Israele, il knesset legalizza gli insediamenti. Ma la Palestina insorge

Gabriele Ludovici
Passaporto Nansen
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3 min readFeb 7, 2017

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Insediamenti in Cisgiordania (Thenational.ae/storyimage)

Un ministro del gabinetto palestinese ha già richiesto l’intervento della comunità internazionale per punire Israele. Ieri (6 febbraio) il knesset (il parlamento israeliano) ha approvato un disegno di legge per legalizzare retroattivamente migliaia di case costruite in Cisgiordania senza alcuna autorizzazione, su terreni privati palestinesi.

Questa legge controversa, approvata dai legislatori, rientra nel quadro di “passi in avanti” fatti dal governo israeliano nell’ottica di un insediamento ancora più pervasivo. Non è un mistero che Donald Trump sia favorevole a questa politica di Israele, a differenza del suo predecessore Barack Obama. Tuttavia, il disegno di legge “sanatorio” rischia di far finire Israele nell’occhio del ciclone internazionale.

“Nessuno può legalizzare il furto delle terre palestinesi. Costruire insediamenti è un crimine contro tutte le leggi internazionali”, ha dichiarato il ministro per il Turismo e il patrimonio culturale palestinese Rula Maayaa. “Credo sia giunto il momento che la comunità internazionale agisca concretamente per fermare Israele.”

Ofir Akunis, ministro delle Scienze, della Tecnologia e dello Spazio del knesset, ha dichiarato che il disegno di legge permetterà al popolo ebraico di connettersi con la propria terra. “L’intero territorio è nostro”, ha affermato Akunis. La proposta è passata con 60 voti favorevoli e 52 avversi. Ma l’accusa di aver legalizzato un furto dovrà passare per la Corte Suprema di Israele. Secondo la legge è previsto un compenso a seguito dell’esproprio di una terra, anche se il proprietario palestinese non è d’accordo. O quanto meno la cessione di un territorio di pari valore.

Le parole di Mladenov, che coordina il processo di pace in Medio Oriente per conto dell’ONU

Il dibattito ha scatenato le parti all’interno del parlamento stesso. Anche il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva manifestato delle perplessità, manifestando l’intenzione di voler coordinare il disegno di legge con le direttive provenienti da Washington. Al momento della votazione, il premier israeliano si trovava a Londra.

La Casa Bianca ha espresso un parere abbastanza neutro sulla vicenda, affermando che il disegno di legge potrebbe non facilitare la pace tra Israele e Palestina. Aldilà di questa ovvietà, Washington rimanda ogni commento alla sentenza della Corte Suprema israeliana. David Harris, CEO dell’organizzazione di difesa ebraica mondiale, auspica che l’Alta Corte annulli questa legge in vista del vertice tra Netanyahu e Trump. Provvedimento del tutto coercitivo, dal momento che la Cisgiordania non è sotto la sovranità di Israele e pertanto i cittadini non possono votare per una legge che, tuttavia, li riguarda.

Il portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas ha definito il provvedimento inaccettabile, sollecitando l’intervento della comunità internazionale. Inoltre, Netanyahu ha delle gatte da pelare nel suo partito nazionalista, e non solo. La Casa Ebraica (partito di estrema destra inserito nel quadro della maggioranza) spinge per favorire l’insediamento dei coloni a seguito della demolizione di un insediamento illegale sito ad Amona, territorio palestinese, avvenuto la settimana passata. L’obiettivo di Casa Ebraica è far si che Israele abbia la libertà di espandersi liberamente oltre i confini stabiliti.

Dopo l’ostilità dell’amministrazione Obama nei confronti delle mire espansionistiche israeliane, ora il governo di Netanyahu si è detto pronto a costruire 6 000 case tra Cisgiordania e Gerusalemme Est, anche per “vendicare” la demolizione di Amona. Tuttavia, per quanto Trump strizzi l’occhio al knesset, è chiaro che Washington vorrà porre dei limiti per le ambizioni che spaventano la Palestina. “Non crediamo che l’esistenza degli insediamenti sia un impedimento alla pace. Ma la costruzione o l’espansione di quelli esistenti fuori dai confini attuali potrebbe diventarlo”, ha dichiarato la Casa Bianca.

La Palestina rivendica la Cisgiordania, Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza come futuri territori presenti nello Stato palestinese. Zone che le sono state strappate durante la guerra mediorientale del 1967. La questione degli insediamenti rimane un grosso ostacolo nel computo del tentativo di ripristinare la pace tra Israele e Palestina. Obama, poco prima di lasciare il suo incarico, è riuscito a far passare una risoluzione dell’ONU che sancisce l’illegalità degli insediamenti. Nickolay Mladenov, coordinatore ONU del processo di pace in Medio Oriente, ha già avvisato Israele che l’approvazione del disegno di legge in questione avrà effetti devastanti sui rapporti con la Palestina.

(Fonte: AP)

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Gabriele Ludovici
Passaporto Nansen

Direttore editoriale di Augh! Edizioni e curatore editoriale per il Gruppo Utterson. Autore di canzoni, romanzi e racconti.