Infrastrutture e competenze digitali, per un’Italia senza esclusi digitali

Il divario digitale e la sfida di nuovi servizi pubblici pensati e progettati intorno alle esigenze del cittadino

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4 min readFeb 7, 2022

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di Giorgio De Rita, segretario generale Censis

Photo by Kate Trysh on Unsplash

Anziché ridursi, negli ultimi anni nel nostro Paese si sta paradossalmente ampliando la platea degli esclusi digitali. Parliamo soprattutto di una fetta della popolazione in età avanzata e con un basso livello di istruzione, poco predisposta all’apprendimento delle conoscenze digitali di base. Ma parliamo anche di una popolazione di giovani, tra i 18 e i 34 anni, che non lavora, ha bassa istruzione, a volte ha una qualità della connessione alla rete insufficiente.

Questa fetta della popolazione spesso rimane “al minimo indispensabile” rispetto al digitale: si limita ad esempio a scaricare un green pass, ma non va oltre nell’apprendimento di strumenti e servizi digitali. Un problema di esclusione digitale, che va affrontato su due fronti: la creazione di servizi e infrastrutture digitali che funzionino davvero, ma anche la costruzione di una consapevolezza tra alcune fasce della popolazione sulla possibilità e i potenziali benefici dell’utilizzo dei servizi digitali.

Il digitale rappresenta sempre più un fattore spartiacque tra inclusione ed esclusione, tra coloro che possono accedere a opportunità e nuovi diritti e coloro che rimangono ai margini.

Chi sono gli esclusi digitali

La quantità di servizi digitali sta crescendo a dismisura negli ultimi anni, anche per effetto della pandemia. Questo significa che le persone, le famiglie e le imprese si trovano di fronte a un quadro di servizi digitali più numeroso ma anche più complesso: insieme al numero dei servizi, cresce la difficoltà della società a capirli e utilizzarli.

Questa difficoltà si concentra in alcune fasce della popolazione che possiamo rappresentare in due categorie principali:

  • persone che per età anagrafica rinunciano all’apprendimento degli strumenti necessari alla fruizione dei servizi digitali, preferendo quando possibile delegare un parente o a un conoscente;
  • persone con minore scolarizzazione, spesso con licenza media, che non riescono a stare al passo delle competenze digitali richieste per fruire dei servizi digitali. Questa platea è in espansione, e comprende soggetti non occupati, che trovano meno supporto nei legami di prossimità (un collega in grado di aiutarli), restano sempre più tagliati fuori.

A questo si aggiunge un tema strutturale: servizi pubblici che rispondono più alle esigenze della Pubblica Amministrazione che alle effettive esigenze dei cittadini, e pertanto non sono pensati per gli utenti.

Un problema tanto più grave se parliamo di servizi pubblici, perché spesso la difficoltà di accesso e l’incapacità di acquisire nuove competenze si traducono nella rinuncia a fruire dei servizi.

I numeri dell’esclusione digitale in Italia:

Il rapporto “La digital life degli italiani” della fondazione Censis (pubblicato a ottobre 2021) fotografa l’esclusione digitale in Italia attraverso i dati. Secondo il rapporto, 13,2 milioni gli italiani lamentano connessioni domestiche lente o malfunzionanti. La ricerca rivela inoltre che 24 milioni di cittadini non sono pienamente a loro agio nell’ecosistema digitale. Tra questi, 8 milioni riscontrano difficoltà con la posta elettronica, 7 milioni con la navigazione sui siti web, 5 milioni non sanno fare pagamenti online e 4 milioni non hanno dimestichezza con l’uso delle app e delle piattaforme per videochiamate.

Verso una società digitale

Quello delle competenze digitali è un nodo fondamentale per la sfida per la trasformazione digitale. L’attuale gap strutturale va colmato attraverso azioni di diversa natura:

  1. La semplificazione dei servizi digitali. Più spingi verso il digitale, più devi progettare servizi che non riflettano la cultura della Pubblica Amministrazione ma siano orientati ai cittadini. Oggi molti servizi sono quasi incomprensibili: serve una progettazione che preveda e tenga conto delle capacità degli utenti che ne dovranno fruire.
  2. Servizi che nascano in ottica digitale, siano concepiti sin dal principio sulla base delle infrastrutture tecnologiche disponibili e delle competenze della platea a cui si rivolgono.
  3. Infrastrutture digitali della Pubblica Amministrazione più sinergiche. Si parla di interoperabilità delle banche dati, ma il vero problema è evitare la ridondanza e la frammentazione dei servizi, come i canali di accesso o le modalità di autorizzazione per fruire dei servizi.
  4. La formazione dei dipendenti pubblici, non solo perché siano in grado di utilizzare i servizi digitali, ma perché siano consapevoli delle difficoltà che incontrano cittadini e imprese, e possano anticiparne le difficoltà per non renderle insormontabili.
  5. Attività di comunicazione e informazione, per far capire alle persone come sta cambiando il loro modo di fruire di servizi pubblici con le tecnologie. Un aspetto fondamentale per accompagnare la trasformazione digitale e spiegarla ai diretti interessati.

Tutti questi aspetti sono elementi di una visione strategica, di sistema, che indichi una chiara direzione di marcia verso un’amministrazione digitale capace di tener conto della fragilità di fondo della società, di non creare nuove ferite ma di ricomporre quelle già esistenti.

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