La rottamazione al contrario
Ha detto ieri Massimo D’Alema, intervistato sul Corriere della Sera da Dario Di Vico: “Gramsci nei Quaderni scriveva che i giovani devono inevitabilmente confrontarsi con la generazione più adulta, ma può capitare che i giovani di una parte si facciano istruire dagli anziani della parte avversa. Mi pare che qualcosa di simile stia accadendo nel nostro Paese».
Ha detto poco fa Pierluigi Bersani nel corso della Direzione nazionale del Partito Democratico: “Ci sono dei neofiti della ditta che mi vengono a spiegare come si sta nel Partito”.
Queste frasi mi ha fatto venire in mente che si è tanto discettato negli ultimi mesi (anni) di “rottamazione”, idea variamente interpretata come iconoclasta, irrispettosa, distruttiva e non costruttiva, e si è perso invece il senso di quello che è sostanzialmente il suo contrario, oltre ad essere — soprattutto, secondo me — il vero male della società italiana: il paternalismo.
Paternalismo che (anche non condito dai dotti riferimenti gramsciani del nostro baffo preferito) è null’altro che condiscendenza, scetticismo verso le potenzialità dei giovani o comunque di chi non appartiene al proprio gruppo. Paternalismo è quello che con un buffetto ti chiede di aspettare, che prima o poi il tuo turno verrà, e non pensare di potermi insegnare qualcosa o di poter ragionare con la tua testa, se non segui le mie orme sicuramente c’è qualche forza oscura che ti istruisce e ti ottunde.
È negazione dell’autonomia e del rispetto per il percorso e l’intelligenza di chi non ha la nostra stessa storia, e alzi la mano a chi non è mai capitato di sentirsi dire “aspetta il tuo turno” o “tu che sei nuova, dovresti..”.
Paternalismo è quando a quarant’anni sei ancora il “giovane”.
Nella prossima puntata, il maternalismo (spero che la parola esista davvero, in effetti).
