La lezione irlandese

A Dublino i Trifogli offrono una brillante dimostrazione di esattezza e precisione

Ovale Internazionale
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6 min readMar 13, 2018

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Vince chi fa meno errori. Una verità indiscutibile del rugby, a maggior ragione quando a scendere in campo sono la terza e la quinta squadra del ranking mondiale.

Ad un livello siderale come quello che entra in azione in questo tipo di partite decisive, in un torneo prestigioso come il Sei Nazioni, in cui le differenze sono limitate, sono i dettagli a fare la differenza: chi sbaglia meno vince.

Una lezione che una Scozia coraggiosa, bella e volitiva è costretta ad imparare ancora una volta. Professore speciale per l’occasione è la squadra irlandese, che della precisione e dei comportamenti corretti sul campo ha fatto un dogma, e sabato scorso a Dublino ha offerto una masterclass a tutti gli intervenuti.

Gli errori della Scozia

La partita l’Irlanda l’ha vinta strangolando i propri avversari. Nonostante il pesante passivo finale (28 a 8 per i padroni di casa), la Scozia ha dato grande battaglia e, soprattutto nella seconda parte del primo tempo, ha minacciato seriamente gli avversari. Almeno tre gravissimi errori di esecuzione hanno però inficiato una partita in cui la Scozia, grazie a una difesa selvaggia e a un gioco fantasioso, avrebbe potuto davvero insidiare quelli che oggi chiamiamo i campioni del Sei Nazioni 2018.

Proprio così

Il primo errore è forse il più clamoroso: al ventottesimo Finn Russell gioca veloce una rimessa laterale e allarga il pallone che, passando dalle mani di Maitland, arriva a Huw Jones, schierato sull’out di sinistra.

Il secondo centro ex Stormers prima compie una meraviglia, battendo Keith Earls con un calcetto a scavalcare di esterno destro che, una volta raccolto il pallone, lo lascia da solo con Stuart Hogg al suo fianco e un solo difensore fra i due. Sexton temporeggia ed è bravo a costringere Jones a impappinarsi. Il passaggio del numero 13 scozzese è gravemente sbagliato e una meta sicura va a farsi benedire.

Invece di passare in vantaggio, la Scozia va poi sotto subendo due mete a cavallo dell’intervallo. Ad inizio secondo tempo è invece Hogg a sbagliare il passaggio decisivo verso Kinghorn, scagliando il pallone ad un’altezza siderale rispetto al compagno su un semplice 2 contro 1, sciupando una meta sicura.

Poco dopo la meta di Kinghorn, la Scozia ha l’opportunità di riaprire il match. Il punteggio è di 21 a 8 quando da una ruck sulla zona sinistra del campo, vicino alla linea mediana, la Scozia manipola brillantemente la difesa irlandese e Peter Horne buca.

Il primo centro, fronteggiato dall’estremo difensore irlandese, cercherà la soluzione più difficile: invece di servire l’arrembante Huw Jones al suo fianco (uno dei giocatori più veloci, con metri di vantaggio su Stockdale), per paura che Kearney possa riuscire a catturarlo proverà a spostare direttamente all’esterno, ma Blair Kinghorn è troppo profondo per poter ricevere qual passaggio e un’altra opportunità se ne va.

Tre errori fondamentali che mantengono chiusa una partita che è stata più aperta di quello che il punteggio può suggerire. Certo, senza nulla voler togliere alla partita perfetta dell’Irlanda che, al contrario, ha giocato una partita eccellente dove ogni parte del collettivo ha svolto il compito previsto senza sbavature: questa è la vera disciplina, quella che fa vincere le partite.

The mountain goat

C’è una foto. Dune di sabbia sul mare corredate da steli giallognoli di macchia. La nazionale irlandese sta facendo un allenamento atletico, insomma: corrono. E davanti a tutti, in salita, balzando agile fra la sabbia delle dune c’è Jacob Stockdale, con decine di metri di vantaggio davanti agli altri. Ecco, è da quel momento che Stockdale è diventato la capra di montagna, the mountain goat, il soprannome che gli hanno dato i compagni.

Una capra di talento, se è vero che ha eguagliato con la doppietta di sabato il record di mete segnate in una singola edizione del torneo (6) e lo ha fatto mettendo a segno una doppietta in tre partite consecutive, secondo nella storia del Torneo a riuscirci dopo Cyril Lowe, che però ci era riuscito vestendo la maglia dell’Inghilterra nel 1912.

Stockdale è il giocatore giusto al momento giusto: un attaccante eccezionale, con grande fiuto per la meta, dalle dimensioni fisiche davvero importanti e una falcata notevole. Come dire, ritirato un Tommy Bowe se ne fa un altro, anche se per il momento il giovane Stockdale deve limare problemi difensivi che Bowe non ha mai avuto.

Persone che impiegano il loro tempo a regalarci perle come questa

Contro la Scozia, Stockdale ha ripreso da dove aveva finito, con uno splendido intercetto fotocopia di quello che ha deciso la partita contro il Galles allo scadere. Poi, a fine primo tempo, ha aperto a pagina 12 il manuale del perfetto finisher per battere il suo diretto avversario Kinghorn con un cambio all’interno in un fazzoletto di terreno.

Eccellenze irlandesi

La vittoria dell’Irlanda è stata una vittoria di squadra, collettiva. Quello che però salta agli occhi è come le peculiarità individuali e il lavoro ad uno standard di eccellenza particolarmente alto dei singoli sia stato decisivo.

L’Irlanda ha vinto non solo per le interazioni e per come ha giocato nelle situazione collettive, ma i singoli hanno brillato nel fare quel pezzo di lavoro che gli era stato assegnato dal piano di gioco.

Prendiamo ad esempio Cian Healy e Tadhg Furlong. I due piloni hanno avuto un pomeriggio difficile in mischia chiusa, dove la Scozia ha onestamente messo in difficoltà la prima linea in verde. Dove i due hanno brillato è stato nel ball carrying.

Joe Schmidt ha chiaramente scelto di distribuire maggiormente il lavoro di portare avanti il pallone fra i propri avanti. Tutti, infatti, si aspettano che il grosso del lavoro sia fatto da CJ Stander, a cui spesso è toccata una mole esagerata di palloni, con il risultato di essere meno incisivo e di consumarsi in fretta.

Contro la Scozia, Stander è stato uno dei principali portatori (14 corse secondo i dati ESPN), affiancato per l’appunto dal grande lavoro di un Cian Healy (10) sorprendentemente ritornato su altissimi standard, Tadhg Furlong (12) e il seconda linea James Ryan (15).

Su un altro fronte ha brillato Dan Leavy, numero 7 piuttosto classico che ha saputo guastare a più riprese il gioco scozzese, disturbando ogni singola ruck e rubando anche qualche possesso.

Sulla linea dei trequarti, tolta la coppia Murray-Sexton la cui eccezionalità non fa ormai più notizia, Bundee Aki e Garry Ringrose sono stati impeccabili. Aki, un centro conosciuto per le sue qualità in penetrazione, ha toccato 21 palloni, portandone sì avanti 12, ma passandone ben 9. Un dato non scontato se si pensa che è il giocatore che ha distribuito di più il pallone fra le fila irlandesi se si tolgono i mediani.

Una delle cose che ha fatto la differenza nella decisiva situazione della meta di Stockdale. Leavy e Ringrose hanno giocato la prima fase irlandese e sono già pronti per giocare la terza pochi secondi dopo. Il terza linea è un’opzione per Murray, mentre il centro riceve il pallone e gioca con Aki il loop che manda poi in meta Stockdale.

Ringrose è invece una gioia per gli occhi. In una gara nella quale rientrava in nazionale dopo aver avuto giusto un assaggio di minutaggio nel club, Ringrose ha oscurato la stella di Huw Jones, uno dei migliori giocatori del Sei Nazioni di quest’anno.

La sua eleganza in attacco ruba l’occhio, la tecnica individuale è sopraffina e il suo cambio di direzione verso l’interno sarebbe degno di un’ode classica, ma la sua è stata una partita assolutamente completa anche in difesa, dove non ha lasciato scampo agli avversari con salite puntuali e ottime letture.

Meritato, comunque, il man of the match per Rob Kearney. L’estremo irlandese non è spettacolare come altri dei suoi colleghi, né ha la precisione di un Halfpenny, ma ha giocato una partita leonina, disegnata da Joe Schmidt per esaltare le sue capacità nel gioco aereo, dove Kearney ha mangiato sulla testa di Blair Kinghorn, Sean Maitland, Finn Russell e chiunque si trovasse sotto gli up’n’under che l’Irlanda ha sparato in cielo soprattutto nel primo tempo. Una strategia semplice: palla nella metà campo irlandese->up’n’under->Kearney recupera il pallone nella metà campo avversaria e i suoi possono attaccare una difesa arretrante e mossa.

Adesso, la trasferta di Twickenham serve a certificare l’ordine di grandezza di questa Irlanda, una squadra che episodicamente ha evidenziato dei limiti ma che si trova giustificatamente sul podio del ranking mondiale e naviga verso la Coppa del Mondo con tre Sei Nazioni vinti in cinque anni e l’ambizione di riuscire a sfatare il tabù chiamato semifinale.

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