“L’osso dell’Italia”: il futuro delle aree interne

Intellettuali, politici ed esperti di settore a confronto a Paludi, per la VI edizione del Piccolo festival delle Spartenze

Carmela Cesario
Piccole Spartenze — Ritorni
5 min readOct 30, 2021

--

Una vista notturna di Paludi (CS)

“Una delle vie di salvezza per i paesi delle aree interne maggiormente colpiti dalle migrazione sono gli italiani che vivono fuori, gli spartiti. Perché? Perché parliamo della parola ritorni quando si sente nostalgia e la nostalgia si può trovare solo dove si trova la comunità, dove esiste il paese”.

Queste le parole del direttore artistico Giuseppe Sommario che danno il via, il 29 ottobre 2021, al primo appuntamento dl Piccolo Festival delle Spartenze. Un ampio dibattito sul problema dello spopolamento dei piccoli paesi meridionali.
Testimonianze di politici, istituzioni e sociologi. A dettare l’ordine degli interventi la responsabile della comunicazione Erminia Madeo.
Dopo i saluti del sindaco di Paludi Stefano Graziano e del sindaco di Cropalati Luigi Lettieri (sono questi i due paesi in cui il festival si colloca), apre i lavori il Presidente dell’associazione Assud, che organizza il festival, Onofrio Sommario, con una vera dichiarazione di intenti: “Dopo l’emergenza del coronavirus si riparte per la cultura e la crescita del territorio”.

Il progetto del festival prende in considerazione le migrazioni come chiave di lettura del territorio meridionale. E così entriamo nel vivo tema di quest’anno: i ritorni. Un ritorno all’osso del Sud, i paesini, che si contrappone alla polpa, le città. Il direttore artistico del Festival Giuseppe Sommario traccia i confini della discussione: “Al fine di rigenerare i paesi bisogna cambiare lo sguardo con cui ci rivolgiamo ad essi. Bisogna curare il connubio Identità-Visione-Comunità. Cioè i governanti si riconoscano nell’identità del proprio paese e si impegnino a migliorarli”.

È la volta poi dell’europarlamentare Laura Ferrara, che lancia un messaggio chiaro: un processo di rigenerazione e resistenza per i piccoli comuni è sicuramente il miglioramento della viabilità, mentre i fondi europei spesso vengono utilizzati dai paesi per l’organizzazione di sagre. Sarebbe preferibile utilizzarli — sottolinea — per organizzare percorsi che coinvolgono più comuni limitrofi che condividono arte e cultura: è il caso del Piccolo festival delle Spartenze.
E sul tema dei migranti, la europarlamentare ha una idea chiara: spesso si vedono nei nostri paesini molti migranti e per risolvere il problema dello spopolamento si tende ad accoglierne sempre più, tuttavia questo non risolve il problema nella sua interezza. “Sarebbe più opportuno — afferma — riportare a casa chi è stato costretto ad abbandonare le sue radici, magari proponendo dei progetti di pubblica utilità”. L’impegno che l’unica europarlamentare eletta in Calabria si prende davanti al pubblico è essere punto di riferimento in ambito formativo, oltre che al monitoraggio delle attività. Infatti, conclude, “prima di pensare ai progetti occorre lavorare sulla progettualità stessa e per la progettualità ci vogliono formazione e competenze, non solo rispetto alle ristrutturazioni, ma rispetto ai nodi problematici che hanno portato alla spopolazione”.

Raccoglie il testimone Gianluca Gallo, consigliere regionale che propone un utilizzo più deciso dei fondi europei e maggiore rapidità di spesa, in particolare puntando sull’agricoltura e la zootecnia. Non a caso la Calabria è la seconda regione in Italia e la sesta in Europa per estensione dei territori agricoli. Un impegno sul biologico favorirebbe le aree interne, sostiene il consigliere, molti si dedicano all’allevamento della mucca Podolica, un elemento della cultura territoriale che va sostenuto. Un modello interessante è quello del reddito di cittadinanza attivo: essere trasferiti in un comune a cui si offre la propria professionalità. Questo progetto ha interessato soprattutto l’Est europeo, ma sarebbe auspicabile anche in Italia. Questa — conclude Gianluca Gallo — potrebbe essere un’azione messa in campo per sostenere i comuni a rischio spopolamento, sebbene occorra trovare anche altre strade per valorizzare il paese, oltre il turismo e l’agricoltura.

Un momento del convegno al Centro Polifunzionale di Paludi

Ed ecco che a curvare il sentiero finora rettilineo del festival, giunge l’intervento del Professor Vito Teti, in collegamento da remoto. Grande esperto di paesi e fenomeni legati allo spopolamento, più che un paesologo preferisce definirsi antropologo di paese, facendo sorridere l’assemblea. Ma il suo intervento è tutt’altro che ironico o idealistico: Teti definisce una “favola” l’idea di poter recuperare la crisi demografica, sostenendo che sia un’illusione o un’utopia che i paesi possano ripopolarsi.

Uno dei libri di Vito Teti sul tema degli abbandoni e dei ritorni

“Piuttosto” ribadisce “si deve puntare sui luoghi che contano ancora molte presenze”.
E poi spiazza di nuovo l’uditorio con un apparente paradosso: analizzando la parola nostalgia, sostiene che bisogna rivolgersi ad essa guardando al futuro. Ma come può la nostalgia essere un sentimento che sia in grado di generare speranza? Una nostalgia che guarda avanti mette in gioco l’immaginazione. La stessa immaginazione che è stata limitata dalla pandemia. Se i governanti non usano l’immaginazione, conclude Vito Teti, allora continueranno ad esserci iniziative che consoleranno, ma che non salveranno i nostri paesi. Bisogna “salvare il salvabile immaginando gli scenari che potrebbero esserci in futuro”.

Fra gli ospiti c’è anche il Consigliere dell’ambasciata Giovanni De Vita, Direzione generale per gli italiani all’estero, MAECI, per uno sguardo alle attività del ministero rispetto al turismo delle radici. Intanto, esordisce De Vita, per turismo delle radici s’intende “visitare le terre di cui si è sempre sentito parlare dalla propria famiglia”. Gli italiani nel mondo sono circa ottanta milioni, mentre gli “italiani di passaporto” sono sei milioni e mezzo. “Quegli ottanta milioni di persone — sostiene il consigliere — sono un appiglio sicuro per noi, perché non visitano l’Italia per moda, ma per conoscere la terra delle proprie origini. E chi ritorna non è mai la stessa persona che è partita: può cambiare se stessa oppure il paese in cui si ritrova”. Molto spesso, idee di italiani all’estero hanno avuto grande successo, come ad esempio “The bank of America” di Amadeo Peter Giannini, grande istituto bancario statunitense. Ecco, quello che più colpisce è che quelle idee se fossero rimaste in Italia, avrebbero sicuramente portato dei benefici alle nostre aree, è la riflessione conclusiva del Consigliere d’Ambasciata.

Il convegno si avvia alla conclusione, con altre testimonianze, come quella della geografa Sandra Leonardi che ricorda ancora quanto cultura ed economia siano i due strumenti fondamentali per lo sviluppo delle aree interne o come l’intervento del parroco di Paludi don Stefano Aita, che regala alla platea una immagine di speranza, se sapremo coglierla: “Per salvare i nostri paesi bisogna che diventiamo custodi di noi stessi e di ciò che abbiamo ricevuto”.

Non poteva esserci un avvio migliore per il Piccolo festival delle Spartenze, in un incontro ricco di idee e spunti, dove si sono commentati pensieri e proposte utili alla rinascita dei paesi del nostro Sud.

--

--