Una lettera anonima: “Ecco chi sono gli assassini di Giulio Regeni e i mandanti”

Verità per Giulio
4 min readApr 6, 2016

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Delle e-mail anonime al quotidiano La Repubblica accusano le più alte cariche dello Stato, dal generale Khaled Shalabi a Al Sisi. E rivelano tre particolari dell’autopsia italiana mai diffusi finora: lo hanno bastonato sotto i piedi, lo hanno colpito con una sorta di baionetta, i segni di sigaretta su collo e orecchie

“L’Anonimo scrive a Repubblica da qualche giorno da un account mail Yahoo, alternando, nei testi, l’inglese, qualche parola di italiano, e la sua lingua, l’arabo. Si dice della polizia segreta egiziana. Lascia intendere di essere collettore e veicolo di informazioni di chi non può esporsi in prima persona, se non a rischio della vita” — scrive il giornalista investigativo Carlo Bonini su Repubblica. “Delle sue mail sono in possesso il pm Sergio Colaiocco e il legale della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini. E, come ogni Anonimo, l’attendibilità del suo racconto va presa con assoluto beneficio di inventario.

“L’Anonimo svela almeno tre dettagli delle torture inflitte a Giulio Regeni mai resi pubblici e conosciuti solo dagli inquirenti italiani — sottolinea Bonini — perché corroborati dall’autopsia effettuata sul cadavere di Giulio nell’Istituto di medicina legale di Roma”.

estratti delle e-mail anonime: 

“L’ordine di sequestrare Giulio Regeni è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza”.

“Fu Shalabi, prima del sequestro, a mettere sotto controllo la casa e i movimenti di Regeni e a chiedere di perquisire il suo appartamento insieme ad ufficiali della Sicurezza Nazionale. E fu Shalabi, il 25 gennaio, subito dopo il sequestro, a trattenere Regeni nella sede del distretto di sicurezza di Giza per ventiquattro ore”.

“Nella caserma di Giza, Giulio viene privato del cellulare e dei documenti e, di fronte al rifiuto di rispondere ad alcuna domanda in assenza di un traduttore e di un rappresentante dell’Ambasciata italiana”.

“Volevano conoscere la rete dei suoi contatti con i leader dei lavoratori egiziani e quali iniziative stessero preparando”.

“Viene avvertito il capo della Sicurezza Nazionale, Mohamed Sharawy, che chiede e ottiene direttive dal ministro dell’Interno su come sciogliergli la lingua. E così cominciano 48 ore di torture progressive”.

“Picchiato al volto. Bastonato sotto la pianta dei piedi. Appeso a una porta. Sottoposto a scariche elettriche in parti delicate. Privato di acqua, cibo, sonno. Lasciato nudo in piedi in una stanza dal pavimento coperto di acqua, che viene elettrificata ogni trenta minuti per alcuni secondi”.

“Tre giorni di torture non vincono la resistenza di Giulio. Ed è allora che il ministro dell’Interno decide di investire della questione il consigliere del Presidente, il generale Ahmad Jamal ad-Din, che, informato Al Sisi, dispone l’ordine di trasferimento dello studente in una sede dei Servizi segreti militari, anche questa a Nasr city, perché venga interrogato da loro”.

“Perché i Servizi militari vogliono dimostrare al Presidente che sono più forti e duri della Sicurezza Nazionale”.

“Giulio viene colpito con una sorta di baionetta. Gli viene lasciato intendere che sarebbe stato sottoposto a waterboarding, che avrebbero usato cani addestrati. E non gli avrebbero risparmiato violenze sessuali, senza pietà, coscienza, clemenza”.

“Regeni entrò in uno stato di incoscienza. Quando si svegliava, minacciava gli ufficiali del Servizio militare dicendogli che l’Italia non lo avrebbe abbandonato. La cosa li fece infuriare e ripresero a picchiarlo ancora più violentemente”.

“I medici militari visitano il ragazzo e sostengono che sta fingendo di star male. Che la tortura può continuare con lo spegnimento di mozziconi di sigaretta sul collo e le orecchie”.

“Finché Giulio non crolla e a nulla valgono i tentativi dei medici militari di rianimarlo”.

“Giulio viene messo in una cella frigorifera dell’ospedale militare di Kobri al Qubba, sotto stretta sorveglianza e in attesa che si decida che farne”.

“Decisione che viene presa in una riunione tra Al Sisi, il ministro dell’Interno, i capi dei due Servizi segreti, il capo di gabinetto della Presidenza e la consigliera per la sicurezza nazionale Fayza Abu al Naja”.

“Nella riunione venne deciso di far apparire la questione come un reato a scopo di rapina a sfondo omosessuale e di gettare il corpo sul ciglio di una strada denudandone la parte inferiore”.

“Il corpo fu quindi trasferito di notte dall’ospedale militare di Kobri a bordo di un’ambulanza scortata dai Servizi segreti e lasciato lungo la strada Cairo-Alessandria”.

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Verità per Giulio

Una pubblicazione open-journalism per raccontare la verità sulla morte del ricercatore Giulio Regeni. E per tutti gli altri.