Waleed Abulkhair insignito dell’Human Rights Award 2016. Ma è ancora in prigione

Gabriele Ludovici
Passaporto Nansen
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3 min readFeb 20, 2017

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Manifestazione per la liberazione di Waleed Abulkhair (Englishpen.org)

L’Human Rights Award 2016 è stato assegnato all’avvocato saudita Waleed Sami Abulkhair, distintosi per le sue lotte contro la brutale repressione che subiscono i dissidenti e gli attivisti del suo paese. Il premio, promosso dalla Law Society of Upper Canada, verrà consegnato a Toronto il 22 febbraio, ma il vincitore rischia di non essere presente. Come riporta Human Rights Watch (HRW), Abulkhair nel 2014 è stato condannato a ben 15 anni di prigione per la sua pacifica difesa dei diritti umani. In Arabia Saudita non è concesso alcun tipo di dissenso e vengono violate le norme sulla libertà d’espressione. A Riyad vige una monarchia assoluta, che dal 25 gennaio del 2015 vede al trono l’81enne Salman bin Abdulaziz Al Saud.

Dal 2011 a oggi, la Corte saudita ha condannato non meno di 20 attivisti, commutandogli pene simili a quella di Abulkhair. Spesso le motivazioni sono state nebulose e lontane dal costituire un crimine riconoscibile, se non vaghe accuse di aver partecipato a proteste e messo in discussione l’autorità del regnante. Secondo Sarah Leah Whitson, direttrice di HRW in Medio Oriente, ogni giorno che Abulkhair trascorre in carcere è una conferma dell’ingiustizia che lui e la sua famiglia devono subire dall’Arabia Saudita. Il lavoro dell’avvocato, invece, evidenzia come le repressioni saudite siano destinate comunque a generare un’eco scaturente in critiche. Nonostante ciò, Whitson afferma come il governo del paese sia totalmente sordo davanti all’evidenza di dover operare delle riforme.

Abulkhair, tra i maggiori attivisti del suo paese, nel 2014 è stato condannato dal Tribunale Penale Specializzato (TPS), un organo saudita che solitamente si occupa di questioni legate al terrorismo. Eppure, l’avvocato ha dovuto pagare un forte dazio per delle sue dichiarazioni rilasciate ad agenzie di stampa o formulate su Twitter. In esse, chiaramente, si metteva in discussione il rispetto dei diritti umani in Arabia Saudita. Oltre alla prigione, per Abulkhair è scattato il divieto a lasciare il paese per 15 anni e una multa equivalente a circa 50.000 euro.

Nel corso del processo il 37enne attivista ha rifiutato di difendersi e, in generale, di riconoscere l’autorità del TPS. Non ha firmato l’ammissione di colpevolezza; a nulla è servito l’appello, che si è risolto con la condanna a 15 anni di prigione. Arrestato il 15 aprile del 2014, da quel momento le autorità hanno fatto vagare Abulkhaid tra quattro prigioni, prima di lasciarlo stabilmente nella prigione di Dahban, a Gedda, città natale dell’avvocato. L’uomo, peraltro, è diventato padre pochi mesi dopo l’inizio della sua detenzione.

Oltre all’Human Rights Award, Abulkhaid nel 2012 era stato insignito del Premio Olof Palme e, nel 2015, del Premio internazionale Ludovic Trarieux per le sue lotte in merito ai diritti umani. L’avvocato non è l’unico dissidente pacifico rinchiuso nelle galere saudite: ce ne sono decine e le motivazioni rimangono sempre poco limpide. Tra dicembre 2016 e gennaio 2017, le autorità saudite hanno arrestato gli attivisti Issa Al Nukheifi ed Essam Koshak. Il tribunale speciale dovrà esprimersi sulla loro posizione. Mohammed Al Otaibi e Abdullah Attawi invece sono sotto processo dal 2013, con l’accusa di aver formato un’organizzazione per i diritti umani.

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Gabriele Ludovici
Passaporto Nansen

Direttore editoriale di Augh! Edizioni e curatore editoriale per il Gruppo Utterson. Autore di canzoni, romanzi e racconti.