5 Palloni gonfiati della Serie A 2020/21

Tempo di premi e categorie. Cominciamo con i migliori giocatori della Serie A.

Alessandro Giura
Palloni Gonfiati
7 min readMay 24, 2021

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Con la fine della stagione calcistica noi della redazione di Palloni Gonfiati abbiamo deciso di assegnare dei premi, creando apposite categorie con 5 componenti ciascuna. Cominciamo con i “Palloni Gonfiati” della Serie A 2020/21, ovvero i migliori giocatori del campionato italiano. Ne abbiamo scelti 5.


Milan Skriniar, Inter.

Di solito la miglior squadra del campionato ha sempre più di un candidato al premio di miglior giocatore dell’anno, a maggior ragione se questo è stato dominato come lo ha fatto l’Inter. Se su una candidatura ci sono pochi dubbi, ma la vedremo più sotto, scegliere un secondo giocatore nerazzurro da proporre è stato più difficile. Alla fine ai gol di Lautaro, la velocità di Hakimi e la caparbietà di Barella abbiamo scelto la ruvidezza di Milan Skriniar. Lo slovacco ha giocato una grande stagione, sempre preciso e pulito, alzando il livello del proprio gioco sia in fase di costruzione che nell’1 contro 1, che erano già le sue specialità. Momento più alto la gara contro l’Atalanta, una gara che in molti hanno definito brutta ma che resta un capolavoro difensivo collettivo, con Milan a svettare tra i compagni e decidendo anche la gara, segnando su azione di angolo. Come importanza per Conte ha superato anche De Vrij. Non a caso l’unico momento di sbandamento dell’Inter in campionato è accaduto durante la sua positività al COVID-19. A impreziosire la scelta rispetto ad altri suoi compagni è il fatto che sembrava dovesse lasciare l’Inter la scorsa estate, o che comunque fosse l’asset più sacrificabile non giocando la parte di campionato ripresa dopo l’interruzione per la pandemia. Ora pare imprescindibile.

Frank Kessie, Milan.

Probabilmente non c’è giocatore che rappresenti meglio la crescita del Milan di Stefano Pioli nell’ultimo anno di Frank Kessie. Il centrocampista ivoriano è primo nel Milan per minuti giocati escludendo Donnarumma. Un totem in mezzo al campo su cui forgiare la manovra e non ha mai disdegnato le maggiori responsabilità con la palla che ha deciso di affidargli Pioli. Non a caso è stato anche il protagonista nella partita decisiva con l’Atalanta, piazzando con la solita freddezza e chirurgia i due rigori che sono valsi ai rossoneri il secondo posto e il ritorno in Champions League dopo 8 anni. Ha terminato il campionato a quota 13 gol, distribuendo anche 4 assist, entrambi record personali. Un miglioramento nelle due statistiche principali che ha radici nella sua crescita di leadership nel centrocampo del Milan. Passando dal ruolo di mezz’ala ad essere un mediano con doti di playmaking, Kessie si è finalmente esaltato anche in rossonero come aveva fatto nella sua unica stagione all’Atalanta di Gasperini, dominando fisicamente, tecnicamente e tatticamente gli avversari ogni domenica, giocando in maniera semplice e dando l’impressione di non impegnarsi chissà quanto. Se fino ad un anno fa tutti eravamo convinti che Kessie fosse lo stereotipo del calciatore africano, muscolare ma tatticamente poco lucido ed intelligente, questa stagione se è decisamente impegnato a ribaltare questa opinione.

Rodrigo De Paul, Udinese.

Un po’ lo sapevamo già, ma chi ancora non ne era convinto ha trovato la conferma. L’Udinese si è fatta trascinare in spalla da Rodrigo De Paul. In Serie A è il migliore giocatore per progressive run, ovvero conduzione con il pallone ai piedi, con 67 metri ogni 90 minuti. Non a caso è anche il migliore in Serie A per dribbling completati a partita, con 3.4, con Boga quasi appaiato ma che ha giocato poco più della metà dei minuti dell’argentino. O si passava da lui in grado di mangiare metri di campo e avversari con la palla a suon di contrasti e dribbling oppure i friulani la buttavano in avanti cercando le spizzate di Llorente e Okaka. Questo anche perché il suo ruolo è cambiato da quando la panchina friulana è in mano a Gotti: era arrivato in Serie A dal Valencia come esterno offensivo con pochi gol in saccoccia, è diventato un trequartista rifinitore, ha migliorato la finalizzazione ed ora è una mezz’ala/playmaker con un raggio di azione in campo molto grande. Un peccato che non abbia raggiunto per poco la doppia cifra sia di gol che per assist, registrandone 9 in entrambe le voci. L’a scorsa estate sembrava stesse per andare al Leeds, con tanto di indizio social incriminante, ora che è stato il miglior centrocampista del campionato a 26 anni potrebbe davvero decidere di lasciare Udine per misurarsi in un contesto di maggior livello. Non vengono in mente squadre dove non possa fare bene.

Luis Muriel, Atalanta.

L’attaccante colombiano ha rotto la statistica di gol segnati ogni 90 minuti in Serie A. In 1392 spalmati in 35 presenza ha segnato 22 gol, ovvero 1.4 gol ogni 90 minuti. Per dire, il secondo in questa statistica è Cristiano Ronaldo che segna 0.9 gol x 90 minuti, ma giocando più del doppio dei minuti rispetto al colombiano. Per farvi capire meglio, Muriel segna un gol ogni 65,3 minuti. Se in Serie A ci fosse l’equivalente del premio NBA per il sesto uomo dell’anno, ovvero il miglior giocatore ad entrare a gara in corso, non ci sarebbero dubbi sul consegnarglielo. Ha segnato 17 gol entrando dalla panchina e quelle volte che ha giocato titolare è sembrato voler timbrare il cartellino il più in fretta possibile, pronto per riaccomodarsi in panca. Tra l’altro dimostrando una grande mentalità accettando sempre senza riluttanza di giocare solo spezzoni di gara nonostante l’alto numero di gol e giocate chiave. Una cosa non da tutti, tanto meno per un giocatore che in carriera aveva dato l’impressione di essere un po’ svogliato, poco affidabile ma capace di grandi fiammate, come nella sua breve parentesi alla Fiorentina. Ma è più di una riserva di lusso. Con la partenza di Gomez e il calo di forma di Ilicic, Luis è diventato il giocatore con più estro puro nell’Atalanta, quello da cui aspettarsi il lampo di genio che porterà al gonfiare la rete. Che sia un tiro a giro all’incrocio, un dribbling lezioso o un colpo di tacco a smarcare un compagno. È lui l’uomo da cui Gasperini si aspetta qualcosa fuori dal suo rigido spartito ora. Il suo talento è finalmente compiuto.

Romelu Lukaku, Inter.

MVP del campionato per acclamazione. Ha trasudato onnipotenza dalla prima partita contro la Fiorentina fino a quella che è valso lo scudetto a lui e i suoi compagni contro il Crotone, con il picco arrivato a febbraio quando contro Lazio e Milan ha indirizzato il cammino della sua squadra in discesa. Non so in quanti si sarebbero aspettati che Lukaku diventasse il leader dell’Inter in così poco tempo. È un giocatore che si è probabilmente nutrito dei dubbi che aleggiavano sul suo costosissimo arrivo a Milano e le critiche che avevano caratterizzato la sua turbolenta esperienza al Manchester United. Ha avuto una cattiveria agonistica tutta nuova per la Serie A, che neanche l’ossessione di Cristiano Ronaldo aveva mostrato. Saper far tesoro dello scetticismo altrui per caricarsi è una cosa che lo ha contraddistinto per tutta la carriera, il trovare ulteriore competizione, come quando ha deciso di decidere il Derby di campionato. Quel diverbio con Ibrahimovic nel confronto precedente ha finito per caricarlo ulteriormente, e chi ne ha fatto le spese per davvero è stato Romagnoli, che dopo quella gara ha perso il posto da titolare nel Milan. “Sono il migliore. Te l’ho detto c****” ha urlato dopo il suo gol in quel 3–0. Quella corsa partendo spalle alle porta da cerchio di centrocampo, la virata verso la porta e i metri di campo divorati a falcate lampanti per poi scaraventare il pallone in fondo alla rete. Un gol in cui l’inadeguatezza di Romagnoli nel trovarselo di fronte fa da fotografia all’impatto di Romelu sui difensori della Serie A. Uno dei 23 gol in campionato, uniti a ben 11 assist costruiti sul suo carisma e la sua voglia di riportare uno scudetto a Milano dopo 11 anni. In due anni in Italia ha cambiato la percezione di se stesso e di tutta l’Inter, a cui ora manca quel gradino europeo, ma che difficilmente tarderà a scalare. Ecco a proposito di terreno internazionale, non converrebbe sottovalutare ulteriormente il Belgio in vista dei prossimi Europei. Big Rom non ha bisogno di altra benzina sul suo fuoco.

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Alessandro Giura
Palloni Gonfiati

Studente di scienze della comunicazione a UniTo. Editor e Copywriter. Scrivo su Palloni Gonfiati e Ultimo Uomo. Conduco il podcast Britannia.