Una lezione da Chuck Palahniuk

Può, l’autore di Fight Club, insegnarci qualcosa di cristiano?

Angelo Moroni
Cristiano Errante
5 min readJan 17, 2019

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Chuck Palahniuk

Chuck Palahniuk è senza dubbio uno dei miei scrittori preferiti; ho letto tanti dei suoi libri di cui il mio preferito è Invisible Monster, ma il suo più grande successo è sicuramente Fight Club, da cui hanno tratto il famoso (omonimo) film con Brad Pitt e Edward Norton nel ‘99.

Ho sempre ritenuto Chuck un arguto osservatore della realtà, a volte troppo cinico o crudo, ma non c’è dubbio che sia diretto e, appunto per questo, dal momento della mia conversione, mi sono sempre chiesto se potessi tirar fuori qualche lezione cristiana da queste letture. Per carità, non voglio trasformare Palahniuk in uno scrittore cristiano, anche perché è ben lontano dal seguire Cristo, ma mi incuriosiva ricercare validi insegnamenti, in linea con la Scrittura, dai suoi libri.

In effetti, sin da subito, senza pensarci troppo, uno l’ho trovato!

Le cose che una volta possedevi, ora possiedono te

Fight Club è il primo romanzo di Chuck Palahniuk uscito nel 1996 ed è, in un certo senso, il suo trattato di filosofia: il fallimento non uccide, piuttosto libera. Un tema che, effettivamente, è presente in tutti i suoi libri.

Sostanzialmente, quello che vuole dirci Chuck è che viviamo come ingranaggi in un sistema che ci opprime, che ci stressa e ciò crea quel senso di affanno con il quale molte persone convivono quotidianamente. Non avete mai avuto la sensazione di avere l’acqua alla gola senza sapere perché? Io, per dirvi la mia, mi sentivo sempre di corsa, sempre in movimento, per non andare da nessuna parte: lavoravo tanto, sentivo il dovere di impegnarmi sempre di più e mi sentivo realmente in affanno. Così in questo modo, aumentava la rabbia, l’insoddisfazione e lo stress. Non sono comunque l’unico, anzi.

Dunque, senza troppi giri di parole, è facile comprendere come uscire da questo circolo vizioso ci rende liberi e Palahiunk, nei suoi libri, utilizza il fallimento come metodo di uscita. L’effetto desiderato è quello di farcelo sembrare un problema, ci immedesimiamo perfettamente con i protagonisti, ma, andando avanti nella lettura, si capisce che i protagonisti stessi ne beneficeranno di questo loro nuova situazione.

Per l’appunto , il protagonista di Fight Club vive proprio questa insoddisfazione; si affanna con il sogno di diventare qualcuno, ma non riesce ad uscirne: un Fantozzi un po’ meno comico. Soffre di insonnia e crede, drogato dal consumismo, che avere una casa piena di cianfrusaglie di IKEA sia uno standard di vita invidiabile. Tutto cambia quando incontra Tyler Durden con il quale mettono su un circolo di lotta libera, il Fight Club, appunto, nel quale non solo le classi sociali non contano ma, come se non bastasse, si capisce che si tratta solo una struttura artificiosa, qualcosa, insomma, costruito dall’uomo.

Non aggiungo altro, per non togliervi il piacere della lettura (o visione, se voleste vedere il film), ma già fin qui si percepisce che di spunti per riflessioni cristiane ce ne sono tanti, ma vorrei concentrarmi solo sul consumismo.

Non a caso prima ho citato IKEA, infatti, la prima sera in cui il protagonista (di cui non si sa il nome) e Tyler Durden escono per prendere una birra, quest’ultimo gli fa una rivelazione al riguardo:

Compri mobili. Dici a te stesso, questo è il divano della mia vita. Compri il divano, poi per un paio d’anni sei soddisfatto al pensiero che, dovesse andare tutto storto, almeno hai risolto il problema divano. Poi il giusto servizio di piatti. Poi il letto perfetto. Le tende. Il tappeto.
Poi sei intrappolato nel tuo bel nido e le cose che una volta possedevi, ora possiedono te.

Una rivelazione forte e soprattuto l’ultima frase evidenziata mi ha fatto fare un salto al versetto 21 del sesto capitolo del vangelo di Matteo:

Perché dov’è il tuo tesoro, lí sarà anche il tuo cuore.

nel quale il Signore ci esorta a non accumulare tesori sulla terra dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano (Mt 6:19), ma piuttosto dovremmo preoccuparci di accumulare tesori in cielo.

Il Signore non parla a vanvera e sa che le cose del mondo, lì per lì anche le più innocue, cominceranno ad avere la meglio su di noi e sulla nostra mente, lo spirito ne risentirà e finiremo per esserne schiavi. Il Signore sa quanto siamo deboli, quanto ci piace lo sfarzo, quanto siamo vanitosi e ci educa, come ha sempre fatto, laddove siamo mancanti. Ahimè, lo sa anche chi vuole farci del male ed è proprio lì che veniamo tentati.

Perché abbiamo bisogno ancora di questi insegnamenti?

Cosa significa che le cose che possedevi, ora possiedono te? Per citare Ford potrei dire che più cose metti in un auto e più se ne romperanno: tutte le cose, anche le più piccole, richiedono il nostro tempo, ma finché ci si sa controllare è poco male, ma è quando si entra in circoli viziosi consumistici, come, per esempio, quello di cambiare smartphone solo per il gusto di avere quello nuovo, che si creano problemi. Queste dinamiche ci tolgono tempo, soldi, serenità e, non neghiamolo, quasi tutti ne siamo schiavi. Siamo proprietà delle cose che pensavamo di possedere.

Ora la domanda sorge spontanea: perché? Perché abbiamo bisogno ancora di questo insegnamento? La risposta che ho trovato io, per quanto possa valere, è che i peccati che ci incatenano sembrano i più innocui. In altre parole nessuno mi dirà che è giusto uccidere un uomo, ma quanti di noi dicono una bugia al giorno? Quanti di noi si lasciano andare a piccoli vizi pensando a che cosa sarà mai? Che sarà mai prendere un nuovo divano? Un nuovo quadro?

Quello che voglio dire è che proprio queste piccole dinamiche, per quanto semplici, sono il nostro punto debole. Come quando, da bambini, stringevamo un filo attorno al dito finché non diventava rosso perché il sangue fatica a circolare: il filo, di per sé, è innocuo, ma quando comincia ad essere tanto diventa problematico.

Insomma, il nostro consumismo è un problema talmente evidente che non serve qualche ispirazione divina per capirlo, ma anzi, anche Palahniuk, senza scomodare la Scrittura, è riuscito a esporlo egregiamente e nonostante questo ne siamo assuefatti, ci sembra normale e neanche ci impressiona più. Ahimè.

Approfitto di questo spazio in chiusura di articolo per lasciarvi i contatti della Chiesa di Cristo Re di Biella e colgo l’occasione di ringraziare, oltre al Signore, i pastori per la pazienza dimostrata nei miei confronti.

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Angelo Moroni
Cristiano Errante

Code Monkey #Android per Bemind Interactive e ciarlatano digitale. (Aspirante) Scrittore e Filosofo. http://instagram.com/hooloovoochimi…