Vietato improvvisare per i Civic Brands

La storia di Lego dimostra che credibilità e reputazione non sono vezzi di corto periodo, ma percorsi strategici che costruiscono nel lungo termine.

Paolo Iabichino
Osservatorio Civic Brands
5 min readJan 24, 2021

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I meno giovani si ricorderanno i titoli dei giornalisti economici che una quindicina di anni fa scrivevano i primi frettolosi coccodrilli per un brand che sembrava non riuscire a rinnovare i propri successi di fronte all’esplosione di consolle e videogame: “La Lego, storica casa di giocattoli, produttrice dei mattoncini di plastica più famosi del mondo, attraversa la crisi più grave dei suoi 73 anni di storia. La Lego perde pezzi, scrive il Financial Times, l’azienda segnala perdite nette di fatturato, doppie del previsto. Il piccolo mattoncino crolla sotto i colpi dei giocattoli cinesi a basso costo, della caduta del dollaro ma soprattutto per il fatto che i bambini non giocano più o meglio hanno cambiato giochi, anche i più piccoli hanno gusti da adulti e ai prodotti manuali preferiscono telefonini, lettori Mp3, oggetti ad alto tasso tecnologico”. — La Repubblica, 8 aprile 2005

Ed è la stessa Repubblica, solamente sette anni dopo, a dare notizia di un rinnovamento sorprendente che fa registrare aumenti di fatturato del 20% nel Natale del 2012, per un recupero che ancora oggi continua a segnare crescite importanti non solo in termini di profitto, ma anche nel più scivoloso terreno della reputazione di marca.

Credo che non manchino in letteratura, acuminate analisi sulle strategie che hanno permesso a Lego di ridisegnare il proprio destino, ma mi piace pensare che ci sia una, e una sola, motivazione killer di questa storia straordinaria: la capacità di ascolto.

Subito dopo il funesto 2007, già dal 2008 Lego inizia a raccogliere idee dalla sua community: nascono così alcune nuove scatole, tra cui quelle ispirate ai Beatles o a alla serie tv The Big Bang Theory.

E da lì in avanti è un susseguirsi di piccole e grandi storie, come quella famosissima della bambina di 7 anni che nel 2014 rimprovera il colosso danese per le sue marchiane differenze di genere. Fu proprio in risposta a quella lettera che Lego portò negli scaffali di tutto il mondo la scatola gioco del nuovo set “Research Institute” con scienziate e ricercatrici all’interno di un laboratorio che fino a quel giorno non aveva visto alcuna figura femminile al proprio interno.

Spesso ci viene chiesto di scrivere un qualche brand manifesto che pavoneggi le dichiarazioni d’intenti, ma pochissime volte ci s’interroga sul reale impatto civico che ogni azienda può assumere nei confronti della collettività.

Ecco perché Lego diventa il riferimento ideale per sottolineare l’attivismo pragmatico di chi decide di ridisegnare il proprio posizionamento su azioni concrete, non sulla volatilità della narrazione emotiva, ma sulla concretezza di un agire consapevole. E i nostri lockdown, la pandemia in corso, le ricadute psicologiche sui più piccoli sono un tema di cui occuparsi, al di là delle vendite, per chi ha i bambini e le bambine di tutto il mondo come i suoi principali interlocutori.

Le creazioni sono giunte da ogni parte del mondo e l’installazione è diventata così un simbolo gioioso di speranza, esposto nella sede del quartier generale.

Il recente lockdown ha fermato il mondo intero, ma non la creatività dei bambini. Per celebrare l’infinita fantasia e l’ingegnosità unica dei più piccoli, LEGO ha messo in mostra un globo di ben 4 metri di altezza. Composto da oltre 350.000 mattoncini ed elementi, il globo esposto presso la LEGO House di Billund, in Danimarca, ha richiesto 2.700 ore di costruzione.

Ma l’ascolto non è solo quello delle community, è anche quello di chi sa mettersi in relazione con i contesti, trasformando i consumer insight in tensioni culturali. Come succede quando dedichi i tuoi prodotti alle problematiche ambientali.

La linea Jungle di Lego City invita i bambini e le bambine a riflettere sulle questioni relative a disboscamenti e deforestazioni selvagge. Realizzata insieme a National Geographic Kids e in particolare all’esploratore Andres Ruzo, Lego City Jungle propone mezzi d’aria, terra e acqua, animali tropicali, liane e alberi oltre a nuove minifig a tema come scienziati, esploratori, meccanici e autisti.

E ancora, un libro che ispira sui concetti che sono alla base del proprio riposizionamento.

Per non dire degli impegni presi con obiettivi, scadenze, cifre, impegni e dichiarazioni come questa: “Al Lego Group vogliamo avere un impatto positivo sul mondo che ci circonda e stiamo lavorando duramente per creare fantastici prodotti di gioco per bambini che utilizzino materiali sostenibili”. (Tim Brooks, Vice Presidente del dipartimento di Responsabilità ambientale del gruppo).

https://www.lego.com/it-it/aboutus/news/2020/september/sustainability

Mi piace chiudere questa carrellata con un riferimento all’ultimo natale, quando per il terzo anno consecutivo anche in Italia, LEGO ha incoraggiato le famiglie a mettere in gioco la creatività per costruire una decorazione natalizia con i mattoncini e regalare un sorriso a chi ne ha bisogno. Per ogni decorazione natalizia condivisa sui social media con l’hashtag #BuildtoGive, LEGO ha donato un set, regalando così a un milione di bambini negli ospedali, nelle loro case o nelle comunità di tutto il mondo la possibilità di giocare durante il periodo festivo.

E a proposito di Natale, vale la pena riguarda lo spot che hanno pianificato in tutto il mondo, evitando di cadere nelle trappole emotive che la narrazione pandemica poteva offrire, per offrirci un augurio di tutt’altro tenore rispetto alla media degli spot madidi di lacrime che tanta parte hanno avuto nel natale infetto del coronavirus.

In Italia, il team social media ha deciso di non doppiare lo spot e di lasciare ogni dialogo nella propria lingua originale.

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Paolo Iabichino
Osservatorio Civic Brands

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