Grazie a Pikmin 4 ho capito di amare il dandori (e anche l’ikigai)

Fabio Di Felice
Panino al salame
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5 min readAug 7, 2023

Sapete cos’è l’ikigai? Tranquilli, non lo sapevo nemmeno io fino a qualche mese fa. Poi per lavoro ho dovuto scriverci sopra un articolo, mi sono informato, ne ho letto un sacco e mi sono reso conto che in qualunque libreria entrassi non potevo fare a meno di posare lo sguardo su una marea di libri intitolati: “Aggiusta la tua vita con l’ikigai”, “Risolvi tutti i tuoi problemi con l’ikigai”, “Torna a vivere grazie all’ikigai”. Non sto scherzando, aprite Amazon, digitate ikigai e verrete invasi da copertine con fiori di ciliegio, palazzi giapponesi e tutta una serie di sfumature pastello che vanno dal verde salvia al rosa pesco.

Scopri l’ikigai e la tua vita non sarà più la stessa”. Bene, la prima cosa che ho pensato è che fosse una di quelle categorie nipponiche birichine su Pornhub. Una interessante, abbastanza da cambiarti la vita. Invece no. Ikigai (生き甲斐) è una di quelle parole giapponesi difficilmente traducibili in un’altra lingua, perché più che un termine rappresentano un concetto. Però bisogna un po’ forzare la mano altrimenti non andiamo più avanti. La traduzione letterale di ikigai è: 生き, iki-vivere e 甲斐, gai-ragione, molti lo traducono come “il motivo per cui ti svegli al mattino”, cioè preso un po’ alla lontana, il tuo senso della vita.

Mi spiace sempre un po’ banalizzare un concetto così alto, ma ormai è convenzione. Una buona percentuale di quei libri che vedete in libreria o su Amazon sono scritti da occidentali, peggio ancora da americani che per spiegare cos’è l’ikigai lo hanno tradotto in chiave capitalista: trova il lavoro dei tuoi sogni. Tant’è che hanno trasformato la ricerca dell’ikigai in un diagramma di Venn che unisce ciò che ti piace fare e ciò per cui gli altri sono disposti a pagarti. Insomma, una filosofia ultra concettuale che è diventata l’ennesima nozione di marketing per imprenditori di se stessi laureati all’Università della vita.

Tutta questa storia sull’ikigai mi torna però utile per parlare di Pikmin 4. Nintendo ha infatti utilizzato un termine ben specifico per raccontare il suo titolo di punta dell’estate: un gioco interamente basato sul dandori.

Pikmin rossi a rapporto! Solo loro possono affrontare le fiamme

Dandori (段取り), così come ikigai, è una parola giapponese che racchiude in sé un concetto. Nella sua traduzione letterale, significa organizzazione, programmazione. Nell’interpretazione di Nintendo, il significato si allarga e vuole esprimere la soddisfazione dell’organizzare efficientemente una serie di compiti per arrivare velocemente al risultato. Una nozione che racconta in pochissime parole il gameplay di Pikmin: un titolo in cui si comanda un esercito di esserini più o meno bravi in vari task, da assegnare efficientemente a diversi incarichi. Dandori.

Quando l’ho sentito per la prima volta, una parte del mio cervello ha fatto click. Perché è un concetto che ho sempre amato nei videogiochi e a cui non ho mai saputo attribuire un termine.

Per esempio, durante le mie partite a Death Stranding, ho sempre cercato di impilare più pacchi che potevo sulle spalle di Sam Porter Bridges, ottimizzando il giro di consegne lungo le stazioni che si trovavano tra il punto di partenza e il punto di arrivo. Si può dire che le mie sessioni di gioco più soddisfacenti sono state proprio quelle in cui riuscivo a organizzare un percorso che mi permettesse di risparmiare tempo, fatica e chilometri. A pensarci bene Death Stranding è proprio l’emblema del dandori, dal momento che buona parte del titolo consiste nell’organizzazione produttiva dell’inventario, degli oggetti da portarsi dietro e nella scelta del percorso più efficiente.

Ma questo tratto organizzativo a dir la verità l’ho sempre avuto. Nei vari jrpg che gioco adoro accumulare missioni secondarie prima di partire per l’avventura, mi piace provare a risolverle tutte insieme, e poi tornare a riscuotere in città. Il momento in cui osservo soddisfatto la sfilza di incarichi portati a termine nel diario di gioco è pura estasi.

Un altro esempio: nel primo indimenticato Dead Rising, amavo organizzare le ronde in modo da poter arruolare più sopravvissuti possibili con un solo passaggio per poi portarli al sicuro. Il tempo limitato per me non è mai stato un problema, piuttosto un incentivo per ideare percorsi creativi e per prendermi dei rischi in più.

Se anche voi siete compulsivi come lo sono io, oggi abbiamo un termine per definire questa ossessione: dandori.

Esistono moltissime varietà di pikmin, ognuna adatta ad affrontare situazioni e nemici

E volete sapere una cosa? Pikmin 4 prende il meglio dall’idea del dandori e lo smussa. Nel senso che i primi titoli di questa serie erano poco clementi con il giocatore, frazionando in porzioni strettissime il tempo a disposizione, con un timer che scandiva in modo rigido le giornate. Pikmin 4 ha addolcito questa meccanica, dandoti la possibilità di esplorare i suoi vasti livelli con la dovuta calma. Non c’è alcun limite di giorni a disposizione e ogni mappa può essere esplorata quante volte si vuole.

L’aspetto competitivo del dandori viene invece fuori con prepotenza nelle sfide 1 vs 1, quando ti viene chiesto di completare un livello accumulando più risorse possibili prima dello scadere del tempo. Lì, oddio, sì, mi sono leccato le dita mentre la parte schematica da ragioniere del mio cervello si metteva in moto per assegnare a ogni pikmin il compito più adatto. La soddisfazione di vederli sgambettare da una parte all’altra dello schermo è unica. Guardarli consegnare il bottino, sentire il suono del task che si chiude definitivamente, il sollievo di aver trasportato ancora un carico, di aver organizzato tutto nel modo migliore possibile. Puntare alla massima efficienza con trenta secondi d’anticipo. Questo è dandori. Una goduria che, in effetti, una categoria su Pornhub se la meritava.

Mi rendo conto di aver banalizzato un termine che magari nel suo significato meno letterale vorrà dire ben altro. Proprio come ho accusato gli americani di aver trasformato l’ikigai in uno schema. A mia discolpa posso dire che Nintendo in primis ha utilizzato il termine dandori nella campagna marketing di Pikmin 4. E che a dirla tutta per quanto prezioso, unico e rilassante sia il gioco, tre caratteristiche che senza ombra di dubbio gli appartengono, è stato proprio l’aver dato forma a questa sensazione la più grande rivelazione del titolo.

Poter descrivere con un termine la soddisfazione nell’organizzare le risorse all’interno di un videogioco mi ha arricchito profondamente. È stato un deciso passo avanti verso il mio ikigai. O almeno credo.

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Fabio Di Felice
Panino al salame

Qualche giorno fa ho pensato “dovrei proprio cambiare la bio del profilo” e poi eccoci qua: non avevo idea di cosa scriverci.