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17 min readMar 18, 2015

I critici la chiamano “la radio dei papponi e delle sgualdrine”. Ma un nuovo e popolare programma radiofonico con telefonate dal pubblico sta aiutando una generazione di afghani a orientarsi in un campo di battaglia segnato da conflitti, confusione e paura: l’amore ai tempi moderni.

Di Mujib Mashal
Fotografie di Kiana Hayeri
Animazioni di Isabelle Aspin e Brian Smee

Il conduttore modula la voce abitualmente scherzosa in una cantilena dolce e sognante: “State ascoltando 98.1 Arman Fm, la radio dei cuori. Questa è La notte degli innamorati”.

Alla fine di ogni venerdì, Ajmal Noorzai si siede davanti al microfono in uno studio poco illuminato. Conduce un programma di due ore che è in parte una narrazione resa possibile dalla tecnologia e in parte uno sfogo dei cuori spezzati, spesso proprio per colpa della tecnologia. Non è il classico programma con telefonate sdolcinate. Non ci sono scambi di battute con il conduttore. Non si danno consigli. Gli ascoltatori si limitano a chiamare lasciando lunghi messaggi vocali, oppure scrivono sulla pagina Facebook del programma, che poi il conduttore legge o recita. Tutti, conduttore compreso, ascoltano.

“Sarò con voi fino alle nove di sera. Potete chiamare il 456 per registrare le vostre storie oppure, se avete accesso a internet, potete scrivere un post sulla nostra pagina Facebook: la mia collega Yalda Jan lo leggerà in forma anonima con la sua voce calda”.

Un venerdì sera visito lo studio di radio Arman, nell’elegante quartiere Wazir Akbar Khan di Kabul. Ajmal ha una camicia a scacchi con le maniche arrotolate per mettere in mostra, sul braccio destro, un tatuaggio che è una via di mezzo tra uno scorpione e una fiamma. Ha tre cellulari — 68 sms non letti nel primo e altri otto in un altro — e due monitor accesi davanti a sé. Una sola lampadina al neon sul soffitto azzurro illumina appena la stanza. Un tappetino persiano copre il pavimento.

Ajmal parla al microfono pochi minuti per introdurre la trasmissione. Come sempre, chiede agli ascoltatori che telefonano di parlare con naturalezza, con le loro voci normali, senza sforzarsi di imitare il tono monocorde dei monologhi dei film di Bollywood, che spopolano tra gli afgani. “Sono fatto del tuo amore. Prima esistevo e basta. Ho cominciato a vivere solo dopo averti incontrata”.

Ajmal vuole i dettagli, particolari piccanti. Anche se può essere difficile.

“Pensate a noi come a un ponte: con calma e passione raccontateci le vostre storie d’amore e di separazione. Avete da uno a dieci minuti, immaginate di essere davanti a uno specchio o sdraiati sul letto. Raccontateci i particolari”.

Quando si racconta una condizione che è relativamente nuova per un intero paese, ogni dettaglio è importante. Fino all’inizio della guerra guidata dagli Stati Uniti e alla caduta dei taliban, le relazioni amorose — almeno come le conosciamo in occidente — quasi non esistevano. Uomini e donne non potevano avvicinarsi. I matrimoni erano combinati. Vedersi con qualcuno violava la tradizione. C’erano la fede e la famiglia, e imparavi lentamente ad amare chiunque ti veniva imposto come moglie o marito. Poi è arrivata la liberazione dai taliban, le donne hanno cominciato a uscire di casa di più e, ben presto, c’è stata un’esplosione di incontri romantici, per lo più on-line e al telefono. Con la possibilità di incontrarsi è arrivato un nuovo tipo di “amore”, che in occidente è molto più comune ma che qui ha provocato una comprensibile e non trascurabile dose di confusione. Infatti mentre i giovani hanno intrapreso una lenta e rischiosa esplorazione delle relazioni moderne, il resto della società resta ancora aggrappato a valori ultraconservatori. E così l’amore porta inevitabilmente a una qualche forma di infelicità. Ed è di questo che le persone vogliono parlare a radio Arman: dei loro cuori infranti.

Comincia una storia. Sullo sfondo suona una musica dolce, una canzone di Bollywood che si accorda alla storia raccontata. Una trama prevedibile: il colpo di fulmine, l’infedeltà, la separazione.

“Caro, dolce Ajmal”, attacca una giovane voce femminile, triste e monotona. Un ragazzo a un matrimonio, racconta, le ha infilato il suo numero di telefono nella borsa. Un atto sfrontato. Lei per un mese ha esitato a chiamarlo. Cosa doveva fare? Non poteva chiedere consiglio ai suoi amici e tanto meno ai genitori. Alla fine ha composto il numero e ha riagganciato, ma il ragazzo ha indovinato che il numero era il suo e ha cominciato a chiamarla di continuo. In un primo momento lei si è infastidita, ma quando si sono parlati lui sembrava così coinvolto, così gentile. Si è innamorata di lui senza averlo mai incontrato di persona. Lui probabilmente ha capito che il suo cuore si stava aprendo, perché poco dopo è cambiato. Una volta raggiunto il suo obiettivo, non si è più interessato a lei. Il suo numero improvvisamente era sempre occupato, racconta. Non rispondeva mai alle sue telefonate. Evidentemente parlava con altre ragazze.

La voce s’interrompe, la musica di sottofondo cresce e si riversa dagli altoparlanti in tutto il paese — dalle autoradio dei tassisti che guidano sulle strade pericolose di notte, dalle radioline portatili dei soldati stanchi che pattugliano province lontane, dagli altoparlanti dei computer e dalle radio dei vecchi che ancora considerano blasfemo guardare la tv. “Bewafa!”, grida il cantante di Bollywood, “Infedele!”.

Tutto qui. Nessun commento, nessuno scambio di battute tra chi telefona e il conduttore. Quando la canzone finisce, parte uno spot. Ajmal si toglie la cuffia e si appoggia allo schienale della sedia rilassandosi per qualche secondo, come un direttore d’orchestra tra un movimento e l’altro.

“Voglio solo sentire una volta la tua voce”

Un cortometraggio animato basato su una telefonata al programma La notte degli innamorati.

Per moltissimo tempo il palazzo di diciotto piani del ministero delle telecomunicazioni di Kabul è stato l’unico simbolo della modernità in Afghanistan. Era l’edificio più alto del paese e la costruzione più simile a un grattacielo di cui gli afgani si potessero vantare. Oggi non lo è più. Dopo il 2001 sono spuntati molti altri palazzi grazie ai nuovi ricchi che hanno fatto affari con i militari negli ultimi dieci anni, ma il ministero ospitato in quell’edificio è riuscito a realizzare una delle maggiori storie di successo dell’ultimo decennio: il boom delle telecomunicazioni.

Prima che gli Stati Uniti invadessero l’Afghanistan (all’epoca ero un adolescente di Kabul), durante il governo dei taliban, i mezzi di comunicazione quasi non esistevano. Solo una radio pubblica, La voce della sharia, trasmetteva dall’interno del paese (con un colpo di scena tipicamente afgano, l’uomo che prestava la sua voce ai proclami del Mullah Omar, il leader dei taliban, ora durante La notte degli innamorati registra gli appelli che esortano i taliban a deporre le armi. “Rovina l’atmosfera”, mi dice Ajmal). Ai tempi dei taliban la tv e internet non c’erano. Esistevano circa 15mila linee telefoniche analogiche per più di 20 milioni di persone. Per parlare con i familiari all’estero — e noi avevamo creato la più grande comunità di rifugiati del mondo — gli afgani dovevano attraversare la frontiera con il Pakistan, alloggiare dal parente di qualcuno per qualche notte e aspettare la telefonata dagli Stati Uniti, dall’Europa o dall’Iran. Telefonare costava parecchio, e le conversazioni a quei tempi erano brevi. Eppure, la metà del tempo si perdeva in convenevoli: “Come stai sorella, come va la salute? Stai bene, la salute è a posto? Sì, noi stiamo tutti bene grazie alla generosità di dio”.

Tredici anni dopo, l’Afghanistan ha visto crescere notevolmente il settore delle telecomunicazioni, finanziato in gran parte da investimenti privati: circa 2,1 miliardi di dollari solo da organismi stranieri. Oggi il settanta per cento del paese ha una copertura telefonica. Ci sono più di due milioni di nuovi utenti di internet, un milione di persone con telefoni 3G, 89 canali televisivi e 232 stazioni radio fm. È difficile esagerare l’effetto di una crescita simile su ogni aspetto della vita afgana, e forse soprattutto sui rapporti tra uomini e donne.

Ai vecchi tempi, le cose andavano più o meno così: quando un ragazzo diventava inquieto — litigava con i fratelli, rompeva i piatti, sbatteva le porte — i genitori sorridevano dicendo che aveva bisogno di una moglie, e cominciava la ricerca. Una piccola delegazione di donne, composta di solito dalla madre del ragazzo, una zia e una sorella maggiore, cominciava a passare in rassegna le potenziali spose fingendo visite di cortesia. Ovviamente i parenti della ragazza sapevano esattamente di cosa si trattava. La famiglia che conduceva l’indagine valutava la ragazza in questione secondo determinati criteri: quanto era ordinata la sua casa? Quanto erano pulite le tazze in cui serviva il tè? Come cuciva? Per capire se l’interesse era reciproco, bastava guardare come si presentava la ragazza, se le avevano raccomandato di essere ospitale e cortese. Se la ragazza non arrivava nella stanza ad accogliere gli ospiti, era segno che probabilmente non erano interessati. Dopo il tè, o qualunque altra cosa, le donne tornavano a casa per discutere con gli uomini di quello che avevano visto, e a volte affrontare l’argomento con il potenziale sposo. Quanto alla ragazza, non le rimaneva che osservare a distanza come veniva decisa la sua vita.

Oggi il rituale degli incontri, almeno nelle aree urbane, è cambiato (il corteggiamento vecchio stile continua in gran parte del paese): i ragazzi si conoscono online o di persona. Il loro rapporto si rafforza al telefono. Cercano una storia d’amore, con tutti i suoi rischi e le sue smancerie, e poi, quando è tutto finito, telefonano alla radio con il cuore spezzato.

L’idea della Notte degli innamorati è venuta a Sameem Sadat, il direttore di Arman, la prima radio privata del paese e la più popolare, mentre tornava a casa nel traffico. Si calcola che Kabul, una città progettata per due milioni di abitanti, oggi abbia una popolazione di più di quattro milioni di persone e oltre 650mila automobili che percorrono stradine destinate ad accoglierne 30mila. Le rotatorie sono caotiche: gli autisti sudano e urlano tagliandosi la strada e maledicendo le madri degli altri.

Un giorno Sadat era in macchina con la testa tra le nuvole quando si è accorto che “il ragazzo nella macchina accanto alla mia non faceva che mandare messaggi”, dice. Sembrava che stesse flirtando con il cellulare. Non era l’unico. La maggior parte dei giovani intorno a Sadat erano immersi nelle chat. “In quel momento mi sono reso conto che tutti i ragazzi di questa città sono innamorati, e che dovevamo fare qualcosa”, racconta. “Abbiamo deciso di adottare un format molto semplice. Non volevamo dare consigli o roba del genere, solo offrire uno spazio perché potessero raccontare le loro storie”. Era una decisione pratica: dare consigli avrebbe potuto metterli nei guai con il Consiglio nazionale dei religiosi e l’ufficio del procuratore generale, che hanno ripetutamente preso provvedimenti contro i programmi televisivi turchi e indiani che promuovono un amore romantico, giudicato “immorale” (ma le soap opera sono diventate così popolari che, si dice scherzando, gli anziani hanno chiesto all’imam della moschea di ritardare la preghiera della sera perché coincideva con Tulsi, una telenovela indiana).

Uno dei motivi per cui ha scelto il venerdì sera, dice Sameem, è che nel fine settimana i ragazzi “raccolgono le idee” e possono raccontare le loro storie. Una ragione più plausibile è che alcune compagnie di telefonia mobile permettono di chiamare gratis il venerdì: una telefonata alla Notte degli innamorati costa circa venti centesimi al minuto e gli amanti con il cuore spezzato a volte finiscono il credito a metà della loro storia, un’altra cosa che rovina l’atmosfera (nel frattempo il programma è stato spostato dal venerdì al mercoledì sera e dura tre ore invece di due).

Sameem voleva lanciare La notte degli innamorati il giorno di san Valentino, una ricorrenza che solo di recente è stata introdotta in Afghanistan, ma che oggi i mezzi d’informazione locali festeggiano con servizi sulle coppie che comprano fiori e regali. I ragazzi augurano “Buon San Valentino a te e alla tua famiglia” su Facebook e via sms, come se fosse una festa nazionale.

Quando il programma è andato in onda per la prima volta, le persone che telefonavano erano restie a parlare sinceramente. Ma pian piano, sotto la guida di Ajmal, si sono aperte. Una volta, una ragazza di nome Sameera ha pianto a dirotto raccontando di essersi innamorata di un uomo anche se le era stato destinato un altro. Nella società afgana l’onore è tutto, ed è vergognoso che una ragazza abbia rapporti di qualunque tipo con un uomo prima del matrimonio. I produttori dovevano essere molto attenti a tutelare la sua identità.

Sameera era fidanzata da tre anni con un bravo ragazzo. Ma per quanto si sforzasse di “indirizzare il suo cuore verso di lui”, non ci riusciva. La sua famiglia — la sorella, il fratello — avevano cercato di aiutarla a dimenticare l’uomo che amava davvero, ma senza successo. Si sentiva in trappola. “Volevo solo raccontarlo agli ascoltatori. Sono una ragazza molto infelice. Buona notte a tutti, e prego perché coloro che sono separati possano incontrarsi di nuovo. Dio vi protegga”.

Il volume della musica saliva, il cantante gorgheggiava: “Nella tua città, c’è la tua aria, ma tu non ci sei. Il canto della tua risata è qui, ma tu non ci sei”.

Quello che ha colpito Ajmal non è solo che Sameera aveva parlato sinceramente, apertamente, di un argomento tabù. Era che la sua storia stabiliva un contatto con migliaia di altre persone unite nell’infelicità e nelle pene d’amore. L’Afghanistan è un paese di dolore sommerso, una nazione schiacciata dai disturbi post-traumatici da stress. Abbiamo conosciuto tante atrocità da considerare normale quello che altrove attirerebbe l’attenzione degli psicologi. Il dolore va affrontato in solitudine, “va condiviso solo con gli specchi”, come ha detto il poeta Qahar Asi.

Ajmal ricorda bene il racconto di Sameera. “L’avevo già sentito preparando il programma, ma quando è andato in onda non sono riuscito a trattenermi. Ero in diretta, ma le lacrime continuavano a scorrere”, ricorda. “Lo spazio, l’aria mi sembravano completamente cambiati”.

Ajmal pensava alla storia della sua vita, che era stata letta alla radio in forma anonima. Oggi è fidanzato da un anno e mezzo, un rapporto combinato dalla sua famiglia quando il suo primo amore è finito male. Ajmal era innamorato di una sua cugina da più di sette anni quando il padre di lei un giorno li sorprese seduti l’uno accanto all’altra che giocavano a carte. “Fraintese la scena, giuro che le nostre mani non si erano mai toccate con desiderio, neppure una volta”, racconta Ajmal. Senza dargli la possibilità di spiegarsi, lo zio organizzò rapidamente il matrimonio della figlia con un familiare all’estero (un fidanzamento che avrebbe conosciuto momenti difficili quando il ragazzo scoprì che la sua promessa sposa provava qualcosa per Ajmal). Intanto la famiglia di Ajmal, offesa e arrabbiata per essere stata respinta, combinò in fretta un altro matrimonio.

Ajmal pensa ancora alla storia di Sameera come a una versione melodrammatica delle sue sofferenze. “La storia di quella ragazza mi ha commosso fino alle lacrime”, racconta. “Ho pensato che dio conosce i nostri cuori, sa quali amori sono puri e quali no, e allora perché gli amori puri non possono unirsi?”.

La notte degli innamorati ha dato una voce alle donne afgane come Sameera. Ma non si può chiedere a un programma radiofonico di cancellare anni di sessismo profondamente radicato. Anche se la rapidità del cambiamento tecnologico in Afghanistan è stupefacente, il dibattito sui diritti delle donne rimane superficiale come quello della nostra élite corrotta sulla corruzione. I politici in tv dichiarano di voler difendere i “diritti delle donne”, ma quando le proposte di legge sulla questione riescono ad arrivare in parlamento — come quella per vietare lo stupro, i matrimoni precoci e altri abusi — vengono affossate senza un dibattito. La misoginia si riflette nello stesso linguaggio giuridico. Centinaia di donne sono finite dietro le sbarre per “crimini morali”: perché avevano relazioni sentimentali o, peggio, perché erano vittime di uno stupro.

Ma il programma di Ajmal è riuscito a far uscire allo scoperto le voci messe a tacere e a incoraggiare un dibattito. Il resto è un lavoro lento e difficile. Ogni settimana, per esempio, La notte degli innamorati mette la storia migliore sulla sua pagina Facebook, che ha quasi mezzo milione di amici. Leggendo i commenti delle donne si percepisce un sentimento di sorellanza. Qui, almeno, possono proteggersi a vicenda, puntando il dito contro i ragazzi che vogliono solo approfittare di loro. “Mia dolce sorella, non piangere”, scrive un’ascoltatrice. “Ci sono tanti ragazzi a questo mondo che dicono ‘ti amo’, ma spariscono appena trovano una ragazza più ricca o più carina”.

“Che dio ti conceda la pazienza, prego per te”, scrive un’altra.

“Credimi, ho pianto tanto per te, cara sorella. Non piangere più, ti prego”, scrive una terza. “Il mio messaggio per tutti i fratelli afgani è: se non amate una ragazza non fatele false promesse. Dio vi guarda.”

Gli uomini a volte intervengono con la loro visione poetica dell’amore. “Voglio essere una melagrana, così quando mi cammini intorno come un coltello ti sacrificherò ogni goccia del mio sangue, e ogni goccia griderà ‘ti amo’”, commenta un ragazzo. “Ti amo così tanto che, se sospiro, da me promana l’odore del kebab”, scrive un altro.

Ma prima o poi la realtà dei rapporti tra uomini e donne in Afghanistan — dominata dal sessismo — si insinua nelle conversazioni. “Hai parlato al telefono con lui per quattro anni, lo hai visto solo tre volte e sei innamorata?”, ha scritto un ascoltatore a proposito dell’amore infelice di una ragazza di Kunduz. “Ora capisco perché i taliban non permettevano alle ragazze di andare a scuola. Dici che tuo padre ti appoggia. Se fossi tuo padre ti taglierei la testa”.

“Radio Arman è la radio dei papponi e delle sgualdrine”, ha scritto un ragazzo afgano che vive in Australia.

L’atteggiamento predatorio nei confronti delle donne ha trovato un facile alleato nella rete, che a volte può aiutare una certa creatività equivoca. All’epoca dei taliban, le rarissime opportunità di vedersi — e gli enormi rischi che comportava — costringevano gli uomini a fare ricorso a tutta la loro inventiva per conoscere una donna. Uno stratagemma era fingere di essere un apprendista nel negozio di un amico sarto dove le donne andavano a farsi prendere le misure. La sartoria era un posto straordinario per flirtare, e non solo.

Oggi invece su internet gli uomini fingono di essere donne per adescare le ragazze, ma a volte anche per fare scherzi agli amici che si innamorano di chiunque si presenti su Facebook con un nome e una foto femminili. Oppure assumono un aspetto distinto: si fanno fotografare con la mano sullo sportello di un’auto elegante, la giacca piegata sul braccio davanti a un grattacielo. I più infidi e veloci di solito riescono a spuntarla. E pochi sono più infidi di un uomo che ho conosciuto a Kabul, Rafiq.

Rafiq ha quasi trent’anni ed è sposato. Porta i capelli lunghi secondo una moda ormai superata dei film di Bollywood e guida un Toyota Land Cruiser. È piuttosto ricco, appartiene a una famiglia di politici e imprenditori. Dice di essere riuscito ad avvicinare più di venti ragazze di persona dopo averle conosciute su Facebook. “Sono un bastardo per certe cose. Me le lavoro bene online, e quando finalmente ci conosciamo è come se fossero innamorate di me da anni”, mi dice davanti a un narghilè in un caffè di Kabul. Il suo metodo consiste nel lasciare commenti spiritosi o messaggi su Facebook e poi, dopo aver chattato qualche volta, chiedere un numero di telefono o un contatto Skype. Rafiq preferisce Skype: il video gli permette di verificare che si tratta di una ragazza e non di un amico che lo prende in giro. Quando non aveva la connessione a internet a casa, si tratteneva in un caffè della zona fin dopo la chiusura e convinceva i camerieri a lasciargli il narghilè. In una di queste videochat a tarda notte, racconta, una volta ha ottenuto perfino che “una ragazza facesse la danza del ventre” per lui. Dopo le chiacchierate via Skype, Rafiq cerca di convincere le ragazze a incontrarlo di persona. Gli va bene Kabul, ma le invita anche in posti come Goa, in India, con le sue incantevoli spiagge. Qui il divertimento è quasi sempre sinonimo di grandi bevute e droga. Poi, quando la sua attenzione cade su un’altra donna, scoppiano i litigi. Rafiq non si prende il disturbo di cercare uno stratagemma o una scusa: “Una volta ho sbattuto una ragazza fuori dal letto subito dopo averci fatto sesso”.

La notte degli innamorati affronta ogni sfumatura della sofferenza d’amore. Ho conosciuto uno studente universitario che chiamerò Shaadkam mentre preparavo un reportage sulla cittadina di Mazar-i-Sharif. Shaadkam ha i capelli corvini e intensi occhi a mandorla, e vive nella provincia settentrionale di Balkh. Anche la sua storia comincia con un incontro su Facebook. Hanno chiacchierato per tre mesi di fila. Flirtava con lei, condivideva canzoni, parlava di film, ma ancora non sapeva se era davvero una ragazza o un impostore. Poi, per un paio di settimane non si è connesso perché era in viaggio e ha ricevute una telefonata da una voce che non aveva mai sentito. Era la sua innamorata, ed era reale.

“Parlavamo di notte. Io uscivo, oppure andavo in camera mia e chiacchieravamo. Ma lei si rifiutava di farmi avere una sua foto”, mi ha raccontato Shaadkam. “Un paio di volte mi ha mandato perfino del credito telefonico, quando sono rimasto a secco. Chiacchieravamo, scherzavamo, ma niente di erotico”. Durante le telefonate, Shaadkam chiudeva gli occhi e cercava di immaginare com’era. Era alta e aveva gli occhi grandi, oppure solo la sua voce era bella?

Si sono incontrati un anno dopo. La famiglia della ragazza stava andando al santuario dalla cupola azzurra di Mazar-i-Sharif, la capitale della provincia di Balkh, e lei lo ha invitato a raggiungerli. Gli ha detto cosa avrebbe indossato, e quando Shaadkam l’ha vista da lontano, era ancora più carina di come l’aveva immaginata.

Si sono rivisti altre due volte, poi lei gli ha chiesto di fidanzarsi. Non poteva più andare avanti di nascosto. Lui le ha detto di pazientare, e finalmente ha mandato le zie a casa della ragazza per chiedere la sua mano. La famiglia di lei era pashtun e conservatrice, quella di Shaadkam era tagica. Non avevano un passato comune. I genitori della ragazza hanno rifiutato la proposta. La sua innamorata gli ha proposto una fuga d’amore, ma Shaadkam ha detto che era inutile. Non avevano futuro. Shaadkam ha smesso di rispondere ai suoi messaggi. Oggi continua a chattare con alcune ragazze, dice, ma non è la stessa cosa: “Non sono importanti”.

Nascosto in profondità nella storia di Shaadkam c’è qualcosa di raro in Afghanistan: il progresso. Sì, una società radicalmente conservatrice impedisce che gran parte degli amori online diventino qualcosa di più. E sì, alcuni sostengono che la tecnologia sta erodendo i valori tradizionali della società. Ma in questo nuovo Afghanistan si può finalmente permettere al proprio cuore di sperimentare, di far crescere dei sentimenti e di imparare qualcosa dai tuoi sforzi. E se le storie che vanno in onda nella Notte degli innamorati possono sembrare melodrammatiche, deprimenti e a volte ridicole, è proprio così che dovrebbe essere un amore giovane, soprattutto in una società in piena trasformazione. C’è la possibilità di una catarsi qui, c’è uno spazio per condividere l’amore e i suoi tormenti, e per trovare un appoggio silenzioso in migliaia di altre persone come te.

In diretta, la sera in cui gli faccio visita, Ajmal legge alcuni dei messaggi che ha ricevuto. “Caro dio”, dice una, “tutti i sette miliardi di uomini su questa Terra sono tuoi, uno solo è mio”. Quando il programma sta per finire, rivolge agli ascoltatori ancora qualche parola. “Cari amici dal cuore oppresso, questo è il programma dove potete sfogarvi un po’. Se vi sentite fragili, se vi sentite soli, in noi troverete uno specchio: raccontateci la vostra storia, il vostro amore. Io sono al vostro servizio”.

Poi con la stessa voce dolce e sognante, chiude la trasmissione: “Arrivederci, innamorati”.

Traduzione di Giuseppina Cavallo. L’articolo originale in inglese è stato scritto da Mujib Mashal e redatto da Michael Benoist, Hilary Elkins (fact-checking) e Lawrence Levi (copy-editing). Foto di Kiana Hayeri per Matter. Animazione di Isabelle Aspin e Brian Smee per Matter.

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