L’epicentro del terremoto

Chris Robshaw di nuovo numero 7 per l’Inghilterra: dopo quello che è stato, un’occasione di riscatto nel momento più caldo

Ovale Internazionale
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5 min readFeb 10, 2018

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“A six and a half at best”, un sei e mezzo al massimo.

Certe parole sono come mattoni, ma non è evidentemente questo il caso. Eddie Jones ha pronunciato queste parole nel bel mezzo della coppa del mondo 2015, subito dopo la doppia sconfitta dell’Inghilterra contro Galles e Australia.

Le ha dette a proposito di Chris Robshaw, allora capitano dell’Inghilterra e numero 7 dell’Inghilterra. Quel Robshaw oggi detentore della maglia bianca numero 7 in questo Sei Nazioni, con Eddie Jones commissario tecnico, Sam Underhill che respira sul suo collo e un’immensa partita da giocare contro il Galles, a Twickenham.

La partita che tutti i gallesi stanno aspettando di dimenticare. Con una migliore.

Percorso

E’ la prima giornata del Sei Nazioni 2015. L’Inghilterra di Stuart Lancaster vuole dare un segnale a tutto il mondo ovale: la prossima Rugby World Cup in casa è all’orizzonte e la Rosa arriverà preparata.

Al Millennium Stadium di Cardiff va in scena la faida secolare fra Galles e Inghilterra, che già sanno che si ritroveranno nello stesso girone di ferro al mondiale, insieme ad Australia, Figi e al malcapitato Uruguay. La tensione si taglia col coltello.

Quando l’Inghilterra esce dallo spogliatoio, i giocatori in fila indiana dietro il giocatore degli Harlequins, raggiunge il tunnel che porta all’ingresso in campo, in un clima rigido riscaldato dal clamore di ottantamila tifosi al luppolo e dalle pirotecniche fiammate sprigionate all’ingresso delle squadre in campo.

Nel tunnel non c’è traccia dei gallesi. Quando il direttore di gara fa cenno a Robshaw di portare i suoi in campo, il capitano inglese si rifiuta. Non ha nessuna intenzione di accettare la provocazione gallese e di essere lasciato lunghissimi minuti ad aspettare la squadra di casa là fuori, sul prato del Millennium.

Un episodio che vale a Robshaw il rispetto dei compagni, ma anche il plauso unanime di stampa e tifosi, fino a quel momento episodicamente dubbiosi sul capitanato del 7 degli Harlequins. I 21 placcaggi effettuati dal terza linea nell’incontro hanno comunque aiutato.

Stampa e tifosi sarebbero stati assai meno clementi solo pochi mesi dopo, facendo di Chris Robshaw l’agnello sacrificale, il capro espiatorio dell’uscita dalla Rugby World Cup. Stuart Lancaster viene allontanato dalla posizione di capo allenatore, Eddie Jones lo sostituisce dopo aver scritto sul Daily Mail non soloe che Robshaw non ha le qualità per essere un numero 7 di livello internazionale, ma averne anche criticato la scelta come capitano.

Ma, come tante volte accade, dal momento più buio incomincia la risalita: Eddie Jones ha ancora bisogno dei talenti di Robshaw, fisici, tecnici e morali. Il nuovo head coach incontra il terza linea, si parlano. Il giocatore, che è sempre stato un esempio di sacrificio del proprio ego in nome del bene della squadra, accetta di buon grado di togliersi la fascia dal braccio e di cambiare posizione, passando a numero 6.

Meanwhile all’Olimpico

L’Inghilterra riparte. Nel Sei Nazioni 2016, con un po’ di sorpresa da parte di tutti, vince subito il Grande Slam. Un sollievo per molti, anche perché i giocatori sono fondamentalmente gli stessi della disfatta iridata. Robshaw gioisce con gli altri ma a Sky Sports ammette che il periodo successivo alla Rugby World Cup torna ancora a tormentarlo, e che prevede accadrà per sempre.

L’Inghilterra vince anche il Sei Nazioni 2017, ma Robshaw è infortunato ad una spalla e non fa parte del gruppo. Rientrerà solo a giugno, uno dei senatori nella nazionale inglese che vola in Argentina in contemporanea al tour dei Lions, dai quali è rimasto escluso.

A novembre l’ultimo test match della finestra internazionale vede l’Inghilterra ospitare Samoa. Dylan Hartley viene per la prima volta messo in panchina da Eddie Jones, che assegna la fascia di capitano a due giocatori, George Ford e Chris Robshaw. Stavolta tutto va per il meglio, l’Inghilterra vince facilmente. Piano piano il gorilla seduto sulle spalle di Robshaw sembra essere più leggero.

Esposto

Dall’inizio della stagione Sam Underhill, il giovane terza linea di Bath che sembra essere nei favori di Jones per le sue spiccate caratteristiche da openside puro, pronto a mettere la testa in ogni raggruppamento, si è dovuto fermare due volte per due concussion ravvicinate.

Ecco che, complice qualche acciacco e la squalifica di James Haskell, Chris Robshaw torna a vestire la maglia numero 7 della nazionale inglese e, dopo la vittoria sull’Italia all’Olimpico, scenderà in campo con l’altra netta vincitrice del primo turno, quel Galles che tutti davano per spacciato, un po’ come quella volta alla Rugby World Cup.

Chris Robshaw affronta quest’oggi una delle partite più importanti da quel settembre del 2015: contro il Galles hanno importanza capitale proprio quelle fasi di gioco, quei momenti dove il giocatore è non lacunoso, ma manca della brillantezza necessaria per essere un numero 7 di livello internazionale.

Incubi

Di fronte ci sarà Josh Navidi, che a novembre e nel primo turno ha dimostrato di essere un numero 7 completo e multidimensionale, con uno spiccato istinto per il recupero del pallone. Sono stati 3 i turnover vinti dal terza linea dei Cardiff Blues contro la Scozia.

Ogni ruck, con i suoi dintorni, sarà territorio di caccia e di battaglia contro un Galles che, caratteristica storica dalla quale non è disposto a prescindere, ha intenzione di fare il diavolo a quattro per rallentare i palloni inglesi e magari sfruttare qualche turnover per lanciare un letale contrattacco.

Robshaw equilibra bene una terza linea costituita da Sam Simmonds e Courtney Lawes, dedicandosi a tutto il lavoro sporco che gli riesce meglio: pulizia di ogni ruck, lavoro gregario, un po’ di ball carrying. All’Inghilterra manca però uno specialista del furto, quello che gli anglosassoni chiamano jackal, uno sciacallo, e da noi si è più fumettisticamente guadagnato il nome di grillotalpa.

Una mancanza che potrebbe essere mascherata, come successo alle volte, dalla forza e dalla potenza fisica degli inglesi e dal contributo marginale di due “sciacalli adattati” come Mako Vunipola e Dan Cole.

Ma se la partita dovesse vedere un Galles baldanzoso, capace di giocare la partita più in terra che in piedi, Chris Robshaw sarà là fuori, ad affrontare i propri limiti come due anni fa, a capire se ha la forza di resistere al centro del terremoto.

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