Offida

Attimo
ok with my decay
Published in
2 min readMar 19, 2020

6 settembre 2018

“Professore, ecco ‘Giallo’”, e la tabaccaia allunga una copia di una rivista (di cui non sospettavo l’esistenza) a un anziano dall’addome pronunciato, capelli bianchi appassiti come una giornata senza aver dormito e la fronte corrucciata. Il professore cammina incerto, raggiungendo in un tempo incommensurabilmente lungo l’uscita. Fuori c’è una luce limpida, cortese ma decisa come le colazioni al bancone a Colli del Tronto, dove le paste le puoi prendere da solo e sempre da solo puoi assistere inerme ai titoli di SkyTg24 che scorrono sul televisore a un volume troppo alto, per le cinque e mezza del mattino. Nelle scarpe il fango di strade secondarie che hai tentato di violare per raggiungere la traccia, finendo regolarmente bloccato da fittoni, blocchi di cemento, solchi troppo divaricati per farci passare un’auto o stendere il tuo corpo per dormire almeno il tempo di una scarica elettrica. E in una giornata al contrario, che inizia quando vai a dormire, ci sono le sedie strascicate dei bar che stanno per aprire nelle vie storte di Ascoli, che dischiudono piazze di un bagliore intollerabile e implacabile. Il vento che ti stringe le caviglie nude ti ricorda il prezzo da pagare per essere l’unica persona sveglia a passeggio nel centro di una città alle quattro del mattino. E risalendo da Castel di Lama, procedendo all’indietro, c’è il buio intaccato dal bagliore delle stelle, disordinate nel cielo nero ma incomprensibilmente mute nel loro brillare bianche ed inerti. Un buio che ti fa sentire cose che avevi soppresso, il fruscio dei cinghiali nei boschi poco lontani, il ferro gelido di inizio settembre dei guardrail a bordo carreggiata, la consapevolezza che se esiste un te stesso, è sicuramente impigliato ai rami. Risalendo fino a Offida, alle tre del mattino si sente un colpo di tosse da una finestra pervicacemente ancora aperta, anche a settembre, distante diversi isolati. E poi non si sente nulla, e il silenzio è così perentorio che smetti di respirare anche tu e rimani in apnea. C’è un tizio che dorme in macchina, parcheggiata di sbieco a fianco della rocca, e nessuno se ne accorge perché nessuno abita la notte di Offida, a parte un colpo di tosse, e nessuno abita questa notte e le successive e si può così anche dormire in macchina, nel pieno centro del paese, e ti chiedi se questo sia lavoro, attaccare locandine senza far rumore per non svegliare sconosciuti che dormono in macchina senza nemmeno parlare coi cani, per non svegliare colleghi che dormono a fianco a te e non si scuotono nemmeno quando acceleri nei tornanti che lasciano alle spalle la Valtesino, nemmeno quando importuni anziani che stanno pulendo un bar a Cupra Marittima, nemmeno quando di fronte al nero del mare le stelle si vergognano, di essere bianche, e cadono in acqua.

Originally published at somewhere on September 6, 2018

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