Ilaria Amadei
Parkinson a Porte Aperte
4 min readAug 5, 2021

--

Mindfulness: fattore che favorisce la neuroplasticità e allontana la mente dal disagio del passato e del futuro.

Photo by Jared Rice on Unsplash

In base a quali meccanismi cerebrali l’essere umano è in grado di imparare qualcosa, di cambiare, di adattarsi all’ambiente esperienziale? Ciò è l’esito di un fenomeno chiamato “neuroplasticità. Il neuroscienziato Norman Doidge così descrive la neuroplasticità nel suo libro “Le guarigioni del cervello”:

“La neuroplasticità è la proprietà che consente al cervello di modificare la propria struttura e il proprio funzionamento in risposta all’attività e all’esperienza mentale!”.

Per molti secoli la scienza ufficiale ha sostenuto che i circuiti cerebrali fossero immutabili, cablati fin dalla nascita per produrre in ogni persona esiti non modificabili dall’apprendimento e, con l’invecchiamento, che ogni cervello andasse incontro al suo declino senza possibilità di ridurlo o bloccarlo. Tali convinzioni vennero spazzate via dalla scoperta della “neuroplasticità” quando Il neuroscienziato Eric Kandel vinse il Nobel per la medicina nel 2000 per aver dimostrato che l’apprendimento può attivare geni in grado di modificare la struttura neurale.

Nel cervello, l’apprendimento dipende completamente dall’esistenza della neuroplasticità, la quale consente la ritenzione, rappresentazione ed elaborazione di nuove informazioni.

Le difficoltà di apprendimento hanno una componente genetica ma possono intensificarsi a causa di una stimolazione errata, mentre possono scomparire per mezzo di un ambiente ricco degli stimoli più indicati. (Eleonora Guglielman)

Un fattore necessario per la neuroplasticità, è l’ “attenzione focalizzata” così descritta dal neurobiologo Daniel Siegel nel libro “Mappe per la mente”:

“L’attenzione può rientrare nella sfera della coscienza, ossia possiamo essere consapevoli dell’oggetto cui prestiamo attenzione. Ma l’attenzione può essere anche “non cosciente”: in tal caso, si verifica un incanalamento del flusso di energia senza che noi siamo consapevoli di questo flusso. I termini tecnici per queste due diverse condizioni sono “attenzione focalizzata”(consapevole) e non focalizzata (inconsapevole).”

Quali sono i fattori che favoriscono la neuroplasticità?

Numerosi sono i fattori che, nella vita quotidiana, favoriscono la neuroplasticità, in particolare per Daniel Siegel:

l’esercizio aerobico: se non ci sono controindicazioni per la salute, fare attività fisica può favorire un continuo sviluppo cerebrale.

Dormire bene: un buon sonno per un numero sufficiente di ore, con molte fasi o stati REM (acronimo di rapid eye movement — ossia rapidi movimenti oculari) in cui si sogna, consolida ciò che è stato appreso durante il giorno.

Concentrazione: occuparsi con interesse di un compito alla volta, evitando quindi di fare troppe cose insieme e di lasciarsi distrarre, può di fatto stimolare il rilascio di sostanze chimiche a livello locale e sistemico che favoriscono la neuroplasticità

Tempo dell’interiorità: quando si dirige la riflessione verso la propria interiorità, concentrandosi sulle sensazioni, le immagini, le emozioni e i pensieri, si stimola lo sviluppo di circuiti neurali integrativi e regolativi.

Una caratteristica spesso trascurata della mente umana è la sua propensione a vagare. Le persone passano il 46,9 per cento del loro tempo di veglia pensando a qualcosa di diverso da ciò che stanno facendo. Questo “vagare” del pensiero, indipendente da stimoli, sembra essere la modalità di default della mente, che ha consentito grandi vantaggi evolutivi quali l’apprendimento, il ragionamento, la pianificazione, la creatività e tanti altri (e di questi aspetti scrive lo psicologo Michael Corballis nel libro “La mente che vaga”). Tuttavia esso può avere dei pesanti costi emotivi, come hanno evidenziato le psicologhe Sonja Lyubomirsky e Susan Nolan-Hoeksema. Infatti, quando l’oggetto delle divagazioni sono elaborazioni autoreferenziali focalizzate su se stessi, allora il pensiero ripetitivo e la predilezione per stati d’animo negativi provoca ciò che la Lyubomirsky e la Nolan-Hoeksema hanno denominato “ruminazione”. In assenza di compiti che richiedono attenzione deliberata la nostra mente tende a vagare, passando da un pensiero all’altro con fluidità, e come mostrato dagli studi degli psicologi Malia Mason et Al., questo vagabondaggio mentale segue dei percorsi neurali che costituiscono una modalità di base (chiamata Default Network) che si attenua quando l’attenzione della mente viene richiamata a un compito specifico. La meditazione di consapevolezza è una forma di allenamento al controllo dell’attenzione attraverso la quale gli individui sviluppano la capacità di dirigere e mantenere l’attenzione verso il momento presente (Kabat-Zinn et al., 1992; Segal et al., 2002), allentando la presa di narrazioni egocentriche associate alla ruminazione mentale e ad altre abitudini inconsce di preoccupazione per se stessi e assorbimento in se stessi che causano e amplificano la sofferenza.

A sinistra la mente nella condizione di Default Mode Network (mente errante, non focalizzata) e a destra la mente focalizzata in meditazione. Le aree arancione, gialla e verde rappresentano vari livelli di attività cerebrale e onde. Le regioni blu indicano minore attività e intensità (onde calme).

Quando dirigiamo la nostra attenzione sul respiro e sulle sensazioni corporee interne il nostro cervello si modifica, rafforzando il percorso neurale del focus esperienziale e sopprimendo il flusso indesiderato del focus narrativo. Attraverso la pratica meditativa costante diventa più facile accedere a questi percorsi neurali che incrementano l’attenzione per l’esperienza interiore (del corpo-cervello) nella vita quotidiana.

L’intenzione della meditazione Mindfuloness è creare un ambiente dove la persona può imparare a rallentare nella vita — o forse anche a fermarsi — e familiarizzare con il il proprio corpo, osservando che cosa succede sia nel corpo sia nella mente e coltivando una certa sorta di intimità con il momento presente così com’è.

Bibliografia

Norman Doidge (2008), The Brain That Changes Itself

Eleonora Guglielman (2014), Il cervello plastico. Fondamenti neurofisiologici e strategie efficaci per l’apprendimento permanente.

Daniel Siegel, “Mappe per la mente”

Mario Barenghi (2016), Meglio concentrati o distratti? Recensione del libro di Michael Corballis “La mente che vaga”.

--

--

Ilaria Amadei
Parkinson a Porte Aperte

Pedagogista, istruttore di Mindfulness per adulti, insegnante di Mindfulness per bambini e adolescenti, mediatore e applicatore del metodo Feuerstein.