Autostop, Parte I

Seconda alba

Federico Crippa
Passaggi a Nord Est

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Riparto, a questo giro, proprio da dove ci siamo lasciati. Neanche le 7 di mattina e io e Dario attraversiamo Mo i Rana, alla ricerca della E6, la strada che ci porterà su fino a Capo Nord. Per una decina di minuti la seguiamo per lasciare il piccolo centro abitato e iniziare a fare l’autostop nel punto in cui si concentra tutto il traffico in uscita. Troviamo una spaziosa piazzola di sosta; si comincia.

Di autostop io avevo un paio di ricordi: a quattro anni attraversai Bergamo con mio papà su un’auto sconosciuta, da Monterosso a San Tommaso, e qualche anno dopo, su un’isola croata, ricambiammo il favore a diversi ragazzi, spesso stringendoci in 7 fra 5 posti. Poi, per almeno una decina d’anni, nient’altro.

Avevo paura. Non che un malintenzionato si fermasse, ma che nessuno lo facesse, perché 1000 chilometri non puoi farli a piedi e certo non intendevo passare 10 giorni a Mo i Rana.

Il fatto che le prime tre auto, transitate in gruppo, non si fermano mi sembra un enorme dramma. Non so per Dario, e in quel momento preferisco credere dogmaticamente a una sua sicurezza. Altre auto che di nuovo ci passano davanti, e di nuovo nulla. Sembra passare un’eternità; guardo l’orologio e son solo 5 minuti che abbiamo iniziato. Promemoria: il tempo, in attesa a bordo strada, si dilata.

Altri cinque minuti e si ferma un’auto sportiva. Scende il finestrino; “Direction?” “North”, così semplice, così immediato da dire. A raccoglierci è Knut, norvegese, che viaggia con Indie, un grosso bovaro. Non è uno di troppe parole, ma è molto disponibile: ci fermiamo all’incrocio col Circolo Polare, per un paio di foto, per una corsa del cane e per scoperchiare la vettura.

Pietre miliari lungo il Circolo Polare Artico

Sole caldissimo, e trecento chilometri li faccio in maglietta e aria nei capelli. Prende vita un abbozzo di conversazione: Knut è norvegese, viene da Oslo e sta andando a prendere la sua barchetta e navigare per un po’. Sorride del nostro progetto, e ci dice che dopo qualche giorno sarà ad Alta, ma non lo incontreremo più.

Ci lascia a Bognes, dove la strada si interrompe: né deviazioni né percorsi alternativi, dopo un’ampia curva incontriamo auto in coda per un traghetto che attraversa il fiordo. Knut si dirige invece verso delle isole.

Iniziamo la traversata interrogandoci se un passaggio così lungo, trovato così facilmente e con un compagno di viaggio del genere sia qui eccezione o norma. Ma prima di verificarlo rimettendoci in strada, una volta sbarcati, vinti da un sole cocente, ci rinfreschiamo in riva al mare, coi piedi a mollo e 342 chilometri alle spalle.

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