Pensieri euro-gonfiati del 11/03/2021

Cosa ci hanno fatto pensare PSG-Barcellona e Liverpool-RB Lipsia.

Alessandro Giura
Palloni Gonfiati
7 min readMar 11, 2021

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Sospendere le certezze e aprirsi al nuovo. Questo dobbiamo fare d’ora in poi quando ci prepareremo alle sfide di Champions League. Per la prima volta nell’era di internet sia Cristiano Ronaldo che Lionel Messi hanno abbandonato la competizione prima dei quarti di finale. È una caduta degli dei? Il canto del cigno dei due uomini che incarnavano da soli lo status symbol della Champions? Nello specifico delle prestazioni individuali no per quanto le reciproche eliminazioni sono state profondamente diverse. Ronaldo ha giocato un ottavo di finale con addosso un mantello dell’invisibilità, togliendoselo solo in un paio di circostanze per protestare sperando di ottenere un rigore. Messi invece ha fatto Messi, segnando sia all’andata che al ritorno, prima volta che è costata un’eliminazione. Quello che ormai è palese è che la loro presenza nella squadra non può essere imprescindibile a discapito di un progetto tecnico valido. Barcellona e Juventus invece forti dei loro successi domestici hanno evitato di costruire un contorno eccitante ed efficace. Per costruire la rosa si sono preoccupati di più del lato economico, tenendo da conto che alla fine nei 90 minuti uno dei due fuoriclasse l’avrebbe risolta. “Quando hai Cristiano parti sempre avanti 1–0” ha detto Pirlo dopo la gara con il Porto. Una volta forse, ora non più. Non sappiamo se a fine stagione Ronaldo e Messi proseguiranno con le rispettive maglie. È evidente che di calcio in Champions League ne hanno ancora da spremere, ma non fanno più la differenza da soli.

  1. “Con onore”. Così titolavano Marca e El Mundo Deportivo per riassumere l’uscita del Barcellona dalla massima competizione europea. Una cosa da rimarcare visto che nelle precedenti eliminazioni il Barça aveva perso la faccia. Ribaltare il 4–1 del Camp Nou era difficilissimo, ai limiti dell’impossibile. Ma l’1–1 con cui il Barcellona torna da Parigi gli sta strettissimo. Nel primo tempo il Barcellona aveva già tirato quanto nell’intera gara di andata. Si è rivisto un Barcellona brillante tra le linee, Busquets ha fatto una grande partita, Alba e Dest hanno allargato il campo, Pedri si è associato molto bene con i compagni. Insomma un Barcellona ben diverso da quello scollegato visto nei primi mesi stagionali. Purtroppo la qualificazione non è mai stata in discussione causa un Keylor Navas in giornata di grazia. Il portiere costaricano ha effettuato ben 9 parate, tra cui spicca il rigore respinto a Messi sullo scadere del primo tempo, vera e propria sliding door della gara.

2. Il PSG è stato molto rinunciatario, ha giocato in modo più reattivo che proattivo. È stato anche fortunato che Lenglet abbia commesso il suo quinto fallo da rigore stagionale nella solita maniera impacciata, trasformato poi in rete da Mbappe. Lo svantaggio non ha però scomposto il Barcellona e la squadra di Pochettino si è dovuta aggrappare a Navas e ai difensori, su tutti Marquinhos, che con un salvataggio miracoloso su Messi a colpo a sicuro ha fatto capire ai catalani che non era proprio serata. Lo spendere tante energie a inseguire i catalani in giro per il campo ha fatto perdere lucidità a tutta la squadra. Mbappe, Icardi e Di Maria sono stati poco lucidi nello sfruttare qualche ripartenza, cosa che a Barcellona non è affatto successa. Poco male comunque, un po’ di sofferenza e il PSG si è preso l’ambita rivincita sul famoso 6–1 del 2017.

3. 730 gol in carriera da professionista. Eppure a memoria il siluro da quasi 30 metri era un numero da repertorio che non mi era ancora capitato di vedere fare a Messi. Anzi, è un tipo di gol che associamo alla sua nemesi portoghese. Ancora una volta Lionel ci ha lasciato a bocca aperta, nonostante non dovremmo più sorprenderci. Ieri ha provato a trascinare i suoi compagni verso un impresa impensabile, in pieno stile Aragorn davanti ai cancelli di Mordor. Però non li ha obbligati a passare per forza da lui. Ha dettato il ritmo, e loro si sono adeguati suonando la propria musica. Come un orchestra jazz, dove ognuno si prende il suo turno di assolo. Ed è tornato il Barcellona che conosciamo. Il caso vuole che sta partita sia coincisa con il ritorno di Laporta alla presidenza, l’uomo che puntò su Messi e Guardiola 15 anni fa e che ora ha promesso il rinnovo del capitano. Il nuovo Barcellona ha bisogna che nelle fasi iniziali ci sia anche lui.

4. Il PSG è molto italiano, per dirla alla Stanis La Rochelle. Ieri c’è stato un momento italianissimo. Il “tu sei pazzo” urlato ben 4 volte di seguito da Florenzi all’arbitro Taylor.

5. Il cambio della guardia è sempre un tema virale. C’è chi non vede l’ora avvenga e chi invece dice che Mbappe non sarà mai come Messi e Ronaldo. Lui nel dubbio a fine gara la maglia l’ha chiesta a Pedri, altro talento in prima linea per guidare la generazione Z alla conquista del calcio..

6. Liverpool-RB Lispia ha avuto la peculiarità di essere un confronto in cui andata e ritorno sono state giocate nello stesso stadio, a Budapest. Non sembra un caso che le due gare siano state identiche nel risultato e nell’andamento. Come nella gara di andata anche ieri il Liverpool ha vinto 2–0, segnando solo nel secondo tempo di una partita noiosa. Uguali anche i marcatori. Prima Salah e poi Mane. Visti i recenti risultati ottenuti dal Liverpool ad Anfield (6 sconfitte nelle ultime 7 gare casalinghe) viene da pensare che non giocare nel proprio stadio abbia favorito il Liverpool. Battute a parte, un Lipsia ottimo in Bundesliga non ha impensierito più di tanto un Liverpool in crisi di risultati e efficienza offensiva. Nagelsmann a fine gara ha ammesso che “abbiamo meritato di uscire. La qualità che abbiamo mostrato negli ultimi match oggi non c’è stata”. Alisson è stato impensierito solo intorno all’ora di gioco da un colpo di testa di Sorloth finito sulla traversa. I Rote Bullen ci riproveranno l’anno prossimo.

Photo by David Balogh/Getty Images

7. Klopp ha trovato una vittoria agile che fa bene al morale e ha riportato il sorriso all’allenatore tedesco. La sua esultanza sul gol del 2–0 è stata emotiva e liberatoria, perfetta immagine del momento ansioso che sta vivendo la squadra. Finalmente ha anche avuto buone sensazioni per quanto riguarda il reparto difensivo. Fabinho è tornato a fare il vertice basso di centrocampo ed ha giocato magistralmente. In difesa al suo posto c’è stato l’esordio europeo di Nathaniel Phillips. Philips ha 23 anni e la scorsa stagione ha giocato in prestito allo Stoccarda, nella seconda divisione tedesca. È il classico difensore arcigno alto 1 metro e 90 inglese. Quel tipo di giocatori ruvidi che prediligono il gioco aereo. Ieri per qualche ragione il Lipsia ci teneva a giocare la palla alta dalle sue parti. Forse per fargli fare bella figura al suo esordio europeo. Così è stato. Phillips ha mostrato confidenza in un contesto totalmente nuovo per lui e ne è uscito tra i migliori in campo. Klopp ha speso ottime parole su di lui dopo la gara. I difensori del Liverpool ci hanno preso gusto nelle gare di esordio in Champions League: all’andata era stata la prima partita molto buona di Kabak a rubare l’occhio, oggi è stato il turno dell’inglese.

8. L’ultimo pensiero va ad una cosa in realtà successa la sera precedente che mi era sfuggita, ma mi sembra giusto tornarci sopra. Poi causa supplementari è anche successa dopo la mezzanotte e siccome questa rubrica procede per calendario metterla nei pensieri di cosa è successo ieri tanto sbagliato non è. Comunque sia, dopo la partita contro la Juventus, Sérgio Conceição si è presentato in sala stampa per rispondere alle domande dei giornalisti collegati via Zoom riguardanti il passaggio del turno dei suoi ragazzi. Ma nessun giornalista ha avuto domande da fargli. Neanche in portoghese.

Lui è rimasto palesemente sorpreso. Non sa se essere contento per essersela sbrigata al volo con la conferenza o dispiaciuto sul fatto che nessuno abbia domande da fargli sull’impresa della sua squadra. Perché sì, quella del Porto è un’impresa e non deve essere sminuita da un Ronaldo evanescente o una Juventus limitata. Il Porto era l’underdog in questo doppio confronto e lo ha affrontato alla grande, giocando alla sua maniera e mettendo a nudo i difetti della squadra di Pirlo. Per di più disputando oltre un’ora di gioco del ritorno con un uomo in meno. Ma nessuno aveva domande o osservazioni da fargli, neanche i soliti complimenti di rito o domande tipo “come festeggerai”. È incredibile che sia stato snobbato dalla categoria, troppo impegnata a fare domande neanche poi così scomode a Pirlo. Trovo assurdo che chi ha la possibilità di parlare con allenatori e atleti non riesca mai a parlare davvero di calcio. Per di più dopo una partita che creava mille spunti tattici o tecnici. Evidentemente, a chi ha il privilegio di raccontarlo il calcio fa schifo e preferisce parlare di gossip e milioni. Come cantava Willie Peyote a Sanremo?

Tutti ‘sti bomber non fanno goal ma tanto ora conta se fanno il cash
Pompano il trash in nome del LOL e poi vi stupite degli Exit poll?
Vince la merda se a forza di ridere riesce a sembrare credibile

Non fa una piega.

di Alessandro Giura

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Alessandro Giura
Palloni Gonfiati

Studente di scienze della comunicazione a UniTo. Editor e Copywriter. Scrivo su Palloni Gonfiati e Ultimo Uomo. Conduco il podcast Britannia.