo come “peccato che i penultimi siamo noi”, dove appendiamo ai muri agli angoli delle strade screenshot di conversazioni su Whatsapp come fossero foto segnaletiche, e la ricompensa prevista sarà un bianco “fermissimo”, sarà struccarci prima di andare a letto, per non macchiare il cuscino, sarà riuscire a rimanere zitti.

Finalmente è sabato e sta per iniziare a piovere, il sole se ne sta andando e ci concede ancora una tregua: verrà la primavera e ci sorprenderà nei corridoi dei regionali veloci a raccogliere cartoline per nulla rincuoranti, con la minacciosa scritta “Io ti capisco” firmata Dio. Oggi è sabato però, oggi è sabato però, oggi è sabato però: la mia preghiera dell’alba prima della pioggia senza il sole. Sta per piovere per almeno vent’anni e questa fossa diventerà finalmente un posto ideale per simulare una battaglia navale tra bastioni. Colpiti e affondati.

Originally published at somewhere, Februray 21st, 2015

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