Sella Brunech

Attimo
ok with my decay
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2 min readAug 22, 2022

«Coraggio», bisbiglio sottovoce all’anziano signore mentre sta salendo lungo la pista da sci, che d’estate si trasforma in mulattiera verticale di sassi ed erba bruciata dal sole. Poi esalo un «salve» d’ordinanza, quando lo supero, anche se ormai in montagna si salutano tutti sempre meno; i giovani mai, le famiglie poco, gli anziani più spesso: ma il trend è nettamente in calo, da anni. L’anziano signore indossa un cappello da pescatore, ha una corporatura massiccia e un’andatura quasi insopportabilmente lenta: trasmette calma e metodicità, certamente, nei suoi piccoli e composti passettini sorretto dalle bacchette, ma è talmente lampante la difficoltà sua e della moglie che diventa quasi una pena. Li osservo poi dall’alto, per qualche minuto, dopo averli superati, mentre respiro ai 2450 metri della Sella Brunech. Durante la scarpinata, qualche centinaia di metri più sotto, a un tornante avevo incrociato una signora in carrozzina che fissava il cielo, e a fianco c’era con lei forse la figlia, la sorella: non si capiva, non è importante. Una volta in cima, noto che la signora è ancora là, a fissare l’anfiteatro dolomitico e indubbiamente ghirriano, e dà le spalle alla parente che è piegata sul prato a fare workout. Rifletto su quanto la montagna antropizzata non sia necessariamente un male: perché consente a chi non può di vedere quel cielo, e quelle nuvole, e quei prati e quelle rocce. Chi siamo noi “sani” per poter decidere di escludere chi non è sano da questo paradiso? Domande che presto lasciano spazio alle ombre nette di mezzogiorno sulla parete del Colac, che voglio imprimere nella mia retina, e imprimermi addosso; voglio imprimermi addosso tutte l’orizzonte alpino fino a cancellare ogni ricordo, ogni voglia, ogni rimpianto, ogni errore, ogni colpa, ogni silenzio. Cerco di pulire gli occhi strofinandomi contro tutto quello che vedo. E non basta, ovviamente, non basta mai bisbigliare soltanto.

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