Il coraggio di chi resta e di chi parte

Raffaella PACE
Piccole Spartenze
Published in
3 min readAug 3, 2019

Giuseppe Sommario nasce in Calabria e lascia la sua terra per conseguire una laurea in antropologia a Roma. Da sempre interessato ai flussi migratori, è il direttore del "Festival delle Spartenze" che si tiene a Cropalati e Paludi nei primi giorni di agosto. Durante questo festival sono stati chiamati anche alcni ragazzi da altre regioni meridionali — come la Basilicata — per documentare ogni attività: quest’anno il tema è quello della casa.

Cosa indica il termine spartenze e perché è il nome di questo festival?

Il fine ultimo del festival è declinare questo termine polisemico nel senso del condividere. Anche se è vero che la parola Spartenza ha già in sé il termine "partire" e che spartire vuol dire dividere, il festival nasce invece con l'intento di unire, condividendo le storie dei nostri migranti e della nostra terra che li ha visti andare via. Il festival nasce come modo di colmare la nostalgia, il vuoto che nasce in chiunque, anche in chi ha un'emigrazione "privilegiata" come uno studente.

A proposito di studenti, quale è la sua esperienza di spartenza?

Io ho studiato a Roma e ricordo il senso di spaesamento. Venivo da un borgo di mille abitanti e ritrovarmi in un contesto così grande mi mise in difficoltà. Non avevo punti di riferimento, era tutto così distante. È chiaro quindi, che ho cercato nel mio piccolo di ritrovare un paese: la dimensione umana è fondamentale.

Giuseppe Sommario, direttore del “Piccolo Festival delle Spartenze”

In opposizione alle spartenze ci sono le rimanenze. Quanto è coraggioso rimanere in una terra come la Calabria?

Non si capisce chi ha più coraggio. È coraggioso chi resta, è coraggioso chi parte ed è coraggioso chi ritorna. La "restanza" è una categoria antropologica che è speculare alle partenze. In realtà l'identità di chi resta si ridefinisce grazie alle spartenze. Non a caso nascono dei paesi doppi poiché la caratteristica di ogni migrazione meridionale è la migrazione a catena: persone che partivano per poi chiamare la famiglia e gli amici. Ciò portava i borghi a duplicarsi in altre parti d'Italia o del mondo. Questo perché era più facile avere un senso di paese e di casa. Diceva Vito Teti che la comunità di chi parte e la comunità di chi resta per tutta la vita si inseguiranno sapendo che mai si potranno ricongiungere e mai si potranno separare.

Sappiamo che nei suoi studi vi è una particolare attenzione per i Calabresi emigrati in Argentina, come mai?

Andai in Argentina per studiare il Cocoliche, una lingua parlata dai nostri primi emigrati data da un miscuglio di spagnolo e dialetti vari, e mi sono ritrovato in un Paese con 2 milioni di Calabresi. Quando tornai in Italia ero molto triste e arrabbiato. Tutti gli emigranti ci dicevano "nun ve scurdat e' nuji" (non dimenticatevi di noi). Tutti chiedevano di essere ricordati. Allora pensai che oltre che nei libri o nei convegni avrei dovuto raccontare tutto ciò a un pubblico più vasto e così nacque l’idea del Campus dei ragazzi.

Questo evento vuole essere anche uno stimolo allo studio. Abbiamo visto la scena provocatoria nella quale lei ha strappato un libro da un palco. Può spiegarla?

Come tutti sappiamo, le regioni Meridionali occupano gli ultimi posti nell'istruzione. Gli indici di lettura parlano della Calabria come della regione dove si legge di meno. Il mio gesto provocatorio voleva essere una protesta rispetto al fatto che se non si legge più e i libri non si comprano. Allora tanto vale strapparli. Questo può essere un gesto insignificante per alcuni, ma in altri scatenerà sicuramente qualcosa che magari potrà stimolare la lettura. Proprio per questo abbiamo iniziato una campagna con il cantautore Peppe Voltarelli, chiamata "adotta un libro strappato anche tu".

Parlando di futuro, quali saranno le prossime spartenze?

Il primo obiettivo è quello di avere connessioni interregionali e rafforzare il Campus per i ragazzi. Vorrei che si costruisse una specie di carovana delle spartenze che attraversasse le regioni d'Italia per parlare di storie e di questo territorio che è in una vera e propria emergenza. Negli ultimi 10 anni sono andate via dal Sud 2 milioni di persone tra cui molti giovani e laureati. Il nostro festival vuole riportare il focus su questo problema e creare legami. Gli emigrati non sono solo una questa negativa , ma possono essere anche una risorsa. Se si sfruttassero tutti coloro che sono andati via riusciremmo sicuramente ad avere maggiore visibilità nel mondo.

Raffaella Pace

--

--