Antonio Damasco, il potere del teatro

Intervista all’autore ed attore napoletano, impegnato sul fronte sociale

Acheagraziano
Piccole Spartenze — Ritorni
2 min readOct 31, 2021

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Antonio Damasco, il suo spettacolo s’intitola “Dante popolare”. Sembra un manifesto di intenzioni. Che cos’è il teatro per lei e che spettacolo è questo?

A 700 anni dalla morte di Dante, secondo la mia visione di teatro, c’è bisogno che esso parli ai contemporanei. La Divina Commedia è scritta in una lingua complessa, ma le descrizioni che Dante ci fornisce dell’inferno e del paradiso ci danno un’idea chiara e forte del post-mortem. Così, nella rilettura dell’opera che faccio in questo lavoro, mi sono concentrato sui messaggi che oggi percepisco più chiaramente di quel testo. E mi sono reso conto, fra i tanti, di preferire i peccati di incontinenza, come i lussuriosi o anche i golosi, i prodighi e gli avari. Sono tutti peccati umani e danno il segno dell’umanità. I peggiori invece sono gli ignavi, i quali non sono né bianchi né neri, quelli che Primo Levi diceva che stavano nella fascia dei grigi. Quindi peccate, ma non cadete nell’indifferenza.

So che oltre all’attività di attore, presta attenzione ai giovani, perché questa particolare attenzione a noi ragazzi?

L’attenzione ai giovani nasce dalla poca fiducia nei grandi! In questi periodi di pandemia, spesse volte mi sono ritrovato a vedere i figli che dovevano prestare soldi ai padri, cosa terribile.

Un momento dell’intervista ad Antonio Damasco

E proprio in pandemia ha vissuto una bellissima esperienza, cioè quella di aiutare i ragazzi in situazione particolari a ritornare a scuola, com’è nata quest’iniziativa?

Durante la pandemia, nelle famiglie dove i giovani vivevano in situazioni poco piacevoli, io insieme alla squadra che ho con me, siamo andati casa per casa a cercare quei ragazzi che avevano abbandonato la DAD, cercando di farli appassionare all’istruzione attraverso la radio e la musica, e su 120 ragazzi siamo riesciti a farne ritornare 80. Non nego che spesse volte il mio pensiero va fortemente a quei 40 e più ragazzi che non sono tornati. Io credo che l’istruzione abbia questo ruolo, e pensare che alcuni di questi ragazzi non si siano appassionati mi dispiace molto, anche perché magari in un futuro li ritroveremo a fare lavori non legali.

Lei ha scelto la radio per raccontare le sue storie nel periodo di pandemia, come mai questa scelta?

La radio è stata un modo per avvicinarmi alle persone, anche perché con la musica è più facile andare incontro ai ragazzi. Nella radio ho riversato tutta la mia attività teatrale, anche perché i ragazzi oramai prestano più attenzione all’ascolto e meno ai video.

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