Cruschi, ma non per tutti

Il Vagabondo
L’arte del narrare paesaggi
5 min readAug 27, 2016

Storia dei tipici peperoni della Fattoria Bio di Satriano di Lucania

I peperoni cruschi sono il simbolo della Basilicata interna.

Sono rari e complessi, proprio come i lucani. Si coltivano solo in certe zone della regione e per far sì che diventino dorati e “cruschi”, che sta per croccanti; ci vuole tempo e pazienza. Ma ci vuole anche l’abilità del gesto millimetrico e fulmineo al momento della friggitura.

Così come il Pane di Matera, che richiede una lievitazione lenta e farine di grano Senatore Cappelli, anche i Peperoni Cruschi hanno bisogno di materie prime di qualità e di tempi di essiccazione che vanno dai tre ai sei mesi.

Guido va pazzo per i cruschi e io non sono da meno. Guido vive a Nord, oltre il Po, e posso capire che per lui i cruschi siano stati una scoperta ma per me no. Mia nonna li faceva e mia mamma li fa. So come si “insertano” e come si friggono per farli croccare al punto giusto, ma nessuno dei due aveva mai visto i campi di peperoni.

Vogliamo, quindi, andare dritti all’origine del peperone, che in Basilicata è il principe della tavola assieme a sua maestà il Pane di Matera e qualche parente altrettanto nobile: la marchesa salsiccia e il duca caciocavallo podolico.

Quando arriviamo a casa della Famiglia Pucciariello, proprietari dell’Agriturismo Fattoria Bio a Satriano di Lucania, Vincenzo ci accoglie con un enorme San Bernardo al seguito e io sono terrorizzata per i primi dieci minuti.

Poi mi adatto, cerco di sfuggire all’affetto del cagnone per dirigermi insieme al padrone di casa e a Guido verso i campi. La vista si perde sulla valle del Melandro, in un cielo azzurro lucano come solo qui ho visto e le voci dal campo arrivano confuse. Le cassette si riempiono e le braccia si affaticano, ma c’è il cassone del rimorchio da riempire. Mi avvicino curiosa e mi vien voglia di toccarli, di sentirne la consistenza ora che sono appena raccolti. L’odore forte mi arriva su fino al cervello e mi si accende il ricordo di mia nonna che friggeva patate e peperoni cruschi e riempiva la casa di profumo e gioia.

Vincenzo e suo figlio Umberto sono dediti ai campi e alla qualità.

Mentre giriamo tra i campi Umberto è tra i collaboratori a raccogliere e a verificare che tutto proceda nel modo giusto e che i peperoni siano in buona salute. Dopo un altro giro tra ceci e fagioli scopriamo anche le cicerchie. Un legume raro e meraviglioso, che cresce anche in luoghi difficili e ad alta siccità. Sono antiche e poco conosciute e, come tutte le cose meravigliose, hanno anche loro bisogno di tempo e dedizione, specialmente in fase di cottura.

Risaliamo dai campi e le donne ci accolgono sorridenti, stiamo lì a curiosare per scoprire come si “insertano” i pepereni. La fase dell’infilatura è fondamentale, da qui, poi, si passa all’essiccazione che sarà merito del vento e del sole. Ci vogliono mani veloci e sapienti, le cassette strabordano e il sole sta per calare.

A due passi c’è un grande carrello dove posizionare i “filari” di peperoni che saranno lasciati nelle mani della natura per almeno altri tre mesi. Ma l’attenzione non è mai abbastanza, di giorno al sole e al vento e di notte al riparo, mai sia che prendano umidità. E vanno controllati, toccati, guardati e accarezzati, bisogna far sì che siano secchi al punto giusto altrimenti “si guastano” e ammuffiscono oppure in fase di friggitura non diventeranno croccanti e non saranno peperoni cruschi!

Vincenzo racconta che tra pochi giorni partirà per Bologna e i Cruschi andranno insieme a lui, è orgoglioso di essere tra le 8 aziende che rappresenteranno la Basilicata al SANA, salone internazionale del biologico e del naturale.

Lui ha un asso nella manica e quando lo mostra tutti restano di stucco. Va in una stanzetta e torna con due sacchetti. Quello trasparente lo avevamo già visto, ci sono i peperoni essiccati e ancora da friggere. Quello rosso, però, è una novità: peperoni cruschi pronti da mangiare. Io già mi immagino i cinesi e i tedeschi che al SANA assaggeranno questa delizia; vedo i loro occhi strabuzzare e i nasi ficcarsi nelle buste per capire bene di che si tratta. I peperoni cruschi non sono famosi, almeno non ancora. Vincenzo, però, ci tiene a specificare che lui sui banchi dei supermercati i suoi cruschi non ce li metterà mai. I cruschi di Vincenzo li potrete trovare solo al suo Agriturismo e in qualche negozietto scelto in giro per la Basilicata e per lo stivale, poi chissà anche a Londra, a Pechino o a Monaco.

Noi lucani siamo un po’ gelosi delle nostre cose, ci teniamo parecchio e vogliamo che le nostre delizie siano per pochi. Per palati fini, per intenditori di bellezza, per curiosi di prelibatezze. E Guido, ovviamente, ne compra 3 sacchetti da portare a Pavia e io uno per l’aperitivo a cui mancano poche ore. Poi, quando tornerò a Matera, chiederò a mia mamma di prepararmi patate e cruschi proprio come faceva mia nonna.

Scritto per l’associazione Il Vagabondo. Progetto “L’arte di Narrare i Paesaggi” per Funder35

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