Avere amici a 40 anni è un casino, mica come nei JRPG

Fabio Di Felice
Panino al salame
Published in
7 min readAug 21, 2023

Questo aneddoto l’ho già raccontato ma è significativo per il resto del pezzo, quindi eccovelo servito in una salsa differente. Durante la quarantena, la prima, quella dei due mesi in casa, come tutti sono stato costretto a non vedere i miei amici per molto tempo. Fino a quel momento la mia vita sociale, la mia voglia di uscire, gli appuntamenti fissi al cinema il venerdì sera e a cena il sabato, erano più o meno bloccati dai tempi dell’adolescenza. Il Covid ci ha messo un freno. Un freno che doveva essere temporaneo ma che così non è stato.

Una volta riacquistata la libertà, le occasioni sociali si sono diradate sempre di più, fino a sparire. Troppo comodo puntare il dito contro la quarantena: la colpa, se così vogliamo dire, è mia. Stare a casa è un’attività subdola, mette le radici, ti toglie la voglia di fare qualsiasi altra cosa. Si fa presto a ritagliarsi una zona di comfort e ad adagiarsi. Il tempo passa e hai sempre meno voglia di uscire e sempre meno voglia di incontrare gli altri, di scendere a compromessi o di fare cose che non ti va di fare.

Ecco finalmente l’aneddoto: durante la quarantena ho giocato a Persona 5 Royal. Nel gioco è presente un fittizio sistema di messaggistica istantanea e mi capitava di scambiare molti messaggi con gli amici del protagonista. Una simulazione di affetto così convincente da scaldarmi l’anima. Così, messaggiando con Ann, Ryuji e Makoto il contatore a forma di cuore si riempiva e il livello del nostro rapporto aumentava. Nel frattempo quello con i miei veri amici pian piano si sgretolava. In attesa di tempi migliori, mi dicevo. Non avevo fatto i conti con la vita.

In P5Royal ricevi spesso foto degli incontri e degli eventi sociali a cui partecipi.

La mia carriera di giocatore è costellata da esempi di “bond level”, ovvero dal livello del legame. Si tratta di una meccanica che all’interno dei giochi di ruolo giapponesi (JRPG) viene inserita molto spesso: più a lungo si interagisce con un personaggio, o si trascorre del tempo insieme magari facendogli qualche favore, e più saldo sarà il rapporto. Questo ti permetterà di accedere a una serie di bonus persistenti che vanno dall’aumento delle statistiche, all’accesso a determinate mosse speciali.

Faccio fatica a ricordare un JRPG dove non è inserito un meccanismo simile. Per esempio in Persona 5 si tratta di una meccanica fondamentale che addirittura ti dà accesso al vero finale del gioco. In Final Fantasy XVI portare a termine i favori degli NPC sblocca il loro epilogo. Esempi simili sono inseriti in altre serie storiche come quella di cui fanno parte Trails of Cold Steel o i Tales Of come Arise. Perfino negli ultimi Fire Emblem (Three Houses ed Engage) il livello di legame tra i personaggi ha acquisito un’importanza sempre più centrale. E ricordo come fosse ieri Suikoden 2 e i suoi 108 personaggi, tutti da reclutare seguendo per filo e per segno una guida per dare le risposte giuste e portare dalla tua parte avversari, rivali, vecchi amici. Come se il rapporto tra due persone dipendesse da una singola risposta esatta.

Quelle dei JRPG poi sono spesso amicizie adolescenziali: crude, totalizzanti. I personaggi si affidano gli uni agli altri in maniera quasi disperata, aggrappandosi con quella forza che solo i giovani nel pieno della loro ingenuità sanno tirare fuori. Insomma, in questi titoli l’amicizia è un rapporto di reciprocità (a dire la verità un po’ monodirezionale, visto che sei sempre tu il motore che la muove) in cui frequentazione e subquest definiscono un livello di legame che tende sempre al positivo. Al massimo si congela nel tempo e resta stabile. Per sempre.

I momenti di pausa sono quelli in cui solitamente si approfondiscono i rapporti tra i personaggi.

Dirò un’ovvietà, ma visto com’è andata a me forse non è poi tanto ovvia: nella vita non funziona proprio così. E in seguito al Covid, dopo aver costruito quella mia comfort zone fatta di sabati sera a casa e film sul divano, di pigrizia, di mancata disponibilità, di telefonate non fatte e di messaggi non scritti, mi rendo conto che i rapporti non si congelano. Si spezzano.

Se un pochino mi conoscete saprete che sono un tipo piuttosto malinconico e nostalgico e tendo ad enfatizzare tutto quello che mi succede. In pratica, ogni piccolo accadimento della mia vita è potenzialmente una tragedia. Però da un po’ di tempo ho la netta sensazione di essere rimasto solo.

Nei JRPG qualsiasi amicizia è recuperabile. Non importa quanto ci si è spinti in là.

Riesco ancora a sentire i miei amici di tanto in tanto, ma meno di quanto vorrei. Mi rendo conto che è una fortuna se riesco a vederli una volta al mese, quando prima era la normalità incontrarci anche più volte a settimana. Altri non li sento da mesi, o da anni. Semplicemente non ci siamo più scritti, non ci siamo più chiamati. Da un certo punto di vista sono io che ormai combatto quotidianamente con la voglia di perdermi nel dolce far nulla al di fuori della mia routine (lavoro, palestra, tre passeggiatine con Nando e poi a dormire), dall’altra giustamente loro hanno un‘esistenza al di fuori del nostro rapporto e magari hanno conosciuto nuova gente. Oppure sono chiusi anche loro in quello stato di totale apatia in cui spesso mi trovo io, ed è difficile conciliare due persone che non vogliono o non riescono a tirarsi fuori da questa situazione.

Il risultato è che passo intere giornate senza sentire nessuno e le occasioni sociali in cui incontrarsi sono sempre meno, sempre più rare, sempre più difficili da combinare. E poi c’è anche la vita “normale” di mezzo: il lavoro, i dissapori, qualche vecchia cicatrice che non si è ancora rimarginata. Mi chiedo: avere amici a quasi quarant’anni è davvero un casino? O è così solo per me?

Se siete giocatori di Animal Crossing come me, magari vi capita di rientrare nel gioco dopo mesi di assenza, giusto per vedere che fine hanno fatto i vostri concittadini. A me capita spesso. Li ritrovo lì, che dopo qualche frase di circostanza piena d’affetto (“mi sei mancato”, “questo posto era così vuoto senza di te”), riprendono a parlarmi come se niente fosse successo. Come se trascorressi li dentro ancora tre, quattro ore al giorno, a scorrazzare per le vie di Odaiba, la mia cittadina.

Certo, è una situazione paradossale, che alimenta la convinzione di essere il centro dell’universo, e che tutti i rapporti che hai costruito non si sgretoleranno se non per tua scelta consapevole. Al massimo resteranno come sono e verrai accolto da qualche parola carina salvo poi ristabilire lo status quo. Da una parte vorrei che la vita e le relazioni fossero davvero così semplici, che ruotassero attorno alla mia disponibilità, al mio umore, alla mia voglia di accenderle o spegnerle. Dall’altra quest’intera esistenza passata alzando statistiche, costruendo “bond level”, facendo quest secondarie di cui mi interessa poco solo per arrivare al premio, solo per vedere il contatore al massimo, mi spaventa. Perché è un’illusione. E a volte ho paura di aver assorbito dai videogiochi oltre alle cose belle anche gli aspetti più individualistici ed esasperanti. Di pensare che il mondo, anche quello vero, ruoti attorno a me.

Anche Yakuza: Like a Dragon da bravo JRPG ha un sistema di bond level.

Rendendomene conto, riflettendo sui miei comportamenti, non posso fare altro che chiedere perdono. Come ho spesso scritto in passato, Panino al Salame nasce anche per parlare ad alta voce della mia vita, sempre attraverso i videogiochi visto che, nel bene e nel male, ne occupano una bella fetta.

A tutti i miei amici chiedo scusa: se vi siete sentiti trascurati, se avete cercato di tirarmi fuori e non ci siete riusciti, se per tanto tempo non ci siamo scritti, se non vi ho chiamati o non vi ho fatto gli auguri al vostro compleanno. Perdonatemi. E soprattutto non fermatevi: cercatemi, scrivetemi, chiamatemi. Io farò lo stesso, promesso. Vi voglio bene come sempre, è solo che la vita non è facile come rientrare in Animal Crossing dopo cinque mesi per sentirsi dire che, senza di te, il mondo è davvero una palla.

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Fabio Di Felice
Panino al salame

Qualche giorno fa ho pensato “dovrei proprio cambiare la bio del profilo” e poi eccoci qua: non avevo idea di cosa scriverci.