Giulio Regeni, vissuto e ucciso come un egiziano

Verità per Giulio
5 min readFeb 7, 2016

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di Randa Ghazy
(pubblicato in origine su
Vanityfair.it)

Giulio Regeni è svanito nel nulla. Come Ibrahim Halawa. Omar Salah. Mohammed El-Gindi. Mohamed El-Shafie. Islam Khalil. Ashraf Shehata. E molti altri. Non è ancora chiaro chi l’abbia torturato ed ucciso. Ma è impossibile, parlando del nostro Giulio, non pensare a tutti i giovani “desaparecidos” egiziani, torturati, in alcuni casi uccisi, in altri tenuti in cella per oltre due anni. Come Ibrahim Halawa, cittadino irlandese arrestato mentre era in vacanza in Egitto. Aveva diciassette anni. Ora ne ha venti, ed è sempre dentro in attesa di un processo di massa insieme ad altri 494 giovani.

Giulio ha vissuto come un egiziano, parlato come un egiziano, mangiato come un egiziano. Ed è stato ucciso come un egiziano. Quello che è successo a Giulio non è una sfida alla libertà accademica, di viaggiare e fare ricerca nel mondo. Strappato dalla strada, brutalmente menomato, e privato della dignità una volta che il suo corpo seminudo è stato gettato su quella strada desertica che unisce Il Cairo ad Alessandria, la stessa strada dove, mi raccontavano amici e parenti, dopo la rivoluzione regnava l’anarchia e criminali prezzolati minacciavano gli automobilisti a colpi di sciabola (esatto, sciabola.)

Quello che è successo a Giulio non è un affronto all’Italia: ma un affronto all’umanità, cosi come tutti gli egiziani che non tengono un profilo basso sanno bene.

Un dato, su tutti. La Egyptian Commission for Rights and Freedoms (ECRF) ha registrato 340 casi di sparizioni forzate nel corso di soli due mesi, con una media di tre casi al giorno. Significa torture, estorsione di confessioni e informazioni su chiunque scenda in piazza o semplicemente critichi il governo. Chiunque si esprima liberamente, su qualsiasi fatto sociale o politico, è in pericolo. Pochi giorni fa il vignettista Islam Gawish veniva incarcerato per aver disegnato il parlamentare filogovernativo Mortada Mansour, a capo della commissione parlamentare per i Diritti umani, in piedi accanto a un torturatore, mentre lo consiglia di accanirsi contro la vittima «gentilmente». Il caso contro di lui era cosi’ debole che le autorità, anche grazie alla mobilitazione sui social media, hanno dovuto rilasciarlo.

Ma prima di lui ce ne sono stati altri. Come Shady Abu Zaid, corrispondente di un popolare programma satirico, che è stato arrestato per aver consegnato palloncini fatti coi preservativi ai poliziotti di turno a Piazza Tahrir durante l’anniversario della rivoluzione. 1.4 milioni di visualizzazioni su Facebook, costategli care.

Giulio era visiting scholar all’ Università Americana del Cairo. Mi ricordo dell’estate trascorsa in quella stessa università a migliorare il mio arabo, quando la sede era ancora a due passi da piazza Tahrir. Arrivare all’università era sempre un’impresa: traffico, caos e alterchi con tassisti opportunisti o guardoni un giorno sì e l’altro pure. Ma poi, superate le porte dell’università, respiravi un clima diverso: li’ dentro ragazzi e ragazze potevano socializzare senza essere accusati di immorale promiscuità, gli studenti stranieri erano la norma e si poteva quasi sperare che l’Egitto ce l’avrebbe fatta, la gioventù egiziana ce l’avrebbe fatta.

“Quelli che hanno ucciso Giulio sono gli stessi assassini che uccidono gli egiziani”

Giulio non frequentava solo i giovani abbienti dell’American University. Si occupava di sindacati, di diritto del lavoro, frequentava incontri con gli attivisti del sindacalismo indipendente egiziano e amava Pasolini. Aveva voglia di studiare, di aiutare, di coltivare uno spirito critico. Giulio era un giovane italiano che meritava di vivere. E come lui, tutti i giovani egiziani che stanno sfidando el-Sisi e il suo stucchevole populismo. Il problema vero, in Egitto, è la mancanza di alternative. I liberali che a suo tempo appoggiarono i militari di Abdel Fattah el-Sisi, sostenevano che l’Egitto era in pericolo: gli islamisti, i terroristi, le interferenze di Qatar e Stati Uniti, il riscaldamento globale, l’invasione delle cavallette giganti…

I militari significavano sovranità nazionale. Unità nazionale. Sicurezza. In virtu’ di queste priorità, valeva la pena riconsegnare il paese in mano ai militari (neanche due anni dopo averglielo tolto a suon di manifestazioni!). «Guarda la Siria» mi dicevano in molti «La Libia, l’Iraq…vuoi che facciamo la loro stessa fine?». E cosi ci siamo rimessi l’aguzzino in casa. Sindrome di Stoccolma? Paura? Miopia? Vai a sapere. Gli egiziani sono intrappolati in un bipolarismo struggente. E le conseguenze sono internazionali. Ogni violazione, ogni brutalità, ogni passo falso viene biecamente strumentalizzato dagli islamisti e dai sostenitori dei Fratelli Musulmani (ne abbiamo molti, in Italia, e frequentano i migliori salotti della televisione italiana) che hanno furbamente indossato la veste dei difensori delle libertà civili, pur di promuovere l’agenda islamista.

L’Egitto ha bisogno che i liberali uniscano le forze, e che combattano simultaneamente due tumori uguali e contrari: la militarizzazione del paese, e l’islamizzazione del paese.

Giulio è stato ucciso da entrambi, perchè entrambi hanno impedito all’Egitto di marciare verso la democrazia. Giulio è stato ucciso anche da tutti coloro che preferiscono fare affari con questo Egitto e tacere sul resto.

David Cameron lo disse candidamente a proposito dell’Arabia Saudita: «Gli affari sono affari. E l’Arabia Saudita ci tiene al sicuro». E allora che opprimano le loro donne, che lapidino le loro adultere e i loro omosessuali, che arrestino e torturino i loro attivisti: chiuderemo un occhio, e anche due. Solo che questa volta è accaduto ad uno di noi: e quindi, forse, possiamo indignarci un po’ di più. Fare giustizia per Giulio.

Uno di noi, ma anche e soprattutto uno di loro.

(articolo pubblicato in origine su Vanityfair.it il 7 febbraio 2016)

Randa Ghazy è una scrittrice italiana nata a Saronno da genitori egiziani nel 1986. Ha pubblicato il suo primo racconto “Sognando Palestina” (Fabbri 2002) a soli quindici anni. Ha scritto anche “Prova a sanguinare”. “Quattro ragazzi, un treno, la vita” (Fabbri 2005) e “Oggi forse non ammazzo nessuno”. “Storie minime di una giovane musulmana stranamente non terrorista” (Fabbri 2007).

I libri di Randa Ghazy. Su Twitter: @ghazy_r

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Verità per Giulio

Una pubblicazione open-journalism per raccontare la verità sulla morte del ricercatore Giulio Regeni. E per tutti gli altri.