L’argument mapping come sostegno al ragionamento e all’argomentazione

Analizzare per comprendere

Pietro Alotto
Argomentazione
10 min readSep 30, 2017

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Ragionare e Argomentare sono due processi di pensiero indipendenti, ma simili.

Quando ragioniamo in modo intenzionale (altro è il discorso per le inferenze che facciamo senza pensarci troppo su), ci poniamo una domanda, esaminiamo una serie di dati (recuperati in qualche modo) e considerazioni traiamo da questi dati e da queste considerazioni una certa conclusione.

Quando argomentiamo, il ragionamento a fini di “scoperta”, fatto allo scopo di stabilire una qualche conclusione, o prendere una certa decisione, ce l’abbiamo già. Quello che facciamo quando argomentiamo è di esplicitare il nostro ragionamento, come giustificazione per una determinata opinione, che esprime la nostra posizione su un dato tema.

In un’argomentazione le ragioni per la tesi costituiscono le premesse, mentre la Tesi rappresenta la conclusione del ragionamento stesso.

Il Critical Thinking non si occupa di come risolvere problemi (Problem solving), ma di come arrivare a soluzioni ponderate (non necessariamente vere o le migliori possibili), dopo avere “criticamente” esaminato i dati disponibili, preso in considerazione tutte le evidenze disponibili, valutato le possibili interferenze (emotive o di altro tipo: pregiudizi, stereotipi, Bias, ecc.), esaminato la presenza di possibili fallacie nel ragionamento, ecc.

Il CT, in altre parole, non lavora sul processo creativo (dove la logica è solo uno degli strumenti per arrivare a soluzioni : vedi l’interessante saggio di D.Perkins,dal titolo Come Leonardo*), ma sul processo di controllo delle soluzioni stesse.

Ora, per controllare se i nostri e gli altrui ragionamenti (e, quindi, le nostre e le altrui argomentazioni) sono buoni o cattivi, occorre sapere cosa rende un ragionamento buono o cattivo; essere capaci di smontare ragionamenti e argomentazioni complessi in modo tale da vederne ogni elemento, ogni dato, ogni assunto ogni passaggio inferenziale in maniera chiara e distinta (direbbe il buon Cartesio!). Chi ha queste conoscenze e queste competenze è maggiormente capace di ragionare ed argomentare con efficacia e maggiore controllo “critico”.

Per capire di cosa sto parlando

Leggiamo questo testo tratto da Internet:

La pena di morte è un deterrente?

L’argomentazione [sic] più frequente a favore della pena di morte è la deterrenza: condannare a morte un trasgressore dissuaderebbe altre persone dal commettere lo stesso reato. L’argomento della deterrenza non è però così valido, per diversi motivi. Nel caso, per esempio, del reato di omicidio, sarebbe difficile affermare che tutti o gran parte degli omicidi vengano commessi dai colpevoli dopo averne calcolato le conseguenze. Molto spesso gli omicidi avvengono in momenti di particolare ira oppure sotto l’effetto di droghe o di alcool oppure ancora in momenti di panico. In nessuno di questi casi si può pensare che il timore della pena di morte possa agire da deterrente (1). Inoltre, la tesi della deterrenza non è assolutamente confermata dai fatti. Se infatti la pena di morte fosse un deterrente si dovrebbe registrare nei paesi mantenitori un continuo calo dei reati punibili con la morte e i paesi che mantengono la pena di morte dovrebbero avere un tasso di criminalità minore rispetto ai paesi abolizionisti.(2) Nessuno studio è però mai riuscito a dimostrare queste affermazioni e a mettere in relazione la pena di morte con il tasso di criminalità. … I molti studi effettuati sull’argomento hanno quindi dimostrato come sia impossibile affermare con chiarezza che la pena di morte abbia un potere deterrente. Lo studio più recente sulla relazione tra la pena di morte ed il tasso di omicidi, condotto per le Nazioni Unite nel 1988, ha concluso che “questa ricerca non ha fornito alcuna prova scientifica del fatto che le esecuzioni abbiano un effetto deterrente maggiore rispetto all’ergastolo. è improbabile che si ottenga mai questa prova scientifica. Lo studio non fornisce alcun fondamento alla tesi della deterrenza”.

Fonte: http://www.ratatoj.it/pdm.asp

In questo testo l’autore affronta il problema se la pena di morte sia un deterrente efficace per dissuadere altre persone dal commettere lo stesso reato. Il ragionamento è valido, è corretto? Per capirlo dobbiamo portare alla luce l’ossatura logica del ragionamento sotteso all’argomentazione, dopo avere eliminato tutti gli elementi puramente esornativi o retorici (di cui parleremo più avanti).

La tesi dell’autore è che l’argomento della deterrenza non è un argomento valido a sostegno della pena di morte.

La linea di ragionamento è basata sullo schema argomentativo, noto come argomento pragmatico [“pragmatico” è un argomento che valuta il valore di qualcosa in relazione alle consguenze positive o negative della cosa stessa) : l’argomento della deterrenza sarebbe valido se la deterrenza avesse gli effetti previsti, ma non li ha, dunque… .

A sostegno della sua tesi porta due argomenti indipendenti (evidenziati nel testo in grassetto), che possiamo riformulare in questo modo:

  1. la deterrenza sarebbe efficace (B) se prima di commettere un omicidio l’autore facesse sempre un’analisi costi-benefici (C), ma non è questo il caso, per la maggior parte dei casi (Non C)
  2. Se la deterrenza fosse efficace (B) allora in quegli Stati in cui la pena di morte è prevista dovrebbe esserci un calo dei reati punibili con la morte e un tasso di criminalità inferiore rispetto ai paesi abolizionisti (D); ma studi e dati statistici (che abbiamo omesso di riportare, n.b.) provano il contrario (Non D).

L’argomentazione dell’autore segue questa linea di ragionamento:

Se la pena di morte fosse un deterrente efficace (A), allora sarebbe utile (B), ma non è un deterrente efficace (non B); dunque, è inutile (non A).

La forma logica di questo ragionamento è quella detta del Modus Tollendo Tollens:

Se A allora B; ma non B; dunque non A

Per provare che la pena di morte non è un deterrente efficace (Non B), l’autore si basa, come abbiamo visto sopra, su due ulteriori ragionamenti che hanno la medesima forma logica:

  1. Se C allora B, non C, dunque, non B
  2. Se B allora D; Non D, dunque, Non B

Si tratta di un ragionamento valido e corretto. Il che non vuol dire che la conclusione sia necessariamente vera. Lo sarebbe se le premesse (le evidenze, i dati che porta a sostegno) fossero vere.

Ora, si può leggere e comprendere il testo e ritenerlo intuitivamente buono, senza sapere perchè è un buon argomento; ma se lo si comprende è, per esempio, più facile capire che, volendolo contestare, la strada non è quella di attaccare la correttezza del ragionamento, quanto piuttosto quella di mettere in discussione il valore di verità delle premesse!

Se volessimo schematizzare il testo sopra riportato, verrebbe fuori un diagramma come questo:

Ho lasciato nei box gli indicatori e locuzioni argomentative (infatti, per esempio …) per rendere più comprensibile la mappatura.

Analizzare per comprendere

Analizzare un testo argomentativo al fine di ricostruire l’ossatura logica che sta sotto un’argomentazione, è operazione complessa che mette in gioco una serie di conoscenze e abilità che non possiamo dare per scontate nè in noi stessi, nè nei nostri studenti.

Dicevo in un altro post, che ho visto insegnanti di Italiano, Filosofia, Matematica, faticare a “vedere” e portare allo scoperto l’ossatura logica anche di semplici articoli di giornale; ancora più in difficoltà li ho visti quando si trattava di diagrammare l’argomentazione del testo preso in esame.

Un esempio

Un esempio di analisi fatta con i diagrammi di ragionamento ci permetterà di chiarire meglio qual è il tipo di compito che ci aspetta, il tipo di conoscenze e di abilità che sono necessarie per analizzare in modo approfondito un testo. Quindi con la tecnica dell’insegnamento a ritroso, cercheremo di imparare passo per passo come usare le mappe di ragionamento/argomento in classe per apprendere e usare queste conoscenze.

Il testo-laboratorio che utilizzeremo per la nostra analisi è La Bidella, il maestro e il direttore, di Mario Lodi. Il brano è riportato e analizzato in modo molto approfondito in Persuadere e convincere oggi, di V. Lo Cascio [Academia Universa Press, Milano 2012, pp.19–23].

La bidella, il maestro e il direttore

Direttore: Secondo voi lavora più la bidella o il maestro?

Primarosa: La bidella, perché incomincia più presto e finisce più tardi.

Barbara: La bidella, perché deve pulire i gabinetti, i corridoi, le aule …

Direttore: Molte volte, quando chiamo la bidella, non risponde al telefono perché è andata a fare la spessa o perché sta facendo la frittata. Fa il suo dovere a restare lì ma in quelle ore che voi siete a scuola non lavora per la scuola ma per suo marito, per suo figlio, per se stessa. Si alza prima, ma quando?

Barbara: Alle quattro.

Paola: Ad accendere le stufe.

Direttore: Però dopo se ne torna a letto

Alcuni bambini: No

Direttore: Però se il Comune metterà il riscaldamento centrale con i termosifoni e una sola caldaia, non si alzerebbe più a quell’ora. Scopa le aule, eccetera. E’ vero. Però pensate che il vostro maestro non scopa le aule ma scopa i vostri cervelli, aiuta le vostre testoline a ragionare. Ed è molto più faticoso che scopare le aule ed i corridoi. Il vostro maestro per fare 4 ore di scuola ha bisogno di dedicare tutti i giorni altre ore di lavoro per preparare il programma. E’ un lavoro difficile e faticoso. E questo ve lo assicuro perché anch’io l’ho fatto. Chi di voi aiuta la mamma a casa?

Tutti rispondono di sì.

Elena: Io a scopare.

Direttore: Preferite scopare o …. inventare un problemino?

Barbara: Scopare, stirare ….

Direttore: Forse vi pare che il vostro maestro faccia niente perché ascolta i bambini che parlano, li aiuta a parlare. Ma questo è un lavoro durissimo. Molti maestri invece spiegano e allevano i bambini come pappagalli. Se un maestro invece vuole fare ragionare i bambini, il suo lavoro è più difficile. E poi se il vostro maestro sbaglia a fare capire cos’è il bene e cos’è il male, rovina dei bambini. C’è una grande responsabilità nel maestro, e c’è nel direttore perché i maestri nelle loro aule sono liberi di usare il metodo che vogliono però il direttore deve vigilare che quello che fanno concorra al bene dei bambini.

Barbara: Cosa fa durante il giorno in direzione?

Direttore: Io non lavoro solo in direzione, ma anche a Cremona e per altre scuole che dipendono da Piadena …. Le 4–5 ore di uffici non bastano a far tutto.

(da M. Lodi, Insieme, Einaudi,Torino 1974, pp. XXX-XXXI)

Una lettura anche superficiale del testo ci permette di capire di cosa si sta trattando: è un dialogo tra alcune alunne di una scuola elementare e il loro Direttore. Lo scambio di battute permette facilmente di immaginare il contesto situazionale in cui esso ha avuto luogo: probabilmente l’aula delle bambine, alla presenza di un (intimorito o imbarazzato?) maestro, in occasione di una visita del Direttore.

Il tema è piuttosto curioso: se lavori più la bidella o il maestro. In realtà, è chiaro che l’intenzione del Direttore è quella di evidenziare il ruolo del maestro (e anche, se non di più, del Direttore) e l’importanza del suo lavoro per la loro vita.

Il testo è ampiamente analizzato (con ben altra profondità) dal prof. Lo Cascio che lo porta come un esempio di come si possa esercitare l’arte dialettica ( o dell’arguzia) per manipolare e averla vinta in una discussione. Ma come avviene la manipolazione? Dove sta il trucco? Dove sta l’inganno?

Ebbene, per svelare il trucco, dobbiamo smontare il testo nelle sue parti.

Innanzitutto, è chiaro che ci sono due tesi che si contrappongono: la tesi delle bambine, secondo cui la bidella lavora più del maestro; e quella del Direttore che sostiene che il maestro (e a maggior ragione il Direttore) lavora più della bidella.

La linea del ragionamento delle bambine è semplice:

1A-a Regola e 1A-b Dato

Per il Direttore è difficile discutere la Regola, quindi la sua linea di ragionamento sarà finalizzata a contestare il Dato:

L’argomentazione del Direttore gioca su un’ambiguità di fondo, sfruttandola per sviluppare i suoi argomenti:

L’ambiguità del Problema

Le bambine a supporto della loro tesi portano alcune semplici evidenze:

Evidenze che il Direttore cerca di mettere in discussione, prima contestando la verità di 1A-b, che sfrutta (inconsapevolmente) un luogo della quantità :

Poi, contestando il secondo degli argomenti delle bambine (che utilizzano, sempre inconsapevolmente, un luogo della qualità), con un lungo ragionamento volto a sostenere che la qualità della fatica dell’insegnante è molto diversa e superiore rispetto a quella della bidella. Il ragionamento sfrutta in modo sottile diversi stratagemmi retorici (che riportiamo nel diagramma sotto) al fine di averla vinta (dialetticamente) sulle bambine:

Il dialogo si conclude con il Direttore che sottolinea l’importanza del ruolo non solo del maestro, ma anche e a maggior ragione del Direttore:

L’analisi logica e retorica del testo e la sua visualizzazione in una mappa argomentativa permettono, come si può notare, un’analisi fine e critica, che svela le intenzioni e le mosse argomentative dei protagonisti (uso di schemi argomentativi — pragmatici, a fortiori ecc.; uso manipolatorio di domande retoriche etc.), rendendo evidenti i passaggi argomentativi discutibili e gli stratagemmi retorici, utilizzati per conseguire il successo argomentativo. Ho cercato il più possibile di usare il testo originale per far emergere gli argomenti dalla “lettera” del testo. In un’analisi esperta, occorrerà utilizzare parafrasi che rendano i pensieri (il senso, le proposizioni, in senso tecnico) in forma di enunciati dichiarativi.

  • David Perkins, Come Leonardo, Il Saggiatore, Milano 2001

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Pietro Alotto
Argomentazione

Scrivo di scuola, di filosofia, argomentazione, critical thinking e argument mapping (su cui ho scritto l'unico libro pubblicato in Italia).