Fatemi uscire dal tunnel di Crazy Ex Girlfriend

Massimiliano Gallo
Old man yells at cloud
5 min readMay 8, 2021

Avete mai sentito parlare di Rachel Bloom? Forse il nome vi dice qualcosa, ma non riuscite a fermare il ricordo con chiarezza. Lo so perché è la stessa cosa che mi è capitata guardando la prima puntata di Crazy Ex Girlfriend. Volo su imdb, cerco, ah, How I Met Your Mother! Devo averla vista lì! È anche un personaggio con un nome, sarà una squinzia di Barney…giusto? Nope, a malapena una comparsa in una puntata della quinta stagione. Poi il colpo di genio: chiedere a chi si ricorda tutto. Così Giulia, la mia compagna, mi ha risolto il mistero. Rachel Bloom ovvero l’autrice di capolavori come Pictures of your dick, Historically Accurate Disney Princess Song, ma soprattutto l’immortale Fuck Me, Ray Bradbury. Che vi lascio qui sotto perché merita ancora una visualizzazione.

Ecco, quella Rachel Bloom è riuscita a fare uno show musicale durato quattro stagioni in maniera incomprensibile, quantomeno per chi si basa solo sui numeri. CXG (che è più comodo da scrivere) è stato lo show con i rating più bassi della storia americana, ma nonostante questo continuava ad essere rinnovato per la forza della sua fanbase, fedele e desiderosa di vedere Rebecca star bene. Perché se c’è qualcosa che il titolo ci fa capire da subito è che Rebecca non è che stia benissimo.

Rewind: Rebecca Bunch è una giovane avvocatessa di successo nella Grande Mela, talmente di successo che sta per essere promossa a partner dello studio dove lavora. Ha un bell’appartamento, soldi a palate, ma c’è qualcosa che non quadra. Ed è lì che, in strada per un attacco di panico di quelli belli grossi, capita una coincidenza che le cambia la vita. Incontra il ragazzo con cui passò un paio di settimane in un campo estivo dieci anni prima. Solo che Josh è pieno della freddezza di New York, dove è stato per otto mesi, e è in procinto di tornare a casa. Dove? Ma ovviamente a West Covina, California!

Da qui gli eventi che ci portano nella consapevolezza di Rebecca di non essere la persona che crede prendono il via. No, non vi faccio il riassunto delle quattro stagioni perché sarebbe un articolo noioso e, insomma, non è quello di cui voglio parlare. Perché CXG mi ha colpito dove non credevo possibile, mi ha fatto riflettere in mille modi diversi e spero di mettervi abbastanza curiosità da recuperarlo.

Credo che Rebecca sia uno dei pochi personaggi con cui ci si può davvero immedesimare, perché ha una valanga di difetti, ma è fondamentalmente una buona persona, con tutti i suoi problemi a cui cerca di mettere una pezza. È difficile accettare i propri limiti e fare effettivamente qualcosa per risolverli. Ci siamo passati tutti, no? Quel momento della propria vita in cui ci si ferma a pensare a che incidente ferroviario siamo e come rimettere le cose sul giusto percorso. Imboccare quella strada può essere doloroso, ma necessario. Tanto che potrebbe portare a buttarsi ancora più giù prima di risalire la china.

Sebbene tratti temi incredibilmente complessi e profondi, è una serie comedy, quindi ci sono un sacco di momenti comici o quantomeno divertenti. Tra situazioni ai limiti dell’inverosimile e canzoni su, beh, più o meno ogni stato d’animo che può venirvi in mente, lo show intrattiene di continuo e vi affezionerete anche ai personaggi secondari. Maya, Hector, Father Brah e tutti gli altri hanno qualcosa da dire e, potete scommetterci, lo dicono forte e chiaro. Ovviamente in una canzone, che sia un momento karaoke o la frustrazione di venir sempre interrotto, tutti i brani portano il sorriso, anche quelle un po’ più amare.

Ho già parlato del femminismo che permea l’intera serie? Femminismo quello vero, eh, non quello estremista del cavolo. In questa serie uomini e donne sono tutti sullo stesso piano, non c’è il sesso forte, non c’è il sesso debole. Solo esseri umani e meravigliosamente complicati, pronti a scardinare le proprie convinzioni e cercare quello che li rende felici, anche se a costo di non essere simili agli altri. Un esempio su tutti: Rachel Bloom pensò di “rimettersi in forma” prima dell’inizio delle riprese. Ora riguardate il primo video lassù. Vi sembra messa così male? Esatto. Sì, è rotondetta. Sì, se ne vanta e no, non c’è niente di male. Non c’è bisogno che tutte le ragazze siano delle fotomodelle. E neanche i ragazzi, ovviamente. A proposito, sapete chi altro ha dei problemi?

Esatto.

Ultimo, ma non meno importante, la questione della salute mentale. Tutto parte da quel titolo così esplicativo, eppure scelto proprio perché un modo di dire sessista e da distruggere con i contenuti. In America si parla di salute mentale molto più che da noi e l’argomento è decisamente più sentito e attuale. Normalizzare alcune diagnosi è il vero fulcro della serie, palese da subito e trattato con una eleganza e una delicatezza tali che quasi non ci si crede. Ehi, è un musical, no? E invece mi ha schiaffato in faccia una roba con cui mi confronto tutti i giorni e che ho riconosciuto appena hanno ventilato una possibilità di una diagnosi sbagliata nella vita di Rebecca. Devo dirlo: sebbene sia un evento della terza stagione, il clic per fare binge coatto (le ultime due stagioni me le sono fumate in tre giorni) è arrivato esattamente con quelle tre parole che per molti sono sconosciute, ma che vogliono dire così tanto per me e milioni di altre persone in giro per il mondo. Vedere Rebecca rifiutare e poi accettare quella malattia mentale, impegnandosi al massimo per stare meglio, è stato catartico. Come dicevo poco più su, il modo in cui mostra e spiega quella situazione è perfetto, non ho davvero nulla da dire. Non mi dilungherò oltre, ma sappiate che è una parte incredibilmente importante e toccante del tutto.

Avrei mille altre cose da dire sulla serie, sugli argomenti che tratta in generale e nelle puntate specifiche, di come pone l’accento su temi importanti, eppure così poco rappresentati normalmente nelle serie tv (uno su tutti, i diversi sintomi da infarto nelle donne), ma direi che c’è un ultimo argomento di cui parlare. Le canzoni. Ragazzi, non ce ne è una sbagliata. Ci sono quelle più e meno riuscite, così come i pezzi allegri e più tragici. Tutto dipende dai gusti e ognuno potrà trovare la sua preferita in mezzo alle 153 create per lo show.

Ora, il motivo per cui sto scrivendo questo pezzo all’una di notte è solo e unicamente uno: non riesco a smettere. Where’s Rebecca Bunch? mi rimbalza in testa ogni cinque minuti, alternata da Don’t be a lawyer, Let’s generalize about men e Trapped in a car with someone you don’t want to be trapped in a car with, l’ultima soprattutto perché mi ammazza il fatto che sia un riassunto della carriera dei beach boys in poco meno di quattro minuti. Quindi, cercando di esorcizzare la voglia di risentire ancora una volta I Have friends, mi sono messo a scrivere. Con la playlist di tutte le canzoni. Missione fallita miseramente. Finisco solo queste ultime tre e vado a nanna, promesso. L’ho già detto un paio d’ore fa, ma ora davvero dai.

E ALLORA LO FAI APPOSTA IUTUBBE

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