#OpenBilancio 61 e 62. E fu sera e fu mattina.

Antonio Iannamorelli
OpenBilancio
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5 min readDec 21, 2017

E’ arrivata con un giorno di ritardo. Ma è arrivata. La superseduta. In realtà ai verbali della Camera non rimarrà come un record, perché tecnicamente è stata spezzettata. Ma certamente rimarrà nei ricordi di chi come noi l’ha vissuta. Lenta, stanca, a tratti ironica, a tratti struggente. La notte lunga dell’ultima legge di bilancio della diciassettesima legislatura è iniziata quando già era domani. A mezzanotte e quaranta di ieri.

In realtà la discussione era iniziata già molto prima. Intorno alle 13 di martedì. Con un paio di pause accolte tra lunghi “Nooooooo!!!” dalla sala lobbisti che ha assunto sempre di più le sembianze della palestra di una scuola occupata ma dalla quale si contesta a Boccia un “eccesso di democrazia”. Nonostante le scadenze incombenti, infatti, il presidente consente ampie discussioni sui singoli emendamenti, comizietti inutili fatti a beneficio di telecamere che però non ci sono e di cui non rimarrà traccia, battibecchi sull’ordine dei lavori che non fanno altro che ostacolarli.

A un certo punto Boccia sbotta: “Alle 18.45 votiamo il mandato al relatore”. Il mio commento è una proposta di scommessa. Rigorosamente a quota fissa: Non si voterà alle 18.45. Io mi permetto anche di andare al Ministero dell’Ambiente, per una questione che riguarda un cliente straniero che nulla ha a che fare con la Legge di Bilancio (e che mi chiede, quando provo a spiegare l’ordine di priorità di questi giorni: “Ma come mai voi siete lì?”). Arrivo a via Colombo 44 in ritardo e torno a Montecitorio in ulteriore ritardo. Ma tanto non era successo nulla. Si capisce subito che si farà tardi. Il tentativo di avere una lista di “supersegnalati” da parte dei Gruppi è nobile ma velleitario. Alla fine della legislatura nessuno riuscirebbe a tenere a bada i propri uomini neanche se avesse il carisma del Duca Invitto. Andiamo a cena e ci concediamo un lusso: da Maccheroni, a metà strada tra il Pantheon e Montecitorio, ci accomodiamo nella sala al piano interrato. Dove non prende il telefono, dove non c’è Wi-Fi. Mezz’ora di tranquillità vera. Martina ordina un carciofo e delle patate al forno. Io cedo al desiderio di una carbonara. Non mangio mai la pasta, nei giorni feriali. Men che mai la sera. E’ vero che in questo periodo ho “sbracato” tra snack, cioccolatini e spuntini vari. Ma non è per quello che scelgo quel piatto. E’ una specie di riflesso condizionato: la nottata sveglia “chiama” carbonara. Come durante le occupazioni a scuola, nel 1993 e nel 1994, nella palestra del mio Liceo, “Ovidio”, a Sulmona. Dove il nostro amico più grande, Alessandro, ci deliziava -appunto- con una carbonara cotta in un pentolone da esercito su un fornelletto da campeggio. L’uovo, il guanciale, il pecorino e il pepe hanno per me il gusto della notte che si fa mattina. Ed è puntualmente così.

Appena usciti dal ristorante ci troviamo una foto su Whatsapp. Con una “bozza” di programma dei lavori.

Segnalati e riformulazioni per le 22, si riprende alle 22,30 e si chiude con voto finale a mezzanotte. Scritto a mano su un foglietto e bruciato sul falò delle buone intenzioni. Alle 22.49 scrivo a un deputato: “Si ricomincia?”. Lui risponde: “Tra dieci minuti”. A mezzanotte in punto, obietto “Ne sono passati 70…”. E poi “…100…”. Si ricomincia davvero a mezzanotte e 49. Ed è “Un marathon” come mi dice un cliente francese che mi continua a chiedere di meeting da organizzare su cose che non c’entrano nulla, quando gli spiego che dovrà aspettare un paio di giorni. Si comincia dalle riformulazioni, un fascicolo di emendamenti corretti dal Governo per renderli accettabili”. Alcuni sono copie di emendamenti già votati, finiscono lì dentro per sbaglio. Uno è “nostro”. Non fa niente, lo rivotano tale e quale. Bi-approvato. Qualcosa che non ci doveva essere c’è ma altro che ci doveva essere invece manca. E i parlamentari si imbufaliscono. Difendono le loro questioni col coltello tra i denti. Morando incassa, smussa, è disponibile. Troppo. Alla fine si inizia a votare, sono un centinaio. Poi si passa agli emendamenti del relatore. Morando lascia lo scranno ed entra in confessionale, riceve ad uno ad uno i parlamentari per vedere quali emendamenti si possono salvare. Al suo posto compare Baretta. Che non sa praticamente niente delle cose su cui è chiamato a dare il parere: “conforme” si limita a ripetere, tra il sonno e la veglia. Poi tocca di nuovo a Morando. Intanto noi e i colleghi iniziamo a cedere. Qualcuno si addormenta sul divano. Qualcun altro sceglie proprio il tavolone. Altri resistono con il caffè -terribile- della macchinetta al piano terra, dove -questa si che è casta vera- l’acqua costa trentacinque centesimi.

Morando all’inizio procede in ordine. Sembra la Tombola. Quando chiama un numero successivo ad un emendamento che temiamo come la peste, scatta l’esultanza. Poi Martina chiama, implorando, il numero di un “nostro” che aveva parere favorevole (cfr puntata “Le finte di Morando”). E Morando lo chiama davvero. Approvato. Esultanza. “Ora andiamo a prendere un gratta e vinci.” Poi però il viceministro torna indietro. L’ordine è saltato, si procede random, quindi si deve mantenere alta l’attenzione: se stanno al 101 non è detto che non torni il 90, o il 23… Il novanta fa paura ma non torna. Anzi si. Parere contrario, respinto. E si va avanti. Poi le tabelle. Si fa mattina.

Arriva il cambio turno dei commessi, si accendono le luci della Galleria dei Presidenti, che si risveglia. Passano gli addetti alle pulizie. E con loro in sottofondo continuano numeri, cifre e romantici assalti degli ultimi che provano a difendere le “loro cose”. “Onorevole Baruffi, lei ha già avuto tanto…”, “Non sono nelle condizioni di dare risposte…”, “Basta, votiamo il mandato al relatore…” e nel frattempo si fanno le otto e poi le nove. E non se ne esce. Boccia capisce che deve approfittare, perché a una certa ora il sonno passa, la luce sveglia e magari tornano i parlamentari che non hanno fatto la notte. C’è il rischio implosione.

Alle nove e mezza circa il momento fatidico. Si vota, mandato al relatore. E’ finita. Almeno così sembra. Alle dieci e venti, dopo una sosta in farmacia per una confezione di Spidifen, non basta un cornetto per riempire lo stomaco svuotato da una notte incredibile. Buonanotte. O buongiorno.

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Antonio Iannamorelli
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Direttore Operativo @GalassiaReti. @Comunica_media @unitorvergata Appassionato di #Storia #Inter #Wineandfood. Autore di #CaporettoManagement