Open Art Images: un motore di ricerca per le foto d’arte con licenze aperte
Walter Benjamin, il primo teorico dell’impatto della riproducibilità delle opere d’arte sulla cultura di massa, notava già nel 1931 come sia più semplice comprendere un’opera d’arte in fotografia piuttosto che osservandola dal vivo.
Lo sviluppo delle tecniche riproduttive è andato di pari passo con un cambiamento nell’apprezzamento delle grandi opere d’arte. Queste ultime non sono più considerate il prodotto di singoli individui; sono diventate creazioni collettive […] L’effetto della riproduzione meccanica è, in definitiva, quello di aver fornito agli uomini una tecnica di diminuzione che li aiuta a esercitare un certo controllo sulle opere d’arte, senza il quale non avrebbero più modo di essere utilizzate.
Walter Benjamin, Piccola storia della fotografia, 1931
La digitalizzazione del patrimonio culturale e la sua fruizione in rete hanno ancor più amplificato la funzione sociale dell’arte. Mai come ora è stato facile procurarsi riproduzioni di opere d’arte e riusarle in modo creativo, passando da semplici fruitori a produttori o coproduttori di contenuti.
Eppure non è sempre facile trovare foto di qualità di opere d’arte attraverso i normali motori di ricerca. Per ovviare a questa difficoltà, la grafica e sviluppatrice Viviana Paga ha ideato e realizzato un motore di ricerca per le riproduzioni di opere d’arte: Open Art Images.
Ho fatto qualche domanda a Viviana per conoscere meglio il progetto.
Come hai avuto l’idea di Open Art Images?
Per il mio lavoro di grafica mi sono trovata più volte a cercare immagini d’arte e ho constato la difficoltà di reperire in rete delle riproduzioni ad alta risoluzione, provenienti da fonti autorevoli, sui motori di ricerca tradizionali. Ma quello che mi interessava davvero, e che credo sia il cuore di questo progetto, era dare maggiore visibilità al patrimonio culturale dell’umanità, sfruttando l’enorme potenziale che può avere il web nella trasmissione della conoscenza.
Anche se viviamo in un periodo storico che dà grande importanza alla comunicazione visiva, spesso si tratta di un tipo di comunicazione commerciale e superficiale che ci porta a essere consumatori passivi di immagini. Per questo motivo è importante riappropriarci delle opere d’arte del passato, che costituiscono la nostra eredità culturale e che ci trasmettono dei messaggi e degli ideali di bellezza ancora oggi stimolanti.
Come funziona la ricerca sul sito?
Il sito consente di effettuare ricerche per autore, titoloe per parola chiave. Desideravo andare al di là della semplice ricerca per artista o titolo dell’opera, consentendo una ricerca tematica o iconografica per temi e soggetti. Per questo motivo ho realizzato un motore di ricerca indicizzato sui contenuti correlati alle immagini e non su tag e categorizzazioni rigide fatte a priori.
Ho utilizzato database aperti e modificabili dagli utenti, come quello di Wikimedia, che a sua volta si interfaccia con gli open data messi a disposizione dai siti di musei e altre istituzioni culturali. Grazie a ciò Open Art Images dà la possibilità di cercare un tema o un’opera su più gallerie contemporaneamente, realizzando una ricerca incrociata su diversi sistemi aperti.
Perché hai scelto il database di Wikimedia come fonte primaria? Il suo utilizzo ha comportato delle difficoltà?
Wikimedia è probabilmente il più grande aggregatore di contenuti culturali liberamente riutilizzabili esistente. La quantità e la qualità delle sue risorse e la ricchezza dei progetti realizzati in collaborazione con musei e istituti culturali rendono il suo database la fonte di riferimento in questo ambito. Inoltre, per una questione di ecologia digitale, era per me importante che Open Art Images non aggiungesse né duplicasse immagini o contenuti ma che rendesse più facilmente accessibili quelli di buona qualità già presenti online.
Il database di Wikimedia è collettivo e condiviso, quindi qualsiasi utente può dare il suo contributo inserendo immagini e testo. Questa natura aperta è affascinante e obbliga, anche dal punto di vista tecnico, ad assumere una mentalità molto meno rigida del solito e a sviluppare un software ad alta adattabilità. Ciò comporta sicuramente difficoltà supplementari, soprattutto nella gestione dei contenuti, a causa della grande disomogeneità di strutture dati presenti in database di questo tipo. Negli ultimi anni la Wikimedia Foundation sta lavorando proprio su questo aspetto, in modo che il corredo di informazioni di un file sia più facilmente leggibile e comprensibile sia per le persone che per le macchine.
Gli utenti di Wikimedia utilizzano licenze Creative Commons, ma le riproduzioni di opere d’arte sono spesso soggette a diritti connessi anche quando dovrebbero essere nel pubblico dominio. Come affronti questo problema sul tuo sito?
Lo scopo di Open Art Images è quello di rendere accessibili immagini in alta definizione altrimenti difficilmente reperibili, referenziando al meglio le fonti e le licenze.
Negli ultimi anni, grazie all’iniziativa di singole istituzioni e all’evoluzione della normativa in materia, sono andate a delinearsi nuove possibilità nella riproduzione di contenuti digitali. Ad esempio, la Direttiva UE (2019/790) sul diritto d’autore e sui diritti connessi ha stabilito che le riproduzioni digitali di opere visive in pubblico dominio non dovrebbero essere soggette a diritto d’autore e diritti connessi.
Data la complessità di questi argomenti, cerchiamo di orientare al meglio gli utenti sulle tematiche legate al diritto d’autore e forniamo le informazioni necessarie affinché possano essere sicuri di riutilizzare le immagini lecitamente. A tal proposito, collaboriamo con esperti per individuare i casi limite ed escluderli dal nostro sito o segnalare le fonti non affidabili. Proprio su questo aspetto sto concentrando il mio lavoro prima di rilasciare la prima versione ufficiale del software.
In ogni caso, dato l’alto numero di immagini — più due milioni e in continuo aumento — raggiungibili grazie a Open Art Images, è difficile controllare la totalità dei contenuti rintracciabili. Per questo invitiamo le istituzioni stesse o i detentori delle licenze a segnalare eventuali violazioni del diritto d’autore.
Mi auguro inoltre che questo progetto possa aiutare a sensibilizzare un più ampio pubblico sul tema del diritto d’autore e delle licenze di utilizzo delle immagini, spesso percepito come un dibattito esclusivamente tecnico. La tematica, invece, riguarda tutti e pone l’attenzione sulla trasmissione delle conoscenze e i suoi confini.
Open Art Images è un progetto che hai ideato e realizzato da sola ed è ancora in una versione beta, come vorresti svilupparlo in futuro?
Questa è la versione di base del sito e ad oggi è totalmente autoprodotta e autofinanziata. Ovviamente vorrei farlo crescere nel tempo, ma per poter realizzare degli sviluppi tecnici importanti è fondamentale trovare una forma di finanziamento, attraverso donazioni o partenariati. Non è un progetto sostenibile per una persona sola, spero quindi di trovare enti o persone interessati a collaborare e a investire nel sito per farlo crescere insieme.
Ci tengo poi a sottolineare che questo progetto si compone di due temi principali. Il primo è quello sviluppato dal sito. Il secondo invece è volto a incentivare il riutilizzo dell’arte del passato in chiave contemporanea. La riflessione sulla digitalizzazione degli oggetti d’arte per me ha preceduto l’idea del sito. Opere smaterializzate e dunque rese effimere possono acquisire una nuova concretezza e nuovi significati attraverso il download e il riuso, entrando in un flusso di rigenerazione creativa.
Il fatto di essermi concentrata su un tipo di ricerca legata alle parole nasce proprio dal mio desiderio di indagare il rapporto tra testo e immagine. Non a caso sul sito c’è una citazione di John Berger, il critico d’arte e scrittore inglese, che è stato per me una grande fonte di ispirazione. Per Berger creare delle sequenze di immagini significava già creare un racconto.
Vorrei che, anche in futuro, Open Art Images continuasse sempre a muoversi su questi due binari paralleli. Quello tecnico e quello creativo.
Per ideare il sito sei partita dalla tua esperienza lavorativa e da una difficoltà concreta, ma avevi anche in mente degli utenti specifici?
Ovviamente tutti i creativi: grafici, designer, videomaker che hanno bisogno di fare ricerca iconografica e trovare riferimenti. Il mondo dell’editoria e il settore dell’istruzione: studenti e insegnanti, soprattutto di scuole d’arte e università. Le persone specializzate che si trovano a lavorare quotidianamente con queste risorse ma anche i semplici appassionati e qualsiasi utente di internet che abbia bisogno di un accesso più facile a questo tipo di immagini.
Questo periodo in cui non abbiamo potuto viaggiare ci ha fatto capire, ancora di più, quanto sia importante avere il patrimonio culturale dell’umanità online e poterne usufruire in qualunque parte del mondo.