Attimo
ok with my decay
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1 min readFeb 21, 2019

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I’m desperate

Residui di scelte: un corso serale di linguaggi di fotografia a Bologna, sette lunedì tra gennaio e febbraio, tra una stazione e l’altra, per provare a non tremare quando si parla agli estranei, concentrarsi sui contenuti, uscire di casa.

Di queste sette lezioni, restano soprattutto i tragitti verso la stazione che tagliano il centro di Bologna al lunedì sera: quando è deserto, quieto, mite, quasi giusto. E quindi riesci ad ascoltarlo. Rimane il racconto della sorella parrucchiera di Gianni Morandi che abitava nel Ghetto. Porti con te impressa sulla retina la foto «I’m desperate», il cartello retto in mano da un giovane business man, sulla copertina del libro di Gillian Wearing, che dava cartelli in mano ai passanti invitandoli a scriverci sopra quello che loro volevano dire agli altri, invece che quello che gli altri volevano sentirsi dire. Ti rimane di questi lunedì sera le voci di ignari passa ti: lei che spiega di lui andato a studiare in Norvegia «e ha detto bòn, basta», il 2–1 del Bologna a Roma, secondo i netturbini in via Galliera «annullato, come sempre». Il panino incartato, il controllore leghista del treno, le cartoline lasciate fintamente per caso sui seggiolini, il repentino alzarsi in piedi alla fine della lezione da parte di tutti i corsisti, come se tutti avessero di meglio da fare, la rivista British Journal of Photography, le panchine vuote di via San Giuseppe, la parete a specchio della palestra di danza, la fila di cyclette con fronti sudate nella vetrina della palestra. Rimane Bologna, rimangono tutte le cittá che non sono la propria città.

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