ELEZIONI EUROPEE: IN GIOCO È IL NOSTRO FUTURO

Piero Fassino
Piero Fassino Official
4 min readMay 21, 2019

Le elezioni europee del 26 maggio saranno molto diverse da tutte le precedenti consultazioni per il Parlamento di Strasburgo. Nelle precedenti consultazioni — dalle prime del ’79 alle ultime del 2014 — non si manifestavano sostanziali diversità di posizioni tra le forze politiche. Tutte si dichiaravano in favore dell’integrazione europea. Tant’è che le consultazioni europee erano in realtà delle elezioni politiche di “mezzo termine” con cui in ogni paese si misuravano i rapporti di forza tra i partiti a livello nazionale.

Questa volta non sarà così. Per la prima volta gli elettori dovranno scegliere tra chi pensa che lo spazio e il luogo della nostra vita è l’Europa e chi invece vuole demolire la casa europea per chiudersi dentro i recinti nazionali. Un voto che cade in un momento delicato per l’Unione Europea stretta tra Brexit, spinte centrifughe (i Paesi di Visegrad), crisi mediterranee, offensiva dei movimenti antieuropei.

Per sostenere le loro tesi i sovranisti offrono agli elettori una rappresentazione caricaturale e delegittimante dell’Unione, dipingendola come un danno, un vincolo opprimente, un’istituzione ostile. La verità è che senza l’integrazione europea nessun Paese europeo avrebbe avuto, da solo, lo sviluppo economico e sociale conosciuto in questi 60 anni di integrazione europea.

Ciò è vero in particolare per l’Italia che è divenuto un forte paese industriale e un forte esportatore grazie alla istituzione del mercato comune prima e del mercato unico poi. Così come come l’adozione dell’euro ha liberato l’Italia da una inflazione che negli anni ’70 e ’80 è sempre stata a due cifre, con evidente continua erosione del valore di salari, pensioni e risparmi. E sempre l’euro ha spinto le imprese italiane a fondare la loro competitività non sulla svalutazione (come ai tempi della lira) ma sull’innovazione e la qualità dei prodotti. I fondi europei sono stati preziosi per gli investimenti di molte città e regioni italiane. Grazie alle direttive europee in materia di ambiente l’Unione europea è il continente delle più avanzate politiche per la sostenibilità e la tutela ambientale. Così l’UE è il più grande spazio di libertà, democrazia e diritti.

Questo significa che la UE va bene così com’è ? No. Negli anni della crisi l’Unione è apparsa concentrata sul richiamare gli Stati agli equilibri di bilancio e non sufficientemente attenta al rilancio degli investimenti e alla tutela del lavoro. L’Unione oggi ha bisogno di riforme sia per far progredire l’integrazione, sia per superare difficoltà e inadeguatezze.

Abbiamo mercato unico e moneta unica, ma servono armonizzazione fiscale e omogeneità delle regole del mercato del lavoro e di insediamento degli investimenti per evitare concorrenza tra i membri dell’Unione. Serve una politica sociale europea che promuova omogeneità dei sistemi di protezione, formazione e sanitari. Serve una politica estera e di difesa comune che consenta all’Europa di essere un attore della globalizzazione. Serve uno snellimento burocratico che renda l’Europa più attenta e vicina alle esigenze dei cittadini. Serve una revisione delle norme sugli aiuti di Stato che non inibisca politiche di sviluppo e di investimenti. Serve una politica comune dell’immigrazione, vincendo le resistenze di quei paesi europei che finora l’hanno rifiutata.

Ma tutto questo si può fare se il processo di integrazione prosegue e ogni Paese vi concorre attivamente. Viceversa destrutturare l’Unione, riducendola solo a uno spazio economico senza politiche comuni e regole comuni, significa indebolire la forza non solo dell’Ue, ma di ogni nazione europea. Viviamo in un mondo grande, dove l’Europa deve fare i conti con i grandi player — Stati Uniti, Russia, Cina, India, Brasile — e i tanti nuovi paesi emergenti. Nessun Paese Europeo — neanche la Germania — può affrontare da solo la competizione globale. Solo un’Unione europea di 500 milioni di abitanti che metta in comune il suo potenziale produttivo, tecnologico, finanziario, sociale e politico ha sí la possibilità di essere un player globale e di concorrere a una gestione democratica della globalizzazione. Non solo, ma le crisi e le turbolenze che si svolgono alle porte dell’Europa — dalle guerre in Siria e Libia al conflitto russo-ucraino — richiedono all’Europa, se vuol esercitare una influenza di parlare con una voce sola e divagire con una sola mano che vuol dire politica estera e di difesa comune.

Sono queste le ragioni per cui il voto del 26 maggio è così importante per affermare una volontà europeista dell’Italia e contrastare la deriva antieuropea a cui la Lega e l’attuale maggioranza di governo stanno conducendo l’Italia. Una deriva che peraltro sta conducendo il nostro Paese a un imbarazzante isolamento: il governo giallo-verde litiga con Bruxelles, Berlino, Parigi, Madrid e cerca improbabili e velleitarie alleanze con governi — Polonia, Ungheria, Cechia, Austria — che sono i primi a rifiutare qualsiasi politica comune dell’immigrazione e negare qualsiasi flessibilità nelle politiche di bilancio. Un isolamento che si accentuerebbe se dal voto europeo emergesse che l’Italia è il Paese dove più alto è il consenso per le forze antieuropee.

Di fronte a tutto ciò’ il Partito Democratico è il principale argine alla chiusura antieuropea dell’attuale maggioranza di governo e dei suoi partiti. Certo anche altre forze chiedono un voto per l’Europa, ma spesso proponendo il semplice proseguimento delle politiche che in questi anni hanno fatto sentire a molti cittadini l’Europa distante. Il Partito Democratico chiede un voto per una nuova Europa, più coesa e solidale, che investe su uno sviluppo sostenibile, vicina ai cittadini e capace di promuovere investimenti, crescita e lavoro.

È indispensabile che gli italiani sappiano tutto ciò’ e si metta in campo ogni iniziativa utile a rendere consapevole ogni elettore della posta in gioco, a partire dagli elettori che ancora non sanno se e per chi andranno a votare. E questa opera preziosa di convinzione la può mettere in opera ciascuno di noi con tutte le persone con cui intrattiene relazioni perché il 26 maggio si sceglie il nostro futuro.

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Piero Fassino
Piero Fassino Official

Deputato del Pd e vicepresidente Commissione Esteri e membro Consiglio d’Europa. Presiede il CeSPI. Ultimi libri: Pd Davvero (2017) e Tav, perché si (2018).