La caduta del campione

Con la delirante intervista a Piers Morgan, Cristiano Ronaldo ha esaurito la sua aurea, ammesso che ne avesse ancora.

Alessandro Giura
Palloni Gonfiati
10 min readNov 18, 2022

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Quanto è doloroso cadere? Friedrich Nietsche ha detto che
ama gli uomini che cadono, se non altro perché sono quelli che attraversano. Chissà che Cristiano Ronaldo non abbia mai letto questa citazione. Il suo fine di carriera è una discesa nel vuoto che lui sta facendo fatica a capire che stia avvenendo. Dopo un’estate complicata, un’inizio di stagione sul campo anonimo e le frizioni velate o meno con il Manchester United ha deciso di riprendersi la narrazione, tornare al centro, quanto meno del discorso pubblico. Raccontare questo capitolo difficile della sua carriera a modo suo. Ma difficilmente potevamo immaginare che la sua visione delle cose fosse così delirante. O meglio visto che l’ha rilasciata a Piers Morgan, che potrebbe tenere una cattedra per il giornalismo trash, avrebbe potuto farcelo sospettare. Ma i picchi del campione portoghese nel rendere grottesca la sua intervista superano le aspettative.

Prima parte dell’intervista

“Piers Morgan Uncensored” è il talk show del giornalista britannico molto vicino al partito conservatore. Morgan è il mago delle interviste strappalacrime che ballano sul confine tra trash e interessante, quelle che in Italia vengono affidate a Barbara D’Urso. Già questo presupposto fa capire che Ronaldo aveva architettato questa chiacchierata per attaccare e impietosire. Da mesi è ingombrante e indisponente nei confronti del Manchester United, ma non disposto a cambiare aria senza accontentarsi di abbassarsi lo stipendio. Questo dovrebbe essere poco sotto o oltre i 30 milioni. Già questo fa pensare che il campione portoghese non abbia a cuore il suo finale di carriera. Nessuno si aspettava che lui accettasse di costruirsi un ruolo diverso ora che il suo fisico non ha più la potenza incisiva di qualche anno fa. L’intervista, lunga oltre 100 minuti e divisa in due parti, ci racconta un Ronaldo fuori dal mondo, emanando una serie di sensazioni a cui non riesco a dare un aggettivo unico. La definirei un’intervista alla Donald Trump, più meno la stessa narrazione grottesca e sconclusionata di chi non accetta perdita di potere ed è estraneo a cosa succede fuori dalla propria bolla .Un po’ delirante, un po’ egocentrico, un po’ arrogante, un po’ ignorante e dipingersi contemporaneamente come vittima e messia. Potrei nominare altre dieci parole con un’accezione negativa ma col dubbio di essere troppo cattivo verso Cristiano, che alla fine è solo un calciatore che ha deciso di reagire al momento più complicato della sua carriera andando davanti alle telecamere.

La seconda parte

Ovviamente il cuore dell’intervista era l’attacco al Manchester United. La parola che ha usato è stata tradimento. Si è sentito tradito dal suo club. Ma in che senso? Parla solo delle critiche negative. Chiama “rats”, topi, chi gliele riserva. Le critiche non sono piacevoli, tanto meno oggi che chiunque te ne può mandare una sotto forma di commento social. Adesso non dico che a questo livello vanno ignorate a prescindere ma un’atleta con la personalità, l’aura e la carriera di Cristiano Ronaldo ormai dovrebbe aver imparato ad usarle. Incanalarle con cura nelle emozioni, rispondere con le prestazioni, senza dover per forza aspettare il momento dell’esultanza. Le grandi icone di questo sport le critiche le hanno trasformate in benzina. Pensate a Michael Jordan in “The Last Dance”. O a Novak Djokovic. Per non parlare di Muhammed Alì. In questo Ronaldo è perfetto campione calciatore. Incarna esattamente cosa fa male in questo sport: calci lievi. Quelli per cui infatti lui e i suoi colleghi ci mettono 3 minuti per rialzarsi in piedi, urlando di un dolore finto sull’erba per far scorrere il tempo. I calciatori sono abituati a esagerare sul loro dolore, un meccanismo in grado di funzionare anche con gli amici a calcetto. Per questo Ronaldo ha risposto alle critiche nei canoni del suo sport, cioè come un bambino.

Nei confronti della sua squadra ha espresso tutta la sua infantilità e permalosità. Potremmo riassumerle con il “non mi fanno giocare, sono cattivi” dei bambini lasciati fuori dai coetanei che fanno le squadre per il gioco dell’intervallo. Non c’è nient’altro. Non racconta un episodio particolare che gli ha fatto perdere la brocca. Un litigio specifico o un’azione di gioco. Parla solo male di Ten Hag, colpevole probabilmente di essere il primo allenatore ad avergli detto in faccia che non è indispensabile. Non cita compagni, alludendo che alcuni nello spogliatoio lo vogliono fare fuori. E poi si concentra su persone non più nel club ma sempre presenti nell’universo United. Gary Nevile e Wayne Rooney. Che il primo lo abbia attaccato, trattamento che ha riservato a molti, si sa e c’è poco da dire. Sul secondo, oggi allenatore, è stato abbastanza cattivo. Ha parlato di invidia perchè la sua carriera è andata meglio. E non si è risparmiato la malizia di definirsi giocatore migliore, cosa che anche Rooney ammetterebbe o almeno lo spero, sfiorando i toni dell’insulto. Ma non c’è niente per rispondere davvero a queste critiche. Le cita come giustificazione per il momento complicato. Ma dov’è il tradimento? Aver provato ad andare avanti senza di lui, provare a fargli capire che se voleva far parte di questa squadra per amore avrebbe dovuto fare anche lui la sua parte? Evidentemente per lui è abbastanza. Un semplice rapporto di lavoro che non può andare avanti senza un suo sacrificio è tradimento nella galassia Cristiano Ronaldo.

La cosa assurda è come ha criticato la piramide decisionale della società. “Ai propietari non interessa il club”. Argomenti contro i Glazers, i proprietari, per i quali avrebbe ottenuto consenso vista l’opinione generale sullo United. Un club che ristagna nella mediocrità di alto livello disperata per rimettersi in cima all’Olimpo del calcio europeo, sbagliando tutte le scelte che fa imparando poco dagli errori. Non sembra cogliere che proprio questa mancanza di programmazione logica lo abbia riportato in Inghilterra a 37 anni con un ingaggio faraonico. Si è detto sorpreso che non fosse cambiato lo staff del centro sportivo, come i cuochi o i magazzinieri. Ma perché? Nulla è cambiato, ma non parla di strategie di campo. Parla di strutture e personale. Quando racconta questo lo fa come se fosse passato da una squadra top di serie A a una di serie C. Uno stupore borghese. Un “ma guarda questi ancora come stanno nel 2022”.

“Non credevano che mia figlia fosse malata” è l’accusa che rivolge al club. A Ten Hag di non rispettarlo, ammettendo che la cosa è reciproca, e che lo ha trattato come uno stupido durante le partite contro City e Tottenham, quando ha lasciato il campo dopo che gli era stato chiesto di entrare per giocare gli ultimi 3 finali. Di essere preso in giro. Che il motivopèer cui non è sereno è l’ambiente. “Mi adeguo e sono intelligente da conoscere la mia forza, cosa sono bravo a fare. Sto ancora giocando ad alto livello e segno gol, e continuerò a segnare gol se la mia mente è chiara e felice. E se le persone ti aiutano ad essere un giocatore di successo, specialmente l’allenatore, il presidente, i dirigenti… Ma quando senti che l’energia non ti circonda è difficile essere te stesso, il che è quello che è successo con me”. Non che dica cose sbagliate, ma sembrano palesemente fuori luogo visto il suo atteggiamento indisponente in campo. Non ha mai reagito per rendere l’ambiente positivo. Una carenza di coccole di cui a 38 anni qualsiasi club del mondo non sarebbe disposto a colmare. Si rende conto di questo?

Una delle cose più sconcertanti dell’intervista e che fa capire come Ronaldo sia un po’ fuori dal mondo sono le sue parole sull’assunzione di Ralph Rangnick come alenatore nella scorsa stagione. Qua aveva terreno fertile. Rangnick ha notoriamente pochi amici nel calcio al di fuori dai confini tedeschi. Incarna il nerd che ce l’ha fatta, quello dei numeri e delle filosofie, in grado di entrare nell’elite del calcio con la forza delle idee e la programmazione e senza una grande carriera da calciatore. Questo scoccia gli addetti ai lavori e il povero Ralf non vengono risparmiate critiche a ogni errore, che si buttano nella battaglia ideologica contro il calcio moderno. Ma detto questo una persona dentro il calcio sa chi è Rangnick e cosa ha fatto il suo RB Lispia. Ronaldo non sapeva chi fosse. Né lui né con chi parla. Ha detto che era un direttore sportivo e che non aveva mai allenato, quindi già solo per questo era tutto strano in partenza. Che la narrazione intorno a Rangnick non sia corretta ci posso credere, ma dire che non ha mai allenato è molto grave. Mi fa chiedere se a Ronaldo interessi cosa sia il calcio al di fuori di lui. La risposta è evidentemente no.

Il resto del core dell’intervista è una serie di tentativi di compiacere i tifosi dello United. Dice che sono la loro la sua motivazione, che lo hanno fatto sentire a casa dal primo giorno in cui è tornato. E che lui è con loro e vuole aiutare lo United a differenza di altri. Sa di essere poco credibile? Sa che molti si rendono conto che senza di lui in campo giocano meglio e vincono più facilmente? Sembra che Ronaldo tutto questo non lo consideri, come se non stesse realmente accadendo, rasentando la derealizzazione, uno stato alterato di consapevolezza del Sé che risulta in episodi persistenti o ricorrenti di separazione dall’ambiente circostante.

C’è stato anche il momento che ci ha detto definitivamente che Ronaldo è invecchiato male. È stato quando ha criticato la nuova generazione di calciatori. “Per loro è più facile e non soffrono. Ma non possiamo biasimarli perché, sai, fa parte della vita. La nuova generazione e le nuove tecnologie, si distraggono per altre cose…A loro entra una cosa in un orecchio e gli esce dall’altro”. È così Ronaldo a soli 37 anni è già un boomer. Sta già riservando le stesse critiche che gli venivano riservate agli inizi della carriera. In molti dicevano che il suo atteggiamento non era positivo, che non era da campione. Se le sarà dimenticate. E qua abbiamo capito come Ronaldo non abbia accettato che il tempo è passato, che il calcio è cambiato. Sta già cercando di dire “loro non saranno mai come me, l’unico modo che hanno è imparare da me”. Ma quel lui non c’è più e non lo accetta. Quanto sarebbe più facile se desse lui il buon esempio diventando più un uomo squadra o di spogliatoio, come ha fatto Ibrahimovic nel Milan senza perdere il suo egocentrismo. Questo è un esempio a cui Ronaldo dovrebbe guardare. Ma come abbiamo detto il calcio al di fuori di lui non gli interessa.

Ronaldo ha dato l’impressione di vivere nel suo mondo, che solo i suoi toni e metodi siano corretti, che il suo talento e la sua forma fisica non siano cambiati, che il calcio non sia cambiato, che solo la sua presenza in colpa e la risposta e se va male non è colpa sua. Un egocentrismo esagerato che diventa egoismo, anch’esso esagerato. Ha anche approfittato per raccontare la sua trama, la perdita del figlio durante il parto dello scorso aprile. Il suo momento più difficile, la vera storia strappalacrime per creare empatia con il pubblico. Un momento intimo e anche interessante, ma che stona nel contesto dell’intervista. Non mi sento ovviamente di giudicare il dolore che ha provato e le sensazioni che si trascina. Non ho idea di come si possa essere sentito. Penso però che poteva raccontare questa cosa in un momento diverso, concentrandosi su questa sua narrazione e non sul gossip calcistico.

Le conseguenze sulla carriera di Ronaldo ovviamente ora sono poco prevedibili. Per il club il suo uscire allo scoperto è stata una cosa positiva. Si è licenziato da solo. Non ci sono i presupposti per proseguire, solo trovare una soluzione, anzi una rescissione. È impensabile che continuerà a giocare nel Manchester. Ha dato una botta al clima della squadra come ha dimostrato la reazione di Bruno Fernandes quando si sono incontrati con la nazionale prima di partire per il Mondiale in Qatar. Adesso è al centro la sua carriera, non per il calcio giocato, e sarà la prima accusa se dovessero uscire male nel torneo. E il Portogallo ci arriva già con i dubbi sull’allenatore poco carismatico e in difficoltà nel gestile il grande bacino di talento di cui dispone.

“In Qatar bisogna solo parlare di calcio”. Se vi mancava la conferma che questa intervista fosse trumpiana solo nei modi e non nei contenuti, eccovela

Cristiano Ronaldo è un atleta straordinario in grado di lavorare sul suo corpo a livello maniacale, come un tempio. Ma con un carattere particolare e un egocentrismo che lo mette fuori dal mondo. Non è nulla di nuovo. Se andate su Youtube è scrivete “Selfish Cristiano Ronaldo” trovate video dove litiga con i compagni come un bambino permaloso, dove non esulta per i loro gol o prova a toglierglieli. Addirittura ce n’è uno in alza la mano per chiedere un fuorigioco per un gol segnato da un suo compagno. Una cosa assurda, di riflesso ha sperato che qualcuno togliesse un gol della sua squadra solo perché non lo aveva fatto lui. Non c’è niente di davvero nuovo. Ce ne eravamo già accorti nei suoi ultimi momenti a Madrid e nell’esperienza alla Juventus che l’immagine messianica che vuole emanare ha perso di valore, in particolare dopo che il Real Madrid ha vinto una Champions League senza di lui. Questa intervista ha messo a nudo il suo vittimismo. Ha reso molto più semplice dividere l’atleta dalla persona e dire ufficialmente che è in declino, sia sul campo che comunicativamente. Ma dal modo in cui si racconta lui non se ne sta minimamente accorgendo. Non abbiamo sinceramente idea di cosa possa volere ancora da se stesso e dove rimettersi in gioco. Mi auguro lui abbia le idee più chiare, visto che ha approfittato per dire che vuole giocare altri 2–3 anni.

Ovviamente chi pensa che si ritirerà a breve si sbaglia di grosso.

La caduta che sta attraversando Cristiano Ronaldo è lenta e spettacolare. Un salto mortale in slow motion che stiamo ammirando. Con questa chiacchierata con Piers Morgan ha finito il suo numero esibizionista in volo. Ora è in picchiata e non riesco a chiedermi se lui proverà dolore allo schianto col suolo. Se si spaccherà almeno un dente del suo sorriso o se ne uscirà incolume prendendosela con qualcuno colpevole di averlo spinto come fosse un fallo subito accentuato.

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Alessandro Giura
Palloni Gonfiati

Studente di scienze della comunicazione a UniTo. Editor e Copywriter. Scrivo su Palloni Gonfiati e Ultimo Uomo. Conduco il podcast Britannia.