Palloni Gonfiati: #3 Matthew Hoppe

Il 19enne californiano è il primo statunitense a realizzare una tripletta in Bundesliga, permettendo allo Schalke di non scrivere un record negativo.

Alessandro Giura
Palloni Gonfiati
8 min readJan 12, 2021

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via Schalke 04/Getty Images

Palloni Gonfiati nasce per raccontarvi storie di sport, soprattutto storie di atleti. Ai tempi del “brainstorming” — che chiamo così solo per darmi competenze che non ho — abbiamo scelto questo nome perché i calciatori alle volte sono dei palloni gonfiati dopo una grande prestazione, pieni di se, boriosi, sopratutto quando sono giovani. Sul dizionario pallone gonfiato viene anche definito come persona in realtà priva di qualità, chi gode di una reputazione superiore ai suoi reali meriti e ne va superbo. Ecco, il pallone gonfiato di cui vi voglio parlare oggi non è assolutamente privo di qualità, per quanto l’ho visto giocare una sola volta, ma mi ha già stregato — ma no, nessun giocatore di cui scriverò è privo di qualità, il vero pallone gonfiato sono io.

Questa settimana è stato un americano a farci saltare gli occhi, anche se già ci avevano pensato quelli dell’attacco al Congresso di Washington.
Matthew Hoppe dello Schalke 04 è stato il sorprendente eroe del sabato 9 gennaio 2021 in Bundesliga. Ha segnato una tripletta all’Hoffenheim, in una partita che aveva una valenza storica, seppur dal lato sbagliato della storia. Lo Schalke arrivava a questa partita dopo 30 match di campionato consecutivi in cui non era riuscito a trovare la vittoria. L’ultima era stata il 17 gennaio, un 2–0 contro il Borussia Mönchengladbach. Allora i Royal Blues erano in corsa per un posto in Champions League. Dopo di che è stato incapace di vincere una gara, vivendo situazioni turbolente non solo in campo, ma anche a livello societario. Le perdite dovute alla pandemia hanno influito sui conti già problematici della società. Le dimissioni del responsabile finanziario prima e del presidente Clemens Tönnies poi sembravano conseguenze di una gestione problematica da ben prima dell’arrivo del virus. A secco di vittorie in campionato — unica vittoria nella nuova stagione era arrivata in DFB Pokal contro lo Schweinfurt, squadra di Regionalliga — lo Schalke era condannato a vincere se non voleva eguagliare il record peggiore nella storia del massimo campionato tedesco, quello del Tasmania Berlino stagione 1965/66, incapace di vincere per 31 gare. Ma non è stato il ritorno di Kolasinac dall’Arsenal ad essere decisivo, bensì un ragazzino con il volto segnato dall’Acne, Matthew Hoppe appunto. Alla fine la storia l’ha fatta dal lato giusto, visto che è il primo calciatore statunitense a segnare una tripletta in Bundesliga.

Ha 19 anni. È nato il 13 marzo 2001 a Yorba Linda, contea di Orange, California. Dopo aver militato nel Stikers FC si trasferisce nella Barça Residency Academy in Arizona, l’accademia di sviluppo per atleti-studenti su suolo americano affiliata al Barcellona. Un ambiente dove i ragazzi studiano, si allenano e vivono tutti assieme seguiti da allenatori e anche nutrizionisti, lavorando con la metodologia della cantera catalana, preparandosi per giocare al college o anche diventare subito professionisti. Ogni anno prendono anche parte ad una trasferta a La Masia, il centro sportivo del Barça, per essere visti da vicino e allenarsi assieme ai canterani. Hoppe ha partecipato al provino del 2019, dove a potuto giocare, tra gli altri, con Ansu Fati.

a 2:55 spunta Hoppe, solo qualche parola su come sia cresciuto come uomo nell’Academy.

In quella classe, vincitrice della Northwest Division nel 2018/19, Hoppe si fa notare a suon di gol. 23 gol in 31 gare nel 2018, 29 in 23 l’anno successivo. Si promette a San Diego State University, gli Aztecs, ma poi arriva la chiamata oltreoceano dallo Schalke 04, a cui non ha saputo dire di no. “Era il mio sogno giocare in Europa” ha detto a ESPN. Le squadre della Bundesliga negli ultimi anni si sono dimostrate molto interessate ad andare a prendere giovani promesse dal Nord America. Non si può non pensare a Christian Pulisic e Alphonso Davies, ma anche Tyler Adams e Weston McKennie. Hoppe si unisce dunque ad un bel gruppo di americani andati a farsi le ossa nel campionato tedesco. Viene aggregato all’under 23 dei Royal Blues che gioca in Regionalliga West. Non sarà prolifico quanto in patria nelle 16 partite disputate, segna un solo gol contro l’Essen a fine ottobre. Un mese dopo viene catapultato in prima squadra ed esordisce il 28 novembre nella sconfitta per 4–1 contro il Borussia Mönchengldbach, schierato titolare da Manuel Baum. 40 giorni e 2 allenatori dopo si prende il palcoscenico che avrebbe dovuto condannare lo Schalke ad un’onta storica, portandosi il pallone a casa. È il primo americano a realizzare una tripletta in Bundesliga, alla sua quinta presenza.

Tripletta e baby face

Uno che non ha visto la partita potrebbe giudicare il profilo di Hoppe solo per il ruolo in cui gioca. Sarà un attaccante, direte. Quanto è alto poi? 1.91. E beh si, deve essere un attaccante d’area. In realtà gioca prima punta solo da 2 anni appena “Ho iniziato come centrocampista, poi piano piano hanno cominciato a mettermi in tutti i ruoli offensivi, anche ala”.
Insomma non è che ha sempre sguazzato in area, anche se l’alto numero di gol nell’Academy fanno pensare il contrario.

Questa giocata ce lo fa capire, nessun attaccante puro tirerebbe così, tanto meno a 19 anni. Chiunque avrebbe stoppato e tirato, perdendo un tempo o due di gioco. Lui invece prova il colpo di punta/esterno per sorprendere difesa e portiere. Non gli riesce certo, ma resta anche un tocco da giocatore esperto. Anzi da centrocampista esperto, per ricollegarci al discorso sopra. Ma anche il movimento prima del passaggio mi ha fatto pensare alla sua prontezza. Non resta mai fermo, ha deciso che deve ricevere il pallone lì, ma non resta sul posto ad aspettarlo e propone una linea di passaggio più semplice appena il difensore va in aiuto su Harit. Quanti giocatori sarebbero rimasti fermi sul posto, con le schiena ingobbita e le mani rivolte verso i piedi a chiamare la palla?

Il suo attacco alla profondità è ben chiamato al compagno. Arrivato da solo davanti al portiere lo anticipa con un tocco di esterno delicato e da giocatore consumato. Non ha bisogno di macchinosi controlli, basta andare di prima intuizione con il sinistro — ecco, è mancino a quanto pare, da qua si capisce l’errore di esterno destro precedente. C’è freddezza ed estro. Viene da banalizzare e dire che certe qualità sono ovvie per uno “cresciuto” nel Barcellona.

Ancora attacca bene lo spazio sul filo del fuorigioco e ancora una volta davanti al portiere lo elude con una velocità di pensiero non banale. Baumann copre bene la porta restando in piedi, e lui questa volta non calcia di prima vincendo la frenesia dell’essere davanti alla porta e magari calciare di prima. Ha la lucidità di dribblarlo verso l’esterno, portandosi il pallone sul sinistro e calciare a porta sguarnita. Di nuovo, una scelta giusta, ma non necessariamente la più facile da eseguire.

Si propone di nuovo attaccando la profondità, e per la terza volta Harit lo premia. Harit gli ha servito tutti i gol, spero gli abbia offerto almeno una cena di lusso con il delivery dopo la partita. Lui batte ancora Baumann con un pallonetto, di destro questa volta, facendomi venire il dubbio che non fosse mancino. E ho ragione, gli scout parlano di capacità di usare entrambi i piedi, quindi è ambidestro. In tutti i tre gol è la naturalezza la cosa più bella, non c’è indecisione. La storia del giovane senza pressioni e paure è un grande classico della narrativa sportiva, e forse è reale, chi lo sa. Ma non credo che la situazione attuale dello Schalke non porti un minimo di apprensione sotto porta, un po’ di foga, di fretta, perché forse è la volta buona che si vince. Mi sembrano cose umanamente normali per una squadra ad un passo dal baratro che mezza Germania non vede l’ora ci piombi. E lui invece davanti al portiere lo batte così, con eleganza e intelligenza, emanando semplicità. L’allenatore dello Schalke, Christian Gross, a fine partita infatti dirà che “non è per niente timido. Nonostante l’età non si tira indietro quando c’è da lavorare sodo. È un professionista tipo.”

Dopo prestazioni del genere da parte di un teenager parte il gioco dei paragoni. Sul sito della Bundesliga ne azzardano uno con Lewandowski, forse attirati dal fisico alto e snello. Ma lui ha in mente un altro paragone: “mi piace Harry Kane. Come lui mi piace giocare sia cercando la profondità che all’interno dell’area. È un giocatore che seguo molto” ha detto sempre ad ESPN. Già solo queste dichiarazioni fanno capire come sia un giocatore a cui piace farsi servire sui piedi. Nonostante l’altezza il gioco aereo è probabilmente l’aspetto su cui deve lavorare più sodo per diventare un attaccante più temibile. Il tiro da fuori area è un aspetto su cui ancora bisogna giudicarlo a questi livello, visto che ne ha tentato uno solo in campionato fin qua. Di sicuro palla a terra è già un giocatore importante, e i margini di miglioramento sembrano molto buoni. Ma la velocità di pensiero ed esecuzione sono i suoi punti di forza. “Di sicuro ha tutto quello che gli serve per diventare un grande finalizzatore” sempre Gross “è giovanissimo e ha molto da imparare, ma ci sta lavorando. È un gran lavoratore e pensa solo allo Schalke”.

Il primo statunitense a segnare un tripletta in Bundesliga

C’è molta ambizione in questo giovane californiano, che ha conquistato subito una chance in Europa grazie alla costanza fatta vedere nella Residency Academy. “Nella nostra division ci sono Los Angeles Galaxy e Real Salt Lake City, due delle migliori academy del paese, ma siamo stati in grado di vincere la division” racconta Sean McCafferty, acedemy director di Barcelona USA “Abbiamo avuto grande costanza tutto l’anno, e abbiamo avuto il miglior goleador del paese, Matthew Hoppe. È un giocatore di altissimo livello”. Il biglietto da visita era già notevole prima di diventare professionista, una possibilità che ha colto al volo oltreoceano, nonostante l’MLS stia diventando un buon palcoscenico per le promesse americane. “Volevo uscire dalla comfort zone”. Sembra essersi calato subito nella mentalità del suo nuovo club. “Voglio imparare la lingua, il sistema e lo stile di gioco il prima possibile. Lavoro il più duro possibile in campo e fuori e mi prendo cura del mio corpo con la giusta nutrizione e riposo” un’applicazione chiara, figlia della metodologia appresa negli Stati Uniti, ben noti quando si tratta di costruire atleti di livello mondiale. Nel calcio non ci sono ancora riusciti, ma continuano a provarci. La Bundesliga potrebbe essere proprio il banco di prova per questa generazione di talenti americani. Hoppe tra questi sembra quello sbocciato all’improvviso, per quanto la sua storia direbbe il contrario, anche grazie a compagni di reparto fuori forma o infortunati e la situazione disastrata della squadra che gli hanno concesso spazio. Intanto gli è bastata una sola partita perfetta per farci salire sul treno dell’hype.

Di Alessandro Giura

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Alessandro Giura
Palloni Gonfiati

Studente di scienze della comunicazione a UniTo. Editor e Copywriter. Scrivo su Palloni Gonfiati e Ultimo Uomo. Conduco il podcast Britannia.