Siamo animali sociali, anche sullo smartphone

Roberto Bisceglie
holism in the attic
4 min readNov 5, 2015

Combatto una battaglia da molti anni per eliminare la contrapposizione tra “vecchia” e “nuova” via di interagire.
La battaglia non vede ancora vincitori.

Amarcord

Ho sedici anni e mi regalano finalmente il mio primo personal computer, un pentium animato da Windows 98 SE.
So poco e punto dei PC, fino a quel momento ho avuto in “concessione” da mio fratello solo sporadicamente il suo 486 per scrivere il mio primo racconto di trenta pagine, una schifezza sgrammaticata di fantascienza dove mi sono pure infilato come protagonista.

Ah… l’ego dei timidi…

La connessione 36kb/s

Fino a quel momento l’associazione in casa era stata: internet-scatti alla risposta. Mio fratello usava sporadicamente la connessione a 36k con l’abbonamento aziendale della fidanzata e solo per scaricare la posta.
Io sono riuscito a leggere sporadicamente qualche articolo di fantascienza.com

Ricordate com’era allora? Si scaricava la pagina, praticamente pixel per pixel, e poi si leggeva offline.

Il massimo di interazione allora era stata (con grande coraggio per un timidone di prima superiore) una mail al curatore di Urania, Giuseppe Lippi. Mail peraltro che era tornata con la classica “delivery notification: failure”.

Come internet mi ha salvato la vita

Intendo letteralmente.
Con il primo PC venne la disponibilità di collegarmi a internet in modo indipendente. Un’ora al giorno era la concessione dei miei.

Ma cosa potevo fare con quell'ora al giorno?
Con i parametri di oggi poco, eppure con il metro di allora tantissimo, avevo accesso al mondo.

Ci vollero poche settimane per passare alle chat-room.
Con le chat venni in contatto con tanti coetanei sparsi per l’Italia, con i propri vissuti e le proprie idee, tutti accomunati da qualche passione. Ho moderato numerose comunità e chat-room da allora, almeno fino a che gli impegni mondani me l’hanno consentito.

Il fatto è che per un introverso timido come ero allora (ora sono solo introverso) l’interazione che mi offriva, su un piano assolutamente paritario, la online community non aveva riscontro nella “realtà”, dove innanzitutto c’era il filtro esteriore (cosa vesti? che linguaggio corporeo hai? che linguaggio verbale?) e poi veniva quello sociale (che per un timido è uno scoglio a volte insormontabile).

Ovviamente io sto parlando di un rapporto “sano” con l’identità online, in cui l’unica “menzogna” è lo pseudonimo e per il resto si comunica per come si è davvero.

La comunità online mi ha “liberato” e mi ha permesso di creare vere interazioni (chiamiamole pure amicizie) che mi sono state non solo di vero supporto per anni topicamente difficili, ma anche un serio banco di prova su capacità di interazione sociale altrimenti frustrate dalla timidezza e dall'ambiente.

E ora con i social?

C’è una diffusa convinzione che i dispositivi e i social media ci stiano isolando dagli altri attorno a noi.
La critica-risposta perfetta a questa insinuazione è l’articolo di Héctor L. Carral, anzi per la precisione questa immagine:

Non molti mesi fa stavo discutendo di questo con un amico. Non avevo questa immagine per argomentare, ma la mia confutazione alla sua provocazione “tutti sulla metro stanno con il naso nello smartphone e nessuno interagisce” era simile: “prima non c’era gli smartphone ma libri e giornali e l’interazione mancava comunque”.
La tesi della tecnologia che isola viene più che altro, nella mia esperienza, da persone che pretenderebbero dagli altri un’interazione continua, a volte anche forzata.

Onestamente io in metro, la mattina o la sera, voglio farmi gli affari miei e mi costa molta fatica dover rinunciare a quello spazio personale per forzare la comunicazione che la maggior parte delle volte si riduce a chiacchiericcio (o come sintetizzano magnificamente gli anglofoni: small talk).

Interazione continua, umanità accresciuta

Non sono un fanatico del social network. Ho un account su praticamente tutte le piattaforme ma le uso male e sporadicamente. Le persone fanno dei mezzi l’uso che preferiscono e a me l’utilizzo medio dei mezzi fa ribrezzo. Ma non posso dire che siano alienati, anzi forse è il contrario: c’è fin troppa interazione.

E’ questo il bello/orribile di quest’era. Tutti possono postare il loro selfie (esibizionismo) oppure fare un uso veramente sociale delle piattaforme, entrare in contatto con persone e idee lontane.
Per questo frequento con piacere Medium e alcuni Gruppi su Facebook, come dieci anni fa frequentavo volentieri blog e forum (che nostalgicamente mi mancano, ma che devo riconoscere come fatti storici e venire a patti con la continua evoluzione delle piattaforme).

Ho usato una definizione di Giuseppe Granieri, il concetto di umanità accresciuta. Leggete il suo omonimo saggio, ha degli ottimi spunti.

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