Giuseppe Sommario
Piccole Spartenze — Ritorni
3 min readJan 4, 2023

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A tu per tu con Roberto Giglio, ideatore di SpartenzeLab

Un laboratorio d’arte per piccoli e grandi sul tema del ritorno nei paesi delle aree interne. Ne parliamo con Roberto Giglio.

Siamo giunti alla settima edizione del festival delle Spartenze che si terrà ad Agnone, piccolo centro molisano, il 22 e il 23 ottobre. Abbiamo assistito alla creazione di un paese itinerante ideato dall’artista calabrese Roberto Giglio.

Roberto, perché è importante “costruire”?

Proveniendo da un piccolo borgo, Badolato, ho vissuto in prima persona la piaga dell’emigrazione. Quello che io faccio è decostruire un paese per ricrearlo, in qualche modo ricostruirlo per riabitarlo. C’è bisogno di dare un nuovo senso e una nuova identità partendo dai giovani. Ecco perché è importante la presenza dei più piccoli. Con la partecipazione dei bambini è come se volessi dare un senso nuovo a quel luogo che non è solo il paesino abitato dai nostri nonni. Ricreare un’identità partendo dai più piccoli. Devono essere i giovani ad apprezzare quello che hanno.

Possiamo dire che il problema nasce dalla dimenticanza delle vecchie generazioni, costrette ad abbandonare i loro paesi per far fronte a necessità diverse?

Esatto! Nel corso del mio lavoro ho cercato di sensibilizzare i più piccoli perché molti bambini che abitano questi piccoli centri, come succede dalle mie parti, non avevano mai visto i paesi dei loro genitori e dei loro nonni. Ecco perché il laboratorio, un modo di rivivere una realtà e riportarli alle loro origini.

Possiamo dunque dedurre che lo scopo principale del laboratorio è la valorizzazione delle radici. In una delle sue ultime mostre, avvenuta pochi mesi fa al museo Marca di Catanzaro, si è assistito alla visione di 35 opere selezionate tra le più significative del progetto “ le forme dell’oblio”. Secondo lei, qual è dunque il filo conduttore tra il concetto di spartenze e quello di oblio?

Ovviamente ci sono delle analogie. L’oblio corrisponde alle dimenticanze, il mio era un paese a rischio di abbandono. Ho parlato di questo tema tanti anni fa anche nella mia tesi di laurea, attraverso un focus sulla valorizzazione e sul recupero del centro storico. La mostra raccoglie vari lavori di questi anni, sempre sullo stesso tema, e racchiude il concetto di oblio e dimenticanza che viaggiano nella stessa direzione.

La “piaga” dell’emigrazione non colpisce solo i piccoli borghi. Molise, Calabria e Basilicata sono le regioni più colpite da questo fenomeno. Trovandosi ora ad Agnone, rivede delle similitudini col suo piccolo borgo?

Certo, è un problema a livello nazionale. Il Molise è stato sopraffatto da questo spopolamento delle aree interne, per cui abbiamo ritenuto opportuno scegliere Agnone come simbolo di questa regione, un borgo che merita di essere rivissuto e non di essere abbandonato. La nostra idea è quella di scongiurare, attraversando l’Italia, una realtà che purtroppo si è vissuta a lungo e continua ad esistere.

Sensibilizzare i giovani sullo spopolamento equivale in qualche modo a dare voce a chi rimane. Qual è il compito di chi rimane?

Il compito di chi rimane è di ripensare in qualche modo a questi luoghi, non arrendersi e reinventarsi qualcosa. Proporre un’idea e lottare per costruire un futuro partendo dal passato. E sicuramente non piangersi addosso.

Carmen Gallace

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