Vince Cammarata | Fosphoro
ParoleFuoriVia
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2 min readJul 3, 2019

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Controvento.

Le ultime due parole FuoriVia sono molto legate al cammino, sia riferendosi all’atto di camminare percorrendo come noi molti chilometri, sia riferendosi al cammino come momento e lungo di scambio, condivisione e di convivenza.
Sono anche parole che hanno, nella loro accezione più alta, una certa valenza Politica, dove l’aggettivo «Politico» [dal lat. politĭcus, gr. πολιτικός, der. di πολίτης «cittadino»], non è solo inerente “l’arte di governare”, ma è, o almeno dovrebbe essere l’unione di tutti quegli atti che ci fanno partecipare alla vita di una comunità, possibilmente per migliorarla.
È una questione di pura e soprattutto pratica responsabilità personale, ancor prima che collettiva.
Per noi camminare è un atto politico: intanto perché prevede lo scambio di una comunità di “pedoni”, “di fuorivia”, quindi “stranieri”, con gli abitanti di un territorio definito, successivamente perché prevede una gestione funzionante ed efficiente di quella che per due settimane, sarà una vera e propria comune itinerante.

/re·si·stèn·za/

s.f. ricollega alla radice sanscrita stha- o sta- che esprime l’idea di essere o rendere fermo, saldo (identica radice rintracciabile nel verbo stare), preceduta dal prefisso re- = indietro, che rafforza l’idea di fermezza nella propria posizione. Quindi, resistere significa opporsi saldamente nei confronti di qualcuno o di qualcosa, mantenendo saldamente la propria posizione.
Resistere allora sembrerebbe un verbo “sta-tico”, che non implica movimento, molto lontanto dal nostro concetto di “camminare”.
Eppure quel “re-“ rafforzativo di fermezza, dal momento in cui tutto intorno si muove in maniera travolgente e violento, si fa movimento “in direzione ostinata e contraria” direbbe Faber. Un po’ come quei film dove il soggetto di fatto è fermo, ma dietro di lui, come in un fotomontaggio, la scenografia si muove, e allora nessuno è più semplicemente fermo.
Significa anche non farsi trascinare, dalla massa, da un pensiero unico, essere pecora nera all’interno di un gregge uniforme che se impazzisce può anche decidere di precipitarsi giù da un burrone.
Alcune tappe giornaliere del nostro prossimo cammino sull’Egnatia prevedono distanze di poco oltre i 30 km che equivale all’iter justum dell’esercito romano di Cesare (l’iter magnum era di 36 km, ma non mancano record di resistenza molto più arditi attribuiti all’agmen di Cesare). Resistenza è anche questo: opporsi a condizioni ambientali o a stress avversi, superando i propri limiti, sia mentali che fisici.
Ma Resistenza è stato, ed è ancora, anche un movimento attivo, un impegno massimo, un sacrificio estremo che alcuni uomini abbracciarono per il bene comune.
Per la libertà. Camminando.

La prossima e ultima parola? “Compagn*”:
ma questa è un’altra storia.

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