Migranti, usciamo dall’approccio securitario
Il ministro Salvini continua a perseguire una linea di chiusura dei porti, impedendo lo sbarco di profughi e migranti raccolti in mare. Una linea non solo inumana, ma anche velleitaria. Negli stessi giorni in cui la Gregoretti era costretta a rimanere in mare, barchini di poche decine di migranti sbarcavano in diversi lidi siciliani, a dimostrazione che non si possono blindare 8.000 km di coste del nostro Paese.
Così come è del tutto velleitaria la idea di schierare la Marina militare per bloccare l’arrivo di eventuali barche. Perché di fronte a una barca carica di migranti certamente una nave militare non potrebbe aprire il fuoco, né speronarla rischiando di affondarla, né abbandonarla in mare. Potrebbe fare una sola cosa: imbarcare quei migranti e condurli in porto.
Peraltro la linea della chiusura dei porti non è giustificata da alcuna emergenza, stante che dal 2017 gli arrivi di migranti sono costantemente calati e oggi sono a poche migliaia.
Ma quel che sopratutto non funziona è la rinuncia ad avere una strategia di gestione dei flussi, che per essere efficace ha bisogno di tre scelte: 1. corridoi umanitari gestiti con UNHCR e OIM per accoglier profughi in fuga da conflitti e situazioni di crisi acuta; 2. flussi programmati di migranti economici, negoziati con i Paesi di origine e per quantità riferite alle opportunità di impiego e di accoglienza; un accordo europeo per una strategia comune sulle politiche di asilo, di accoglienza e di integrazione che preveda una condivisione della gestione dei flussi e una redistribuzione per quote.
Ma questo richiede che il governo italiano abbandoni la linea di isolamento perseguita fin qui.
Non si può chiedere condivisione se non si partecipa agli incontri dei ministri europei sull’immigrazione. Non si può’ attaccare Francia e Germania, quando Parigi e Berlino sono tra i governi che hanno accolto migranti sbarcati in Italia, mentre non un solo migrante hanno accolto quei governi di Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca con cui Salvini vorrebbe che l’Italia si alleasse. Non si può dire che “bisogna farli vivere meglio la’” e poi ridurre i fondi per l’aiuto ai Paesi in via di sviluppo. Non si può invocare la riforma del Regolamento di Dublino e poi non sostenere le proposte approvate dal Parlamento Europeo. Non si può dichiarare che il Mediterraneo è per l’Italia strategico e poi non avere alcuna politica sulle tante criticità che investono la regione. Ne si può condurre una cieca e faziosa aggressione a ONG e organizzazioni umanitarie la cui presenza nel Mediterraneo ha salvato migliaia di vite umane da naufragio e morte.
Ma sopratutto non si può avere un approccio solo “securitario”. Nessuno ignora gli aspetti di sicurezza e legalità connessi ai flussi migratori, a partire dalla necessità di una intransigente lotta a scafisti e trafficanti. Ma l’immigrazione è fenomeno complesso che richiama dimensioni demografiche, economiche, sociali, culturali che non possono essere ridotte a un problema di polizia.
Insomma, è urgente cambiare strada. Ne va della credibilità, della sicurezza e della civiltà dell’Italia.