Intrigo al porto di Marsiglia

5 possibili scenari per Francia-Italia di venerdì

Ovale Internazionale
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7 min readFeb 21, 2018

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Scorfani, triglie, anguilla, rana pescatrice, granchio di scoglio. Pomodoro e zafferano per dare ulteriore sapore al brodo, e crostini di pane con salsa rouille, quella maionese all’aglio con il fumetto di pesce. Tutti gli ingredienti per una saporita bouillabaisse alla marsigliese.

Saporita, piccante e dal sapore forte è anche la partita che attende Francia e Italia questo venerdì proprio a Marsiglia, città di mare che ispira intrighi portuali e traffici oscuri al riparo da occhi indiscreti. Un immaginario che arricchisce ulteriormente una partita che, all’antivigilia, rimane una delle più incerte e, per l’appunto, oscure di questo Sei Nazioni.

Difficile infatti fare pronostici per una partita che, comunque, vede la Francia partire favorita per diversi motivi. Una vittoria dell’Italia a questo Sei Nazioni sembra improbabile, ma Francia-Italia è sempre una partita diversa dalle altre e le condizioni dei nostri avversari non sono certo invidiabili.

Potrebbe davvero andare in tanti modi diversi.

Scenario primo — La solita vecchia storia

Quando sulla nazionale italiana vengono riposte attenzioni e aspettative, di solito l’Italia fallisce. L’Italia è riuscita a raggiungere alcuni risultati clamorosi quando nessuno se lo sarebbe atteso: la Francia nel 2011 e nel 2013, l’Irlanda sempre nel 2013 e la Scozia nel 2015, tutte vittorie sulle quali non erano state riposte particolari attese.

Al contrario le delusioni nei momenti più attesi sono state diverse e spesso sono arrivate cocenti delusioni proprio quando la grande occasione si prospettava. E allora venerdì potrebbe proprio essere uno di quei casi: l’Italia parte pure bene, motivata. Segna una meta nei primissimi minuti e sembra pimpante. Il primo tempo, a Marsiglia, è appannaggio degli Azzurri che vanno anche oltre il break.

Piano piano però, la Francia esce dal guscio e si rivela troppo forte per gli Azzurri. Gli avanti francesi arano il campo e prendono lentamente il sopravvento in una battaglia cruenta dove la fanteria azzurra finisce per avere la peggio.

Fuori Benjamin Fall si mette i vestiti di Teddy Thomas, lasciato a casa per qualche non meglio precisato comportamento inqualificabile nella serata dopo la partita contro Edimburgo, e lo emula con una doppietta che mette gli Azzurri dietro nel punteggio.

Quello che l’Italia si auspica dall’inizio del torneo, però, è arrivare agli ultimi dieci minuti di gioco a contatto e questa volta, complice qualche calcio di punizione di troppo speso dagli avversari, la nazionale azzurra è ancora lì, aggrappata alla partita.

Grandi occasioni perdute. Quante ce ne sono nella memoria di ognuno di noi? A Parigi nel 2016, a Roma contro l’Inghilterra nel gelo del 2012, l’Irlanda in casa nel 2011

Tommaso Allan porta avanti gli Azzurri con un calcio di punizione a 5' dalla fine, ma l’urlo di gioia gli si strozza in gola quando, solo un giro d’orologio più tardi, Lionel Beauxis indica i pali all’arbitro dai propri 10 metri e con una pedata siderale si prende la rivincita su tutte le critiche di due settimane prima.

Jacques Brunel, in tribuna, si liscia i baffi apparentemente imperturbabile, ma dentro di lui c’è un’intera banda musicale che martella sulla grancassa e suona la classica tromba che si sente negli stadi, quella al cui “perepè” il pubblico risponde “olè!”.

Scenario secondo — Il drop di Parisse

Tante delle aspettative dell’Italia contro questa Francia giacciono sulle basi della vittoria mancata per un pelo due anni fa a Parigi.

Una partita che l’Italia giocò spavalda con un Carlo Canna in forma strepitosa, calando alla distanza e cadendo sotto i colpi al piede di Plisson, ma arrivando all’ultimo possesso con la concreta possibilità di portare a casa la partita.

Fu proprio Sergio Parisse, nell’occasione, a sbagliare il drop della vittoria. Una ciabattata completamente fuori bersaglio, arrivata in un momento confuso, togliendo la responsabilità dai piedi di Haimona, che aveva sostituito Canna che pure aveva già segnato con un calcio di rimbalzo nel primo tempo.

Un tentativo per il quale Parisse venne assai criticato da stampa e tifosi, un eccesso forse di protagonismo, forse di generosità nel prendere sulle proprie spalle la più grande delle responsabilità.

Sergio colpisce malissimo e se ne accorge subito: la sua è una ciabattata. C’è qualcosa nella preparazione che non torna però. Cosa sarà accaduto? Perché nel momento dell’ultimo passaggio di Gori, Haimona corre una linea insensata che può solo infastidire Parisse, mentre Palazzani si ferma impalato, come se i due non si aspettassero il gesto?

Un campione come il capitano della nazionale italiana, che diventerà il giocatore con più caps nel Sei Nazioni al pari di Brian O’Driscoll se riuscirà a giocare tutte e cinque le partite del torneo, meriterebbe una occasione di riscatto e definitivo processo di santificazione.

Troppe le critiche che un giocatore della sua caratura ha dovuto affrontare nel corso della sua lunghissima carriera, durante la quale non si è mai tirato indietro e ha sempre messo la faccia sulla copertina di una nazionale perdente e di un movimento del quale, forse, non condivide tutto, come ha avuto modo di far intendere in qualche occasione.

Che trionfo sarebbe, allora, se questa volta l’Italia riuscisse ad arrivare fino in fondo al proprio compito: quello di portare il proprio principe in carrozza fino all’ultimo secondo della partita, con il risultato in bilico, e vederlo calciare il pallone forte e deciso fra i pali, a cancellare con un colpo di spugna quell’errore di due anni fa.

Scenario terzo — La Murrayfield francese

L’aria nel cielo di Marsiglia è elettrica, la tensione si taglia col coltello. La Francia è sotto un pressione micidiale: la stampa e i tifosi stanno col fiato sul collo a Brunel e ai suoi uomini.

C’è la vicenda degli otto epurati, il gioco che non si vede, le due sconfitte consecutive: contro l’Italia deve assolutamente arrivare qualcosa di diverso. Il piano è uno e uno solo: massacriamoli, facciamoli correre per tutto il campo, facciamo fuoco e fiamme fin dall’inizio, allez les Bleus!

Dopo 12 secondi Machenaud gioca un pallone veloce dalla ruck per Beauxis. L’apertura ha una doppia superiorità all’esterno e prova a dare una gran sventagliata saltando tre compagni, ma finisce per mettere il pallone in mano a Benvenuti che era salito alla disperata nel quattro contro uno: è la meta concessa più rapida della storia del Sei Nazioni.

Ancora assurdo dopo 11 anni. A volte sogno questi sette minuti, e poi mi sveglio tutto sudato.

La Francia però prova subito a scuotersi: passano altri 5 minuti e Bastareaud prova a risolverla sfondando, ma finisce in braccio a Boni che gli strappa il pallone e va in fuga verso la meta. Bonneval lo riprende ma accanto al centro delle Zebre si materializza improvvisamente Minozzi che, servito, s’invola e schiaccia in meta.

I Galletti sono nel pallone. Più ci provano e più sbagliano. L’Italia è brava, difende duro, ordinato. Sugli spalti gli italiani di Marsiglia sono in delirio. Intanto le telecamere lasciano perdere il gioco e si concentrano sugli spalti, dove inquadrano lo sguardo magnetico di un Pepe Scanavacca che siede in tribuna e scruta impassibile la partita dall’alto.

Quando la regia torna a inquadrare il campo la palla è tra le mani di Tommy Allan con 40 metri da correre in campo aperto, senza nessun francese davanti a poterlo fermare. A quel punto l’Italia ovale è già ubriaca. La Peroni indice un pomeriggio di festa nazionale e incomincia a distribuire la sua dorata bevanda gratis.

Raimondi e Munari si ripresentano in telecronaca al momento del calcio d’inizio del secondo tempo in evidente stato di ebbrezza, mentre la partita prosegue letargica e pesante, come la palpebra del pubblico italiano felice e ormai pronto a godersi il meritato riposo dopo un’altra settimana di lavoro.

Scenario quarto — La Caporetto

L’aria nel cielo di Marsiglia è elettrica, la tensione si taglia col coltello. La Francia è sotto un pressione micidiale: la stampa e i tifosi stanno col fiato sul collo a Brunel e ai suoi uomini.

C’è la vicenda degli otto epurati, il gioco che non si vede, le due sconfitte consecutive: contro l’Italia deve assolutamente arrivare qualcosa di diverso.

Gli Azzurri si aspettano di andare a Marsiglia a giocarsi la partita, ma quando entrano in campo lo stadio li inghiotte in un boato. E’ la notte in cui la Francia ovale ritrova sé stessa, come altre volte è successo quando si è trovata con le spalle al muro. Le gambe tremano e le energie vacillano: i giovani vanno in difficoltà e ai senatori manca il fiato per restare in partita.

Come araba fenice, il french flair è di nuovo realtà: anche Mathieu Bastareaud sembra una folgore dagli angoli ammorbiditi mentre taglia a fettine sottili sottili la difesa azzurra, sulla via verso la propria tripletta.

Per l’Italia è un’altra sconfitta pesante, da oltre 40 punti subiti. In conferenza stampa Conor O’Shea è quasi catatonico mentre cerca di rinnovare la propria fiducia incondizionata ai giocatori, nel proprio lavoro, ai piccoli passi in avanti che il gruppo sta facendo.

Scenario quinto — La monetina

Una corrente equatoriale incomincia a soffiare nel primo pomeriggio di giovedì, incuneandosi fra le colonne di Ercole e arrivando a spirare, potente e carica di presagi pluviali sulle sponde di Marsiglia.

Quando le squadre scendono in campo, alcune ore dopo, il vento raggiunge raffiche che fanno ululare la struttura dello stadio. Sugli spalti ci sono giusto qualche centinaio di invasati, che han bevuto troppe birre per accorgersi di qualcosa e ormai non sanno più se quello che gli bagna i pantaloni e il tifone o si sono solo scordati di andare in bagno.

Il finale improbabile lo avemmo anche nel 2006, nel pareggio per 18 a 18 in Galles, il primo punto ottenuto in trasferta dagli Azzurri al Sei Nazioni. Peccato, perché l’Italia di Berbizier in quel 2006 non avrebbe meritato di finire in fondo al tabellone senza neanche una vittoria.

Il campo è talmente tanto un lago che Minozzi è arrivato a metà campo in apnea, perché in certi punti andava sotto. Ma giocare si deve giocare, altrimenti dove finiscono i soldi della diretta TV?

E i giocatori ci provano anche: alla prima mischia chiusa i piloni crollano e entrambi i pacchetti finiscono lunghi distesi. Solo Vahaamahina riesce a tenere la testa fuori, lungo com’è, e respira un po’ per tutti e sedici.

Il ciuffo di Bellini è ormai un lontano ricordo, i capelli in preda al tifone che si abbatte su Marsiglia. Al decimo minuto l’arbitro si rassegna. Prova a consultarsi con i guardalinee, prima di scoprire che i due, approfittando della confusione generale, se ne sono già tornati negli spogliatoi e hanno finito il tè caldo destinato alle squadre.

Arbitro e giocatori rientrano negli spogliatoi. Wayne Barnes convoca allora i capitani, Parisse e Guirado. Il regolamento non prevede nulla in caso di calamità naturale, ma il torneo deve andare avanti.

Show must go on, dice Barnes frugandosi in tasca. Tira fuori la monetina, e chiede a Sergio Parisse se voglia testa o preferisca croce. E il capitano azzurro è sereno, perché tanto lo sappiamo, alla monetina siamo praticamente imbattibili.

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