2. Le domande di chi programma

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Le domande di chi programma servizi sono in genere formulate in modo apparentemente molto semplice: “Quali branche specialistiche sono prioritarie nei processi diagnostici e terapeutici dei pediatri del territorio, per evitare che tutto arrivi all'ospedale?” “Potreste definire per l’area pediatrica e in modo sintetico la domanda sanitaria specialistica di 2° livello territoriale e il dimensionamento dell'offerta?”

In realtà dietro l’apparente semplicità di queste domande ci sono molte insidie legate al disinteresse verso i percorsi assistenziali oltre che alla mancata conoscenza di alcune specificità che caratterizzano l’area pediatrica.
L’attuale organizzazione sanitaria prevede, più o meno in tutta Italia, da una parte alcuni ospedali dedicati, servizi caratterizzati da una forte specificità pediatrica ad accesso “protetto” e dall’altra una serie di specialisti e di servizi convenzionati ad accesso “facilitato”. Questi ultimi in particolare sono apparentemente in grado di rispondere alle richieste dei pediatri per tutto il mondo delle domande attinenti le sub-specialità.

Una richiesta di visita specialistica può però essere evasa in tanti modi e uno specialista convenzionato senza una particolare esperienza pediatrica può rispondere in tempi relativamente brevi alla richiesta di visita fatta da un pediatra, anche per una motivazione che richieda una specifica competenza di area.

Il compito di chi vuole disegnare percorsi assistenziali non è dunque di limitarsi a contare il bisogno di specialisti nelle varie sub-specialità, ma di scavare un po’ più in profondità e cercare di quantificare le necessità derivate da alcune opinioni ampiamente condivise per esempio tra i pediatri che lavorano nel territorio

Alcuni esempi:

“L’attuale organizzazione non permette di rispondere in tempi accettabili alla maggioranza di richieste di consulenze di specialità, e questo per la necessità di dover ricorrere all’ospedale”.

C’è una vasta area inevasa di cure intermedie, ovvero non ospedaliera e non esclusivamente territoriale, in cui è inappropriato ricoverare o inviare al PS.”

“C’è una vasta area di cure intermedie che l’ospedale non è in grado di prendere in carico non solo per sovraffollamento ma per impossibilità strutturale di mettere in rete le diverse specialità coinvolte”

Chiaro che opinioni cosi nette derivano in larga parte da esperienze concrete e chi le formula fa spesso riferimento a concrete esperienze in definiti percorsi assistenziali. Ma come è possibile uscire dalla vaghezza di queste affermazioni, rivendicando l’importanza della propria esperienza pratica e senza cadere nelle insidie di una programmazione esclusivamente quantitativa?

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salvo fedele
Percorsi Assistenziali di “area pediatrica”

pediatra a Palermo; mi piace scrivere, ma cerco di non abusare di questo vizio per evitare di togliere tempo al… leggere (╯°□°)